Humm


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Humm logo

Le one-man-band rappresentano quanto di più puro ed incontaminato persista nel mondo del metal. Spesso nascono nei garage di casa, nelle piccole stanze di un appartamento, nascono dalla pura e semplice passione, dalla voglia di sbattersi e di poter arrivare a concludere un album potendo dire “l’ho fatto io, tutto da solo”. Questi progetti spesso non hanno vita facile, perché sobbarcare su un unico paio di spalle tutto il lavoro di creazione, testi, produzione, scelte grafiche e scelte promozionali, alle volte può risultare un po’ frustrante, ma i risultati ripagano sempre. Oggi facciamo due chiacchiere con la mente di una one-man-band post-black metal davvero particolare, gli Humm. Al timone troviamo Fabio Gatto, già noto ai più per la militanza come bassista nei Furor Gallico, orgoglio folk metal italiano. Il buon Fabio ci illustrerà, in questa breve chiacchierata, ciò che sta dietro al suo progetto Humm e alla recente pubblicazione del primo album “No Empathy Before Doomsday”. A te la parola Fabio!

Ciao Fabio! Allora, iniziamo un po’ dal principio; sei il bassista dei Furor Gallico, un genere piuttosto diverso da quello che proponi con Humm. Come nasce il tuo progetto solista? E come mai un monicker così inusuale? Cosa ti ha motivato nell’intraprendere questa strada?

Ciao Filippo, ciao a tutti e grazie per lo spazio concessomi.
Mi piace pensare gli Humm come un processo naturale: avevo molte idee per brani che non solo sarebbero stati incompatibili con i Furor Gallico, ma che volevo curare personalmente in modo da mantenerle più pure e in qualche modo vicine ad una visione personale. Avevo bisogno di “fare” ma soprattutto avevo bisogno di un qualcosa di mio, di intimo e personale che costituisse allo stesso tempo una sfida ed uno stimolo alle mie capacità.
Sinceramente mi riesce difficile spiegare il perché io senta il bisogno di fare musica. E’ un po’ come chiedersi perché sentiamo il bisogno di dormire. Credo che nel caso della musica per me sia una necessità spirituale che sconfina nel quotidiano.
Il nome “Humm” è stato attentamente selezionato tra una decina di nomi nati da un furioso brainstorming; volevo un nome che rispecchiasse il più possibile la mia musica e che al contempo fosse particolare. Doveva incuriosire chi lo leggeva, perché anche a me piace interrogarmi sul significato del nome quando scopro una nuova band. Il nome è la tua identità, ed io sono convinto che un po’ come un kanji giapponese il tuo nome debba significare “un po’ di più” di quanto si legga al primo impatto.
Alla fine ho scelto Humm come monicker perché era semplicemente quello che rispecchiava meglio queste caratteristiche. La parola “Humm” nasce dall’inglese “to hum” che significa canticchiare, mugugnare; ad essa ho aggiunto una M extra, per così dire. Quella M in più può stare ad indicare tante cose: può essere letta come un rafforzativo del verbo stesso, può riportare alla mente l’Om intonato in alcuni tipi di meditazione, può essere anche semplicemente una nota stonata, l’errore grammaticale che rende scorretta la parola ma che allo stesso tempo la rende unica. Ognuno scelga la sua, sono tutte giuste e contemporaneamente tutte sbagliate.

Humm bass

“No Empathy Before Doomsday” è un solido album di post-black metal, un sottogenere già piuttosto particolare e sperimentale, solitamente. A cosa ti ispiri per la creazione di questa musica? Hai delle band o qualche musicista di riferimento? Io per esempio ci sento qualcosa alla Agalloch, perlomeno in qualche atmosfera…

Mi sono avvalso dell’etichetta di post-black metal proprio perché in quel genere convivono la maggior parte delle atmosfere che si possono ritrovare nei miei brani, anche se in realtà i gruppi a cui faccio riferimento (o per meglio dire che mi ispirano quotidianamente) sono quasi totalmente esterni a questo filone. E’ difficile dire con esattezza da dove arrivi l’ispirazione, forse erano semplicemente cose che avevo dentro da troppo tempo e che spingevano per uscire fuori.
Indubbiamente gli Agalloch che tu hai citato sono un punto di riferimento ed un bacino inesauribile di ispirazione soprattutto per quanto riguarda le soluzioni da loro adottate negli arrangiamenti.
Questo era il mio primo tentativo di registrazione in solitaria, ho fatto tutto da solo e con i pochi mezzi che possiedo: un pc, una scheda audio ed un paio di monitor da studio. Ero quindi pienamente consapevole che non sarei riuscito al primo colpo a raggiungere un risultato che dal punto di vista della resa sonora mi soddisfacesse al 100%, ma il mio obiettivo come dicevo prima non era eguagliare, emulare una band o impormi sul mercato (se di mercato in questo genere musicale possiamo parlare). Diciamo quindi che mi sono ispirato più all’attitudine di alcune band piuttosto che alle sonorità, cercando di creare un amalgama che rendesse giustizia ai miei brani, nella prospettiva di un miglioramento futuro.

