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Ci avevano lasciati quattro anni or sono per tornare oggi, in questo momento buio e solitario di clausura imposta, in una Terra da un futuro incerto e nebuloso che molto si confà alle atmosfere alle quali i Katatonia ci hanno sempre abituati.
A differenza dei compagni di etichetta My Diyng Bride, i Katatonia non compiono la loro piccola brexit e rimangono fedeli a Peaceville per dare alla luce il loro dodicesimo capitolo “City Burials”
Gli svedesi non danno sostanziali sterzate all’approccio musicale del loro recente passato, poche sorprese da quel punto di vista, ma il livello rimane sempre altissimo e la loro capacità di coinvolgere, sorprendere ed incantare rimane immutata se non superiore cogliendo involontariamente la cupezza del momento che il mondo sta vivendo.
Non siamo di fronte al solito gruppo che, trovata la formula si fossilizza nell’autocitazione di sé stesso, qui parliamo di personalità, una parola che è spesso abusata ma che nei nostri si tramuta in una musicalità unica ed inconfondibile, impossibile da plagiare.
Dimenticati ma mai rinnegati i loro esordi doom/death, i Katatonia esplorano territori decisamente poco frequentati e non mancano momenti più “aggressivi” dove il metal fa capolino nei sempre fantasiosi stacchi dell’eccellente sezione ritmica Sandin/Moilanen, rispettivamente basso e batteria, come nel brano di apertura “Heart Set To Divide”, in “Behind the Blood” o in “Rein” con un sorprendente finale in doppia cassa! …ma nuvole grigie sovrastano continuamente l’atmosfera di questo disco.
L’elettronica è una presenza costante ma discreta, che scivola sotto i pezzi senza invaderli, che consente di creare atmosfere sempre più avvolgenti con tappeti armonici sempre efficaci, pezzi esclusivamente elettronici a parte come la lenta ed atmosferica “Lacquer”.
La voce sognante di Renkse è il collante di questa amalgama e ne è indubbiamente il carattere più distintivo, con la grande capacità di adattarsi a diverse forme musicali mantenendo immutato il suo timbro unico.
Ma c’è poco da dire, dopo ripetuti ascolti il disco continua a crescere e se qualcuno ingiustamente volesse confinare questa evoluzione dei Katatonia in uno scaffale assieme a qualche ridicolo gruppo gotico o come cavolo si chiamano, sbaglierebbe di grosso.
Non è né un disco né un gruppo per adolescenti depressi con le unghie dipinte di nero. Con i Katatonia voliamo sempre altissimi tra cieli scuri intrisi di pioggia gelida pronta a scrosciare. La capacità compositiva è fuori dall’ordinario e la cura per l’arrangiamento maniacale e raffinatissima.
Ho provato a cercare un difetto, un pezzo riempitivo, ma neanche i brani finali “Neon Epitaph” e “Untrodden” accennano a mollare la presa e continuano a spiazzarci con un incredibile crescendo emozionale.
In sospeso con ancora la voglia di continuare, potremmo toglierci lo sfizio con i due brani bonus nelle varie edizioni limitate che però purtroppo non ho avuto il piacere di ascoltare.
Spesso si affacciano quasi dei tentativi, consapevoli o no che siano, di approcciare un respiro, perdonatemi il termine, “pop” e la già citata “Behind the Blood” o “The Winter Of Our Passing”, con il loro andamento “allegro”, quasi ci fanno cascare nella trappola, ma non è così, è un inganno che dura poco e piombiamo di nuovo nella nebbia.
Se già amate e seguite questo gruppo, non servirà certo questa recensione a convincervi, ma se invece cercate un disco adulto, scritto ed arrangiato in maniera esemplare, sicuramente farete un investimento garantito.
Formazione:
Jonas Renkse – vocals
Anders Nyström – guitar
Niklas Sandin – bass
Daniel Moilanen – drums
Roger Öjersson – guitar
Tracce:
1. Heart Set To Divide
2. Behind The Blood
3. Lacquer
4. Rein
5. The Winter Of Our Passing
6. Vanishers
7. City Glaciers
8. Flicker
9. Lachesis
10. Neon Epitaph
11. Untrodden