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10/06/2017 : Sweden Rock Festival – Day 4 (Solvesborg, SVE)
Dopo lo show dei Primal Fear del giorno precedente, è ancora il Rock Stage a regalarci le prime emozioni della giornata. I finlandesi Amorphis hanno la stessa propensione melodica dei power metaller tedeschi ma la ammantano di malinconia finnica. La band non sbaglia mai un album e l’ultimo “Under The Red Cloud”, è particolarmente incisivo, con brani come la titletrack, “Death Of A King”e “Sacrifice” che mettono in mostra l’escursione vocale pazzesca del vocalist Tomi Joutsen.
Gli Amorphis sembrano aver raccolto l’eredità dei Sentenced con la loro capacità di essere metal ma in un modo che è al contempo malinconico ed incredibilmente catchy. I pezzi classici come “My Kantele” ed “House Of Sleep” si prestano ad un sing along clamoroso ma questa audience da festival non è di certo “invasata” come i supporter che seguono la band nei concerti da headliners o come la nostra fotografa Sabina Baron, persa completamente per la musica della band. Parlando di foto, il microfono che sembra un “asciugacapelli” del frontman rimane sempre un bell’oggettino da fotografare. Fa strano assistere all’esecuzione di un pezzo di storia del gothic-death metal come “Black Winter Day” sotto la luce del sole. Eccellente partenza per questo quarto giorno.
Per i Thunder vale un discorso simile a quello che abbiamo fatto per i Fates Warning. Sono una band straordinaria, dal valore eccellente, tecnicamente preparatissima, ma non hanno mai sfondato come avrebbero meritato. Ok, la formazione ha avuto un certo successo all’inizio degli anni ’90, ma è sempre rimasta un gruppo più di nicchia di quel che avrebbe meritato. Dal vivo i rocker inglesi sono ancora in formissima, sia quando sciorinano i pezzi più recenti dal nuovissimo “Rip It Up” , come “In Another Life” e “The Enemy Inside” che quando eseguono i vecchi classici come “Backstreet Symphony” ed “Higher Ground”. I Thunder non perdono mai un colpo. Sugli scudi la voce di Danny Bowes e le chitarre di Luke Morley e Ben Matthews. Il finale con “I Love You More Than Rock’n’Roll” è di quelli da ricordare. Che gruppo fantastico…
E’ la terza volta che vedo i Candlemass allo Sweden Rock Fest, per la seconda occasione con il talentuoso Mats Leven alla voce. Questa performance è particolarmente interessante perchè la band eseguirà dal vivo tutto il capolavoro “Nightfall” che quest’anno arriverà a spegnere 30 candeline. L’assenza del bassista, compositore e leader della band Leif Edling, ancora afflitto dai problemi di salute che ne hanno limitato moltissimo l’attività live negli ultimi anni, è ovviamente per molti versi incolmabile, perchè la presenza di Leif va bel oltre l’aspetto tecnico. Leif sta al suono dei Candlemass come Tony Iommi sta a quello dei Black Sabbath, la formazione di riferimento del gruppo svedese. La voce di Leven, pur non disponendo di quella timbrica particolare e del vibrato di Messiah Marcolin è davvero duttile, potente e tecnicamente ineccepibile. La setlist, che ci da la possibilità di ascoltare pezzi meno eseguiti come “Codex Gigas” o “Mourners Lament” così come grandi classici del calibro di “Samarithan” e “Bewitched”, non può davvero dar adito a nessun tipo di critica. Il resto della band fornisce una prova sontuosa, con una menzione particolare per gli assoli di un sicuro Lars Johansson. I Candlemass aspettano con ansia il ritorno del suo leader, ma oggi hanno dimostrato di essere ancora una grande band. Le emozioni che pezzi come “At The Gallows End”, “Crystal Ball” e “Solitude” ci fanno provare non hanno prezzo. Doom On!
Eccolo qui il momento tanto atteso da molti italiani e non, la formazione di symphonic metal tricolore (almeno dal punto di vista della creazione dei brani e vocale) più amata ha deciso di abbandonare le scene. Per l’occasione è stata formata una formazione fortissima che ha il grande neo nell’assenza del tastierista e compositore Alex Staropoli, che non ha voluto “tradire” i suoi Rhapsody Of Fire per imbarcarsi in questo emozionantissimo “amarcord”. Fabio Lione è in grandissima forma ed è il mattatore di uno show che ha esaltato per la setlist ed è stato accolto in modo trionfale dal folto pubblico accorso sotto all’imponente Sweden Stage. Lo show ha celebrato il secondo album “Symphony Of Enchanted Lands” grazie ad un’esecuzione quasi completa. Ovviamente tanti sono i pezzi accolti in modo trionfale, come l’iniziale “Emerald Sword” e la lunga ed epica titletrack. La formazione, oltre ad esibire le qualità della coppia di asce composta dal plastico Luca Turilli e dal tecnicissimo Dominique Leurquin mette in mostra la sensazionale sezione ritmica formata dal drummer Alex Holzwarth e dal bassista Patrice Guers, tra le migliori al mondo per questo genere musicale.
C’è spazio anche per altri classici, come la splendida “Land Of Immortals” dall’album di debutto, “Knightrider Of Doom” e “Rain Of A Thousand Flames”. L’epicità è ai massimi livelli durante l’esecuzione di “Dawn Of Victory”, semplicemente uno dei brani più coinvolgenti della storia del metal. Un altro momento memorabile ce lo regala Fabio Lione grazie ad una versione da brividi di “Lamento Eroico”. Da manuale anche la chiusura con “Holy Thunderforce”. I Rhapsody hanno fatto un figurone. Orgoglio tricolore.