Continuando sul tuo primo album, il titolo e la grafica stessa del disco, semplice e minimale, sono molto intriganti nella loro immediatezza. Cosa puoi dirci in merito al concept eventuale o comunque in merito alle liriche che si celano dietro a “No Empathy Before Doomsday”?

Se dovessi individuare un tema di fondo direi che quest’album è un piccolo manifesto all’empatia. Ogni brano è schierato verso l’assenza di comprensione oppure verso il totale coinvolgimento emotivo verso un determinato tema: in una sorta di viaggio bipolare rivivono attraverso i miei brani la crudeltà estrema che può causare la mancanza di empatia verso il mondo che ci circonda e al contempo l’estrema dolcezza che esso può trasmettere. Essere empatici significa “sentire dentro” e la cosa non dipende da noi nella maggior parte dei casi. In quest’ottica l’album diviene una sorta di maledizione, un percorso obbligato che ti impone di sentire al 100%, nel bene e nel male ciò che arriva all’orecchio nella forma di musica e liriche. Tramite l’artwork ho cercato di rendere visivamente queste sensazioni creando una sorta di personificazione dell’empatia stoica, impassibile, alla quale un uomo di spalle si appoggia come disperato, come se non potesse reggere ancora a lungo il peso di quell’empatia troppo forte.
I temi che tratto nelle liriche sono svariati, vanno dal rapporto conflittuale tra natura ed uomo ai miti e alla mitologia greca ed egizia. Trovano spazio anche sogni lucidi e naturalmente le mie relazioni personali, in special modo ho esplorato il rapporto che lega me a mio fratello.

Humm guitar

Al di là di una breve partecipazione di tuo fratello Dario (assolo su “Roots Are Piercing The Clouds”/nda), ti sei occupato tu di tutto il disco e di tutti gli aspetti inerenti ad esso, giusto? Ti è mai venuto in mente di coinvolgere qualcun altro nel mondo Humm? Quanto è importante per te, in tale contesto, avere tutta la situazione sottomano?

Si, mi sono occupato io di tutto il processo, dalla composizione all’arrangiamento, dalla scrittura dei testi fino alla registrazione, il missaggio ed il mastering; non mi è mai venuto in mente di coinvolgere altre persone, anzi, era proprio una mia necessità fare tutto da solo. Volevo avere tutto sotto controllo, volevo fissare un punto nella mia vita ed era essenziale che facessi tutto da solo per potermici riconoscere.
L’unica partecipazione sull’album è appunto quella di mio fratello su “Roots Are Piercing The Clouds”, ma per lui è un discorso diverso. Anche non volendo considerare il legame di sangue che ci lega, il brano su cui suona parla di come le nostre anime siano in realtà appartenenti ad un solo contenitore, come siano legate indissolubilmente anche a dispetto della distanza che ci separa. Una tematica simile viene affrontata anche nel brano “My Brother’s Light” e penso che la cosa si evinca anche da titolo.

Furor Gallico e Humm, due esperienze musicali e concettuali molto diverse. Gli Humm una one-man-band per il tuo estro personale e i Furor Gallico la live band con cui suonare on stage; è così che intendi mantenere separate le due realtà oppure prevedi che il progetto Humm potrebbe diventare qualcosa di più, per esempio tramutandosi anch’esso in una live band?

Per ora intendo continuare in solitaria il mio percorso con gli Humm e registrare almeno un secondo album cercando però questa volta di mettere a frutto l’esperienza maturata in fase di registrazione e missaggio: punto ad ottenere un prodotto che mi soddisfi in tutti i suoi aspetti, specialmente dal punto di vista delle sonorità.
Il fatto che io voglia curare in prima persona le fasi di registrazione però non vuol dire che non possa includere delle persone nel progetto Humm per quanto riguarda l’ambito live. Non nascondo che mi piacerebbe molto rendere gli Humm una band attiva a tutti gli effetti! Trovo infatti che l’arte fine a se stessa sia poco “utile”.
Produrre un album e poi non portare questa musica nella dimensione live credo sia un peccato: non ho la presunzione di definirmi un artista, ma parlando in una visione complessiva credo che l’arte abbia bisogno in egual misura sia della parte embrionale (che nel mio caso è quella della produzione e della pubblicazione del disco) che di quella matura e cioè della dimensione live. Altrimenti sarebbe come se dipingessi un quadro bellissimo nel mio scantinato e poi lo facessi vedere solo a poche persone. Il valore del quadro rimarrebbe invariato, ma se lo esponessi in una galleria o meglio ancora se uscissi in strada a dipingere avrei tutta una serie di stimoli e risposte alla mia arte che altrimenti non otterrei mai. E questi stimoli dovrebbero essere linfa vitale per ogni artista.

Humm cover

So che hai anche un altro progetto con tuo fratello, dove vi occupate di un genere fuori dal contesto metal; vuoi approfittare di questo spazio per parlarne ai lettori di HMW?

