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“Amok” credevo fosse un qualche sconosciuto dio egizio e invece ho scoperto essere una curiosa patologia tipica di Paesi asiatici come Malesia e Singapore la quale si manifesta con improvvisi accessi di furia omicida provocati da un evento che ha scosso a tal punto la vittima da non farle ricordare più niente dopo il suddetto accesso. Insomma, un nome parecchio adeguato per questo strano quartetto norvegese nato nel 2000 che è stato attivo discograficamente fino al 2007, dopodichè su di esso è caduto il silenzio più assoluto (anche perché si tratta di una sorta di super-gruppo costituito da (ex)-membri di note formazioni black metal come i Mysticum, gli Immortal e i Taake).
Tutto questo finchè la connazionale Edged Circle Productions non ha avuto la bella idea di ristampare negli ultimi mesi del 2015 il primo e unico album degli Amok, cioè “Necrospiritual Deathcore”, il quale fu preceduto da un tributo tutto norvegese ai grandi Von a cui i nostri, ovviamente, parteciparono.
Comprendente dieci pezzi per 35 minuti e mezzo di musica, in “Necrospiritual Deathcore” lo spettro dei Von effettivamente c’è ma di fatto è presente soltanto in pezzi come “Geitehelvete” (due minuti di black metal pestone, ossessivo e ipnotico). Di base però la musica degli Amok è uno strano connubio con accenti modernisti fra il death e il thrash metal con qualche influenza black dove la follia caratterizza tutto il lavoro magari con del riffing schizofrenico, con dei curiosi effetti sullo sfondo (come nella più thrash ma in un mid-tempo groovy “Channeling Black Horns”) o dei rallentamenti parecchio atmosferici compresi di assolo quasi psichedelico (come nei cinque minuti di “Providentialism” ma qua bisogna dire che gli assoli sono spesso e volentieri particolari). Il tutto enfatizzato da un batterista dinamico amante di tupa-tupa non così velocissimi che si possono trasformare imprevedibilmente in tempi doom mentre non manca qualche blast-beat. E su tutto ciò si staglia il cantato “schifoso” e parecchio black di Necrocum, abile fra l’altro a iniettare nell’intero discorso un po’ di punk.
Ma adesso arriva il bello: di fatto, “Necrospiritual Deathcore”, a eccezione di quei pezzi a là Von, è diviso in due parti ben distinte delle quali la prima, finora descritta, si conclude con “Providentialism” mentre la seconda va dalla bellissima strumentale dark ambient “Postapokaliptisk Korstog” alle tre canzoni finali, tutte intitolate “Goatflesh Removal”. Tale trilogia risulta diversissima dal resto delle canzoni anche perché differente è la produzione (in questo caso un pochino più sporca) e differenti i musicisti (la batteria è infatti suonata nientemeno che da quel pazzo di Hoest, la voce dei Taake!).
Gli ultimi tre pezzi del disco mostrano un black metal lento (a eccezione di qualche improvvisa accelerazione in tupa-tupa più death/thrash), paranoico, a volte malinconico e melodico (specie nella fantastica “Goatflesh Removal (Memento Mori)”, la migliore di tutte e tre) oltrechè parecchio sperimentale. Ciò non solo per l’uso parsimonioso delle tastiere o per dei rumori di sottofondo come quelli di una chitarra che viene “strusciata” sempre nella canzone sopraccitata ma anche per l’utilizzo frequente (ma non esclusivo!) di un cantato pulito praticamente parlato dai risvolti ossessivi come nei sei minuti malatissimi di “Goatflesh Removal (Corpus Christi)” (ecco, sentitevi specialmente il suo paranoico e apocalittico finale!) che in “Gloria In Excelsis Deo” si fa beffardamente da messa pseudo-cristiana. E tutto ciò fa di “Goatflesh Removal” qualcosa di totalmente folle e inumano, specie considerando le liriche, di cui quella in stile “1984” di Orwell dell’ultimo pezzo appena menzionato le batte veramente tutte con la sua cinica e surreale affermazione secondo cui “il conformismo è buono” e altre amenità del genere.
Citata infine la curiosa caratteristica di tutte le canzoni della prima parte nel concludersi con dei passaggi campionati parlati, “Necrospiritual Deathcore” rappresenta veramente un disco particolare e malato.
Oddio, magari è un po’ dispersivo e disomogeneo anche per quanto riguarda i livelli produttivi (fate conto infatti che il disco è stato registrato in ben cinque studi diversi!), e sarei curioso di sapere perché l’album sia stato diviso in due parti molto differenti fra di loro di cui la seconda è per me comunque la più bella e intensa.
Ergo, è meglio dare all’opera un semplice “7” ma, ad ogni modo, la raccomando sentitamente a chi vuole qualcosa di più diverso dal solito. Ma non bloccatevi di fronte a una copertina che ritrae una famosa foto della Shoah!
Tracklist:
1 – Necropsy Cunt
2 – Geitehelvete
3 – Channeling Black Horns
4 – Effective Mass-Torture
5 – Organ Ejaculator
6 – Providentialism
7 – Postapokalyptisk Korstog
8 – Goatflesh Removal (Corpus Christi)
9 – Goatflesh Removal (Memento Mori)
10 – Goatflesh Removal (Gloria in Excelsis Deo)
Line-up:
Necrocum – voce
Taipan (ospite) – voce
Goatpromoter Lava – chitarre/voce/samples
Iscariah – basso
Stanley – batteria
Hoest – batteria (“Goatflesh Removal”)/voce
Chaos – elettronica/sampler
Kybermensch – elettronica/sampler
Etichetta Edged Circle Productions – http://www.edgedcircleproductions.com