Tornati in carreggiata ormai da un bel po’ di anni, i Carcass sembrano non volersi più fermare. Hanno rilasciato quattro anni fa un ottimo comeback album come “Surgical Steel” ed hanno già dichiarato che non troppo tardi arriverà pure un suo successore. Dal vivo la band non si discute: Jeff Walker, dallo sguardo spesso beffardo, è sempre tagliente dietro al microfono ma sono soprattutto le chitarre di Bill Steer e Ben Ash a plasmare il sound della band, completata dal drumming convincente di Daniel Wilding.
Setlist che ha soddisfatto un po’ tutti con le nuove “316L Grade Surgical Steel” e “Captive Bolt Pistol”, le classiche “Buried Dreams” e “No Love Lost” e le vecchissime “Exhume To Consume” ed “Incarnated Solvent Abuse”.
Il sottoscritto, che è stato per la gran parte del festival piuttosto tranquillo ad osservare con attenzione i concerti e le performance degli artisti, ha pensato bene di buttarsi in mezzo alla bolgia per vivere sulla propria pelle un po’ del groove ricreato ad arte dalla band inglese dal vivo. Il finale con “Heartwork” è stato epico alla stregua di quello vissuto meno di due ore prima con i Rhapsody. Ed ora sotto con un nuovo album. I Carcass rimangono una formazione unica.
Come fai a scegliere tra Saxon e Venom? Non dico che sia come scegliere tra mamma e papà ma quando si parla di queste band leggendarie si vanno a toccare gli affetti più cari. A pelle, se dovessi scegliere di andare con il cuore probabilmente voterei per la band di Biff Byford. Ma oggi ho scelto i Venom. Ho scelto i Venom perchè ne avevo voglia e perchè non avevo mai visto dal vivo la versione di Cronos della formazione, l’unica che detenga i diritti per chiamarsi davvero Venom. Lo show è stato un susseguirsi di schegge metalliche impazzite di thrash-black metal primordiale, dall’iniziale “From The Very Depths” fino alla conclusiva “Witching Hour” al termine dei bis.
E’ curioso fare tutta una serie di report di concerti e poi ritrovarsi a parlare spesso degli stessi concetti, come il carisma esagerato di vecchie leggende come Cronos, che mette ancora una passione eccezionale nel rivestire il suo duplice ruolo di vocalist e bassista. Il frontman è stato particolarmente grintoso ed ha trascinato la folla adorante dei Venom in un set che ha alternato tanti pezzi nuovi come “Long Haired Punks” e “Smoke” con vecchi classici del calibro di “Rip Ride”, “Warhead” e “Buried Alive”. Nel finale sono arrivati i classiconi più attesi: “Welcome To Hell”, “Countess Bathory”, “Black Metal” e la già citata “Witching Hour” Questi Venom, completati dalla chitarra di Stuart “La Rage” Dixon e dalla batteria di Danny “Dante” Needham sono stati semplicemente encomiabili, sorretti anche da un’acustica perfetta e da una scenografia d’effetto, con tanto di effetti pirotecnici e cannoni del fumo. Al punto che non ho poi sentito così tanto la mancanza dei Saxon. Black Metal!
Quello dei Treat è stato l’ultimo show al quale abbiamo assistito in questa edizione dello Sweden Rock Fest. Ok, una capatina al Festival Stage, per assistere ad uno scampolo dello show degli In Flames l’abbiamo fatta, trovandolo niente male, ma la formazione leader in ambito melodic death metal ormai non è più quella che ci piaceva tanto fino a “Clayman” ed abbiamo preferito dare la preferenza al melodic rock d’altissima classe dei connazioni svedesi Treat sotto al 4Sound Stage. La cosa curiosa è che sono in tantissimi i rocker radunatisi sotto a questo piccolo stage ad applaudire la formazione capitanata dal frontman Robert Ernlund.
“Ghost Of Graceland” rimane l’ultimo album ed il gruppo suona subito la titletrack prima di dedicarsi a classici del calibro di “Papertiger”, “Soul Survivor” (in un lungo medley con altri vecchi brani) e la grandiosa “Conspiracy”. Parlando di “Conspiracy” mi viene in mente King Diamond, e la cosa ci serve un ottimo assist per ricordare a tutti che il bassista dei Treat, Pontus Egberg, è anche il nuovo bassista alla corte del “Re Diamante”.
Al di là dell’impressione netta che i Treat utilizzino qualche coro preregistrato di troppo, che fu ancora più forte durante l’esibizione al Frontiers Rock Festival, il gruppo rimane tra i migliori nel suo campo, con un catalogo di pezzi invidiabili. E’ inevitabile che un po’ di malinconia ci pervada durante l’ascolto della hit conclusiva dello show, “Skies Of Mongolia”, quando ci rendiamo conto che anche quest’anno questo sogno chiamato Sweden Rock sta terminando e non sappiamo se e quando torneremo da queste parti per una nuova full immersion di rock e metal a 360°.
Lo Sweden Rock Fest ci regala sempre un’atmosfera splendida, un’acustica eccellente ed una location dove tutto è organizzato alla perfezione. Non sappiamo quindi quando, ma un giorno torneremo. Una cosa che abbiamo capito in tante partecipazioni qui è proprio che non sappiamo starti lontano per troppo tempo. Per citare un celebre allenatore di basket e telecronista di wrestling: “Sweden Rock Festival, per noi numero uno!”
Di seguito altre foto, tutte realizzate dalla nostra Sabina Baron (anche quelle dove c’è lei..).
Amorphis:
Thunder:
Candlemass:
Rhapsody:
Carcass:
Venom:
Treat:
Foto varie: