06/04/2013 : Saint Vitus + Mos Generator – Zona Roveri (Bologna)


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Con il terzo tour in poco più di tre anni sembra proprio che tra i Saint Vitus e l’Italia si sia instaurato un buon feeling. Wino è quasi annualmente dalle nostre parti per promuovere uno dei suoi molteplici progetti e ogni esibizione dal vivo dei doomers americani (il sottoscritto ne ha seguita una per ogni tour) si è contraddistinta per la passione con la quale la band si è presentata sul palco e per il calore con il quale i fans hanno risposto all’incredibile wall of sound eretto da Dave Chandler e compagni.

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In questa occasione i compagni di tour delle icone del doom americano sono stati i Mos Generator, trio delle parti di Washington D.C. dal sound massiccio che pesca a piene mani nell’heavy rock settantiano con marcate influenze doom, southern e prog. La forza dei tre dal vivo sta sia nel tiro assurdo con il quale i pezzi sono eseguiti, con una menzione particolare per la sapiente irruenza sulle pelli del drummer Shawn Johnson, che ha la capacità di arricchire pezzi veramente pesanti con stacchi che denotano buona tecnica ed una marcata influenza sudista che richiama lo stoner più dinamico grazie al lavoro alla sei corde del vocalist Tony Reed. A chiudere il cerchio, anche se sarebbe più opportuno parlare di triangolo, c’è il solidissimo apporto del bassista Scooter Haslip, per un sound che riesce ad intrattenere piacevolmente anche quando i pezzi non sono il tipico susseguirsi di strofe, bridge e chorus come dal più tipico copione rock.

A voler cercare il pelo nell’uovo il gruppo non dispone di un cantante dalla timbrica unica, cosa peraltro alquanto rara, e allora supplisce a questo neo con una versatilità anche vocale solo abbozzata in questi intensi quaranta minuti. Se il tipico brano dei Mos Generator non esula da riffs che pescano a piene mani in un songbook che ricorda da vicino quello del Tony Iommi dei mid seventies va detto che Reed è bravo nell’inserire parti armoniche a tratti piuttosto ipnotiche che ben spezzano il ritmo dopo le sezioni più ossessivamente heavy. Shawn sembra davvero aver preso di mira i piatti del drumkit e l’impeto e la potenza con la quale li fa risuonare e vibrare aggiunge un tocco in più a questo maestoso concentrato di prog stoner per i veri amanti dell’hard settantiano “da sballo”.

Due parole le merita anche il locale: il nuovo Zona Roveri si presenta con un palco niente male ed un una visuale abbastanza buona. E’ un club interessante per concerti di nicchia o di medio-piccole dimensioni. L’unico difetto sostanziale sembra rappresentato dal posizionamento di alcuni amplificatori a fianco del palco tra bands e spettatori, presumo per supplire ad alcune carenze dell’impianto audio. Questo particolare, aumentando la distanza tra bands e audience di un paio di metri, ha impedito il contatto fisico tra le due parti e di fatto tolto un pizzico di calore al contesto. Durante lo show dei Mos Generator questo problema ha implicato un volume di basso e batteria tendenzialmente un po’ troppo alto rispetto a quello della chitarra per chiunque abbia deciso di sfidare da vicino i suddetti ampli sistemandosi nelle prime file.

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Buona anche la terza. Dopo le esibizioni di Mezzago e Parma, già documentate dal sottoscritto per il nostro portale, i Saint Vitus riescono ancora a dimostrarsi una formazione di valore assoluto quando si tratta di ricreare dal vivo il loro pesantissimo doom senza tempo. L’innesto del drummer Henry Vasquez (da tener d’occhio la sua band parallela Blood On The Sun con Wino e Tony Reed in formazione) ha certamente ridato vigore alle esibizioni live del gruppo al solito guidato dal carisma del chitarrista Dave Chandler. Il guitar sound ultraheavy e viscerale di Dave, con una sezione ritmica terremotante completata dal sempre “sobrio” Mark Adams ha come sempre fatto faville. L’occasione è stata propizia per promuovere al meglio il nuovo disco del gruppo, “Lillie-F 65” (una droga depressiva) prodotto dal chitarrista vocalist dei Mos Generator Tony Reed, un ritorno al sound massiccio di “Born Too Late” con testi amarissimi e cupi realizzati da Wino.

 

Dal menzionato nuovo capitolo discografico abbiamo ascoltato la diretta “Let Them Fall” (per la quale è stato girato un videoclip), le più bluesy ma sempre pesantissime  “Bleeding Ground” e “Blessed Night” e la ossessiva e senza speranza litania di “The Waste Of Time” ancora più incisiva che su disco. Una sorpresa graditissima di questo tour è l’inserimento in scaletta di “Patra (Petra)” dall’album “V” presentata da Wino come la definitiva canzone d’amore, neanche a dirlo trattasi di un doom lento e pesantissimo ma dal testo decisamente carico di feelings malinconici. Se la parte iniziale del concerto ha mostrato che i nostri sanno anche pestare sul gas (quando vogliono) con i classici “War Is Our Destiny” e la sempre bellissima “Look Behind You” la lunga sezione centrale del concerto si è rivelata un tuffo profondo nel doom più slow & heavy, con una menzione speciale per la straordinaria “The Troll” da “Mournful Cries”, uno dei tanti pezzi in cui è stato possibile vedere un Dave Chandler cantare il testo (anche senza microfono) con una passione smisurata.

Il finale di ogni concerto dei Saint Vitus, dopo la veloce “White Stallions”, omaggio non dichiarato alla NWOBHM, vede l’esecuzione di una scoppiettante rilettura di “Thirsty And Miserable” (originariamente dei Black Flag) resa benissimo da Wino e prevede ormai da molti anni l’accoppiata finale “Dying Inside” e “Born Too Late”. Se la prima sembra sempre rianimare Mark Adams, addirittura fino a farlo cantare ogni singola strofa (è la storia di un’ammissione di sconfitta nei confronti dell’alcool con Mark che mi dichiara apertamente nell’aftershow “it’s my life”) la seconda vede il coinvolgimento massimo da parte di tutti con Wino a cantare sopra le casse e Dave Chandler che scende dal palco per un assolo tra la sua folla. L’ideale suggello per un altro show da ricordare di un act tanto storico quanto ancora musicalmente rilevante nella scena heavy.

A fine concerto, non fosse bastata la loro passione durante il gig, è stato davvero bello vedere Henry Vasquez e Mark Adams intenti a cantare e a divertirsi durante alcune delle canzoni suonate dal dj locale (come “Speed King” dei Deep Purple) mentre il resto della band chiacchierava amabilmente con i non numerosi ma estremamente coinvolti spettatori ancora presenti nel club.

 

Di seguito altre foto, tutte realizzate da Massimo “Max Moon” Guidotti.

 

Mos Generator:

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Saint Vitus:

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