Perdition Temple – The Tempter’s Victorious (2015)

Titolo: The Tempter's Victorious
Autore: Perdition Temple
Genere: Death Metal
Anno: 2015
Voto del redattore HMW: 8,5
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Che belle brutte cose stanno uscendo di questi tempi, con la Hells Headbangers che sta letteralmente monopolizzando la scena. Sì, perché è stata tanto furba da pubblicare recentemente pure “The Tempter’s Victorious”, secondo album – che segue a cinque anni di distanza il primo “Edict Of The Antichrist” – degli statunitensi Perdition Temple, gruppo parecchio conosciuto fra chi bazzica il death metal più infernale. Nati nel 2009 per volontà di quel testardo di Gene Palubicki, i Perdition Temple sarebbero in un certo senso la continuazione degli Angelcorpse, formazione death metal di culto che, guidata dal succitato personaggio ma anche da Pete Helmkamp (uno che ha suonato nei Revenge, mica bazzecole!), è servita da trampolino di lancio per gente tecnicamente dotatissima come il batterista John Longstreth, oggi colonna portante degli Origin. Bene, dopo la (seconda) fine degli Angelcorpse datata 2009, Gene si è messo di nuovo in movimento fondando quasi subito i Perdition Temple, che attualmente hanno assunto la forma di un supergruppo perché al reparto chitarre vi è anche un tipo di nome Bill Taylor (Immolation, vi dice niente?) mentre alla voce c’è nientepopodimeno che Impurath dei Black Witchery (il quale ha già esordito nell’EP del 2014 “Sovereign Of The Desolate”, una specie di succoso antipasto dell’album). Capirete quindi che, dati tutti i personaggi coinvolti in quest’operazione, la recensione del nuovo lavoro dei Perdition Temple è a dir poco obbligatoria… almeno per uno che si vuole devastare i timpani a ogni piè sospinto come me!
“The Tempter’s Victorious”, ovviamente, non è un album per tutti. Dico questo non soltanto per la produzione che, seppur ascoltabilissima e assolutamente non cacofonica, potrebbe far storcere il naso ad alcuni per il suono non così incisivo della batteria, ma anche e soprattutto per la musica: un death metal dall’alto tasso tecnico eppure malvagio oltre ogni dire anche grazie a qualche infiltrazione black qui e là (come nelle inquietanti dissonanze della titletrack, che apre subito il disco), e fra l’altro i tempi veloci (compresi un pacco di blast-beats) si sprecano che è una meraviglia (diabolica). Ciò significa che da queste parti si rallenta poco ma, quando lo si fa, avviene sempre con una certa classe (e qui sentitevi la lunga parte “tranquilla” di “Chambers Of Predation”). Inoltre, sempre “da queste parti” si sprecano, a parte dei riffs spesso strani e arzigogolati (e alle volte dal retrogusto quasi thrash, come dimostra “Extinction Synagogue”), degli assoli sferzanti e caotici che fanno sempre un male cane.
Ma una delle peculiarità dei Perdition Temple del 2015 è la voce. E qui fermatevi perché, come già scritto, al microfono c’è sua Maestà Infernale Impurath, che con le sue scartavetranti urla gutturali (fra l’altro belle riverberate) provenienti direttamente dai recessi più assurdi di dimensioni ignote da incubo rende la musica ancor più malvagia e più black metal. Bisogna dire inoltre che Impurath è riuscito ad adattarsi magnificamente allo stile più tecnico e avventuroso dei Perdition Temple, seppur vomitando i suoi anatemi in un modo sempre bello inquadrato ma comunque meno incazzato che nei suoi Black Witchery.
Sebbene il gruppo sia capace di far “fiatare” l’ascoltatore con qualche ottimo rallentamento, la musica riesce a essere lo stesso soffocante e spietata anche perché gli stacchi sono praticamente assenti mentre le pause durano un microsecondo. Di conseguenza, l’assalto non conosce seriamente NESSUNA tregua, o lo subisci passivamente come un’ameba o cerchi di seguirlo attentamente nota dopo nota, altrimenti sei finito. E questo potrebbe essere considerato sia un pregio che un difetto, dato che talvolta c’è veramente bisogno di qualche momento di pausa un po’ più consistente, anche perché certe canzoni (tutte si soffermano sui 4 minuti, a parte la conclusiva “Devil’s Blessed”, un pochino più lunga delle altre) finiscono in modo brusco. Infine (e questo è senza dubbio un pregio), non c’è nessun momento ambientale nel disco, c’è solo del sano death metal satanico dall’inizio alla fine.
Ordunque, i Perdition Temple mi hanno convinto un casino, ergo si beccano un voto sopra le righe. Ciò perché suonano una musica che riesce a coniugare molto bene la tecnica e la fantasia con la brutalità e la malvagità più spinte, e non manca neanche un pizzico di atmosfera dato soprattutto dal comparto vocale. Certo, “The Tempter’s Victorious” non è un album perfetto, è un disco (abbastanza) difficile anche per me ma l’ascolto scorre comunque piacevole e quindi, FANATICI DEL DEATH METAL, NON PERDETE TEMPO E COMPRATELO! Punto e basta.

Tracklist:

1 – The Tempter’s Victorious
2 –  Extinction Synagogue
3 – Scythes of Antichrist
4 – Goddess in Death
5 – The Doomsday Chosen
6 – Chambers of Predation
7 – Diluvium Ignis
8 – Devil’s Blessed

Line-up:

Impurath – voce
Gene Palubicki – chitarra/basso/voce
Bill Taylor – chitarra
Gabriel Gozainy – basso
Ron Parmer – batteria

FaceBook: https://www.facebook.com/perditiontemple
Etichetta Hells Headbangers Records: http://www.hellsheadbangers.com

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