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07/06/2017 : Sweden Rock Festival – Day 1 – Norje, Solvesborg (Svezia)
Dalla nostra prima partecipazione allo Sweden Rock Festival, nel 2009, ci siamo quasi perdutamente innamorati di questo festival di quattro giorni che ogni anno si svolge a Norje, nei pressi di Solvesborg, una piccola cittadina sul mare della Svezia del sud.
L’edizione del 2017 è stata la quinta per il sottoscritto e la terza per la nostra fotografa Sabina Baron, come sempre all’insegna di un ampio range sonoro che va dal classic rock al metal estremo con una predilezione per l’hard rock ed il metal melodico.
Il nostro day 1 è cominciato con un incontro casuale, quello con “Vanni”, il frontman di una hard rock band toscana, gli Overload, al centro di noleggio auto di Copenaghen, un incontro fortunato per il rocker, una sorta di Jesse James Dupree (dei Jackyl) in salsa fiorentina, che al ritorno è stato il nostro compagno per il viaggio notturno in auto che ci ha riportati da Solvesborg a Copenaghen.
Il nostro primo concerto di quest’edizione è stato quello dei Grand Magus, che da queste parti giocano in casa ed hanno avuto gioco facile ad infiammare il 4Sound Stage con il loro heavy metal dalle forti tinte epiche. Dopo gli inizi all’insegna di un doom piuttosto anthemico e ritmato, i nostri si sono spostati sempre più verso un heavy classico fortemente epic. Riff grezzi ed efficacissimi, basso pulsante, batteria solidissima, il power trio capeggiato dal chitarrista e vocalist JB Christoffersson ci ha divertito con brani come “Varangian”, “Steel Versus Steel”, “Iron Will” ed “Hammer Of The North”. Il 4Sound Stage è solitamente campo fertile per le sonorità old school ed i Grand Magus le rappresentano più che degnamente. Impossibile stare impassibili davanti ai riff di brani come “Like The Oar Stikes The Water”.
Da segnalare la simpatia del bassista Fox, che al termine dello show si intratterrà amabilmente con i fans. La nostra festa è solo all’inizio ma le vibrazioni sono già quelle giuste. L’unica nostra preoccupazione è dettata dai nuvoloni scuri che cominciano ad addensarsi sul cielo di Solvesborg, puntuali come le previsioni metereologiche che parlano di pioggia battente in serata. Speriamo bene. Intanto ci siamo caricati le batterie con un po’ di heavy metal classico in salsa vichinga.
Dopo un salto alla zona riservata ai possessori di pass per il backstage (artisti, giornalisti o possessori di biglietti VIP) torniamo alla musica con il concerto degli Helix, impegnati sull’imponente Sweden Stage. Il gruppo canadese si è formato a metà degli anni ’70 ma ha avuto il debutto discografico nel 1979 con l’album “Breaking Loose”. Artefici di un heavy rock trascinante i nostri si sono dimostrati buona live band fornendo una performance davvero solida davanti ad un folto pubblico. Il grosso dei brani proposti arriva ovviamente dagli album pubblicati della prima metà degli anni ’80. “No Rest For The Wicked” (1983) è rappresentato dalla titletrack, “Heavy Metal Love” e “Dirty Dog”. “Walkin’ The Razor’s Edge” (1984) è stato forse il disco dal riscontro migliore grazie al buon successo dei video di “Rock You” (eseguita alla fine del set regolare) e della cover di “Gimme Gimme Good Lovin” dei Crazy Elephant. Da questo ottimo platter abbiamo ascoltato dal vivo anche una torrida “Feel The Fire”, “When The Hammer Falls” ed una “Animal House” suonata come unico bis per concludere uno show molto divertente di hard rock ottantiano senza pretese, di quello che andava in voga in quegli anni, con l’unico intento di divertire l’audience. Il vocalist Brian Volmeer è rimasto l’unico membro originale del gruppo, ma anche la sezione ritmica del gruppo è quella storica, con “Fritz”, alle pelli dal 1982 ed il basso pulsante di Daryl Gray in sella dal 1984. Era l’anno di “Rock You”, una delle hits con le quali potreste scoprire, se ancora non li conoscete, quella piccola grande band chiamata Helix.
E’ ufficiale: le previsioni metereologiche di giornata ci hanno preso di brutto, con il risultato che i due concerti conclusivi della nostra prima giornata, storicamente solo un grande antipasto delle successive, si svolgeranno sotto una pioggia di intensità crescente (impedendoci di fotografare i Black Star Riders).