Sì certo, anzi grazie dell’opportunità! Io e mio fratello Dario abbiamo fondato gli Ein Sof, una band che ci vede impegnati sul fronte del post-rock strumentale; è un progetto a cui teniamo particolarmente perché ci vede suonare assieme per la prima volta, cosa che, strano ma vero, non era mai successa prima se non in rare e limitate occasioni.
Il 26 Febbraio del 2014 abbiamo pubblicato il nostro primo EP intitolato “Trimurti” che contiene tre brani; dalla nostra pagina Bandcamp (einsof0.bandcamp.com) si può ascoltare e scaricare gratuitamente. Abbiamo anche cominciato le registrazioni per un secondo EP che vedrà la sua pubblicazione prima della fine dell’anno nel quale cominciamo ad inserire alcune parti vocali e ad ospitare strumenti particolari ed alternativi come il violino.
Anche in questo progetto mi occupo della registrazione e della produzione, oltre al basso; mio fratello si occupa della stesura dei brani, delle linee vocali e delle chitarre. La fase di arrangiamento è invece sempre condivisa da entrambi.
Una curiosità: per questi primi due EP lo scambio di idee è avvenuto via Skype o via mail perché mio fratello si era trasferito a Londra; per quanto riguarda le registrazioni abbiamo organizzato delle full immersion in studio approfittando di alcune sue brevi visite in Italia.
Dopo la pubblicazione del secondo EP lavoreremo assieme alla composizione del primo album degli Ein Sof.

Da dove deriva la scelta di utilizzare dei filtri di distorsione per le tue screaming vocals? Per la batteria invece ti sei affidato a qualche software di programmazione?

L’album è cantato quasi totalmente con uno screaming acido e secco, ma ho sentito la necessità su alcuni brani, in determinati punti, di utilizzare effetti come la distorsione per rafforzare e rendere più significativi alcuni passaggi. Su “Poseidon” ad esempio volevo enfatizzare le liriche del testo che assieme alla parte strumentale creavano un crescendo: è un passaggio nel quale volevo dare l’idea di una velocità ed una cattiveria claustrofobica e caotica (“we’ll be rejoined in chaos…”) ed ho pensato di rendere questa sensazione anche attraverso la voce mediante l’uso di una distorsione. Su “My Brother’s Light” troviamo un altro esempio di voce filtrata e distorta: qui lo scopo della voce è quello di sottolineare dei concetti spezzando il brano, creando di fatto un botta e risposta tra questo tipo di voce “alterata” ed il mio cantato in screaming.
Per le parti di batteria mi sono avvalso dell’utilizzo di Superior Line ed Ez Drummer, due software della Toontrack.

Humm - Metzengerstein 1Q84

Da pochi giorni hai pubblicato anche un nuovo singolo per il tuo progetto, ovvero “Metzengerstein: 1Q84”. Come mai la decisione di pubblicare un unico singolo a sé stante, con tanto di grafica creata appositamente? E’ un brano molto sperimentale, ha un significato particolare?

“Metzengerstein: 1Q84” non è stato composto assieme gli altri brani presenti sull’album: è il frutto di un raptus, è un gesto, un tassello indipendente. Vado molto orgoglioso del risultato e benché esca a pochi mesi dalla pubblicazione di “No Empathy Before Doomsday” credo segni una crescita in termini di produzione musicale intelligibile anche all’ascoltatore. Per questi motivi e per sottolineare l’importanza che questo brano ha rispetto al progetto Humm ho voluto creare un artwork che lo rappresentasse e che ne accompagnasse l’uscita.
“Metzengerstein: 1Q84” si può ascoltare gratuitamente su Youtube ed acquistare su Bandcamp.

Siamo alla fine! Grazie per il tuo tempo ed in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti musicali. Prima di chiudere… si muove qualcosa in merito al nuovo album dei Furor Gallico?? Detto ciò, a te la parola finale!

Grazie a voi per lo spazio concessomi! Purtroppo in merito al nuovo album dei Furor Gallico non posso ancora sbilanciarmi, ma avrete presto delle buone notizie.
Per chi volesse conoscere meglio gli Humm vi invito ad iscrivervi ai canali ufficiali della band: mi trovate su Facebook, su Youtube (dove pubblico in streaming gratuito tutta la mia musica) ed anche su Bandcamp, dove potete acquistare “No Empathy Before Doomsday” così come “Metzengerstein: 1Q84”. Proprio in questi giorni ho inoltre stretto un accordo con la Haarbn Production, un’etichetta indipendente russa che ha reso disponibile il mio primo album in copia fisica: potete acquistarlo direttamente tramite me, contattandomi attraverso una delle mie pagine o per mail: humm.official@gmail.com
Grazie ancora a tutti, ci risentiamo al prossimo album.

Facebook: https://it-it.facebook.com/hummofficial
Recensione di “No Empathy Before Doomsday” qui

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