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Siete alla ricerca di un’avventura? Volete immergervi in nuovi scenari colmi di mistero? La band portoghese Sotz’ vi regala un viaggio nel mondo dei Maya, accompagnandovi gradualmente a scoprire questa maestosa civiltà attraverso il loro death metal melodico, semplice ed estremamente efficace.
“Popol Vuh” è il titolo dell’album, composto da 10 tracce che bilanciano molto bene melodie e tecniche tipiche del death metal con sonorità sinistre ed enigmatiche, alcune volte tetre ed altre epiche, tutti aggettivi che si possono accostare alla civiltà mesoamericana, cui è dedicato l’intero lavoro.
Ascoltando l’intro “Cenote” ci si immedesima subito in quei passi incerti sulle foglie, che ci portano dentro un mondo selvaggio e oscuro, tanto quanto i riff potenti ed evocativi della seconda traccia “Oracles”, in cui è possibile notare l’impronta melodica del quintetto e la loro preferenza verso ritmi non troppo veloci e melodie ben strutturate. Il canto risulta immediatamente ricco ed energico, le cui parole, ben distinte nonostante l’uso della tecnica growl, rendono questo cammino ancora più intrigante.
È piacevole notare dei rimandi alla cultura Maya anche nei titoli delle canzoni; ad esempio, “The return of Kukulkan”, ovvero del dio serpente alato, “Ixchel”, la dea giaguaro dell’ostetricia e della medicina, “Siege of Tikal”, la più estesa delle antiche città in rovina, “Prospects of Pakal”, il più celebre Re Maya, ed infine “Popol Vuh”, la raccolta di miti e leggente legati a questa civiltà.
Più si va avanti con l’ascolto, più i brani diventano avvincenti e ci si sente coinvolti.
E’ doveroso sottolineare “Tree of Knowledge”, traccia più lunga dell’Lp, registrata insieme a Stefano Franceschini (bassista degli Hideous Divinity e Aborted): è impossibile stare fermi, la testa e il piede tengono il tempo senza accorgersene, in un equilibrio tra ritmiche terzinate ed accordi lunghi che accompagnano le strofe del cantante, creando melodie davvero suggestive.
Il primo accenno di assolo si trova invece su “Sahkil”, caratterizzata da un sound decisamente più maestoso, seppur con una leggera venatura di mistero, seguita da “Ixchel”, 2:32 minuti strumentali che separano la prima parte dell’album dalla seconda, qualitativamente superiore e complessa.
Con “Siege of Tikal” ci si rende conto di esser arrivati al culmine, in cui sono riconoscibili le particolarità della band e le armonie usate per realizzare atmosfere affascinanti; questo brano, in particolar modo, parte subito col botto, la batteria rapida e i riff serrati danno la giusta carica per arrivare verso “Popol Vuh”, decisamente un gradino sopra le altre tracce per l’aggiunta di ulteriori strumenti come, ad esempio, il flauto, per l’uso di scale minori armoniche, per la presenza di due assoli con tanto di tapping, creando sonorità epiche e possenti.
L’LP si conclude con “Eye of Baalam” e “Prospects of Pakal”, due pezzi di pura energia, dove finalmente si ha la certezza che il death metal dei Sotz’, che ci ha accompagnato in questa avventura nel mondo dei Maya, è stato una bellissima scoperta di musicisti abili nel realizzare non solo paesaggi persuasivi attraverso la musica, ma anche melodie espressive degne di poter raccontare una civiltà che ha ancora molto da dirci.
Tracce:
1 – Cenote
2 – Oracles
3 – The Return of Kukulkan
4 – Tree of Knowledge
5 – Sahkil
6 – Ixchel
7 – Siege of Tikal
8 – Popol Vuh
9 – Eye of Baalam
10 – Prospects of Pakal
Formazione:
Dan Vesca – voce
Jisus Rocha – chitarra
Pedro Magalhaes – chitarra
Emanuel Ribeiro – basso
Luis Moreira – batteria
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