I primi a soffrire delle condizioni meteo avverse sono i teutonici Grave Digger, il cui power metal sembrerà ancora più epico e battagliero con l’accompagnamento di una pioggia incessante. Per i primi brani viene pagato pegno all’ultimo album “Healed By Metal”, il ritorno discografico con i fiocchi della band capitanata dal frontman Chris Boltendhal. Se il motore della band è indubbiamente il drumming old school di Stefan Arnold va ammesso come anche il chitarrista Axel Ritt si sia ricucito uno spazio importante, soprattutto dal vivo, in virtù di una stage presence notevolissima e di un approccio molto fisico. Il nostro non mi è mai sembrato all’altezza di Manni Schmidt dal punto di vista solista o nemmeno dell’eccezionale riffmaking di Uwe Lulis ma nel corso degli anni ha dato prova di crescente efficacia alle prese con il sound rotondo e grezzo dei Grave Digger. Nonostante una certa staticità nelle scalette, la band dal vivo resta tra le migliori interpreti di queste sonorità classiche del power metal, che si sono sempre distanziate dagli arrangiamenti più complessi e dal flirt con le orchestrazioni messo in mostra, per esempio, da altre formazioni blasonate come Blind Guardian e Rage. Boltendhal è al solito un grande maestro di cerimonia, “Killing Time” è un ripescaggio interessante dal capolavoro “Tunes Of War”, “The Dark Of The Sun” è il classico che forse avrebbe bisogno di un po’ di meritato letargo, un po’ come “Wrathchild” che gli Iron Maiden hanno continuato a suonare imperterriti per anni con decine di altri grandi pezzi grandiosi riposti nell’armadio quasi dimenticati. “Ballad Of A Hangman” è ormai un grande classico, quasi alla stregua della sempre trascinante “Excalibur”, durante la quale non riusciamo ad estrarre la spada dalla roccia solo perchè la nostra presa si fa decisamente troppo scivolosa per l’abbondante pioggia. C’è tempo anche per lo slow tempo di “Season Of The Witch”, a testimonianza del fatto che la band è sempre stata in grado di disimpegnarsi bene con ogni tipo di brano, pur essendo conosciuta principalmente per quelli veloci e trascinanti come la conclusiva “Heavy Metal Breakdown”. Per noi i Grave Digger resteranno comunque sempre legati indissolubilmente a “Rebellion (The Clans Are Marching)” ed alla trilogia medievale, con un’occhio di riguardo per il capitolo scozzese.
Non è stata di certo la migliore delle prime giornate dello Sweden Rock Festival, non lo era sulla carta e le condizioni meteo hanno fatto precipitare le cose sul più bello. Attendevo con grande curiosità lo show degli headliners Black Star Riders. Ammettiamolo, c’è molto di stereotipato nel rock e nel metal. I clichè, l’iconografia, il fascino per gli argomenti cupi, la fantasy, i gruppi che strizzano l’occhio al “maligno”, il tutto tra il serio ed il faceto. Ma quando irrompe sulla scena una nuova grande heavy rock band, di quelle che possono piacere sia ai metallari che ai fans di classic rock, beh per noi quello è sempre un gran giorno. Queste formazioni sono come un ponte, quello tra la terra ferma e le isole dove il grosso della popolazione non vuole mai venire, quelle dove impera l’heavy metal. Arrivati al traguardo del terzo album con l’ottimo “Heavy Fire”, i BSR hanno finalmente acquisito la totale confidenza nei propri mezzi, la capacità di farcela con le proprie gambe che non li fa più suonare set che sono per la metà un “amarcord”, un best of dei Thin Lizzy. I Thin Lizzy sono ancora degnamente rappresentati dalla storica chitarra di Scott Gorham e dalla voce di Ricky Warwick, l’ultimo ad aver cantato i brani resi immortali dalla voce di Phil Lynott con il classico monicker della band che fu graziata anche dalla presenza delle chitarre magiche di Gary Moore e John Sykes.
Spazio quindi alle nuove “Heavy Fire”, “Who Rides The Tiger”, “When The Night Comes in”, “Dancing With The Wrong Girl”, con il DNA della band che rimane ancora fortemente legato al gruppo di Lynott ma mostrando anche spunti originali ed una buona varietà compositiva.
La formazione, pur essendo tecnicamente eccellente, riesce comunque sempre a sprigionare quelle vibrazioni speciali fatte di feeling e passione, pertanto incarna alla perfezione l’eredità musicale lasciataci dai leggendari Thin Lizzy.
Ricky Warwick è un frontman davvero in gamba, uno che si è fatto le ossa sui palchi di mezzo mondo con The Almighty prima di intraprendere la strada solista dello storyteller, con il sogno di seguire le orme dei grandi songwriter del passato, da Dylan a Springsteen. Ma è sul palco, quando può sprigionare l’energia della musica heavy, il Ricky che ci piace di più, quello che oltre alle già classiche “All Hell Breaks Loose”, “Bound For Glory” e “The Killer Instinct” si cimenta anche con due celeberrimi tuffi nel passato dei Lizzy, le superclassiche “The Boys Are Back In Town” e la conclusiva “Whiskey In The Jar”.
Oggi è stata la pioggia a trionfare nel finale della serata, ma la cosa non ci ha impedito di divertirci e di vivere belle emozioni. Ed era solo l’inizio. Ora tutti in albergo ad asciugarci un po’ che domani si entrerà davvero nel vivo con la prima giornata “piena” dello SRF e l’esordio degli spettacoli sui maestosi Rock Stage e Festival Stage. Rock And Roll!
Di seguito altre foto della giornata, tutte realizzate dalla nostra Sabina Baron.
Grand Magus:
Helix:
Grave Digger: