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Diciamocelo sinceramente, solo l’1% di voi non rischiavano di addormentarsi durante le più noiose lezioni di storia, a scuola, o all’università per i più temerari. È senz’altro ovvio come lo studio di popoli antichi con tutte le loro particolarità ed unicità possa arricchire la nostra cultura, ma è altrettanto chiaro che bisogna saperla raccontare o si corre il rischio di sprofondare nella pesantezza più totale. Se non sei nato per raccontare la storia come Alessandro Barbero (al quale i Bardomagno hanno dedicato una simpatica canzone della quale raccomando caldamente l’ascolto), un modo interessante di raccontare i grandi eventi del passato è proprio quello di usare la musica, che per fortuna ancora oggi non perde la sua efficacia comunicativa e di coinvolgimento.
Probabilmente è proprio questo desiderio ad animare al scrittura di Thus Always To Tyrants, l’ultima fatica degli Arrayan Path. Il disco inizia con “Oh Dark Tears (Aftermath)” e sebbene sembri l’inizio di un noioso lirismo forzatamente teatrale, tipico di alcuni prodotti stancamente epici, si rivela invece un brano dinamico e pieno di sfaccettature interessanti. Il basso molto presente di Miguel Trapezaris insegue ed accompagna la voce di Nicholas Leptos conferendo ritmo al brano ed esaltandone i sapori.
Tra i fumi mistici di inquietante rituale, ecco arrivare “The Usurper”, caratterizzata da suoni arabeggianti che diventeranno una piacevole costante del disco, seguita poi da “The King’s Aegis… They Came from the Taygetos Mountains”, che mette sicuramente in luce la notevole capacità polmonare del cantante, ma anche il gusto compositivo nella narrativa del gruppo americano.
A metà canzone infatti arrivano gli spartani e il ritmo diventa da subito più incalzante ed aggressivo.
Si prosegue con queste dinamiche con “The Battle Of Cnidus” la ballata energica che si chiude ancora una volta con l’urlo di Leptos che dimostra di saper essere incisivo quanto è il caso.
È importante sottolineare questo aspetto perchè si da spesso per scontata la grande vocalità nel power metal ma la capacità di perforare i timpani e non solo accarezzarli e rassicurarli è qualcosa che manca a volte anche a grandi nomi del passato.
Le chitarre di Christoforos Gavriel e Socrates Leptos non sono da meno però e se in “Artaxeres II Mnemon”, realizzano finalmente un assolo davvero convincente, con “Crossing Over To Phoenicia” arriviamo al capolavoro dell’album, che ben riassume tutti gli aspetti che meglio funzionano nel disco. In seguito al ritorno delle tonalità arabeggianti e i riff coinvolgenti di “Raid of the Achaemenids” si avverte però un po’ di stanchezza su brani come “Of Royal Anchestry” e “The Legend of Evagoras”, ma sul finale arriva una degna chiusura. “Army Of The Myrmidons – Return To Troy Pt. II (Origins)” conclude un disco compatto, vario e completo. Il riascolto inoltre permette di notare alcuni dettagli preziosi di questa opera, composta con gusto e idee interessanti e coerenti, l’ipnotico violino che ha il compito di concludere questo viaggio sonoro, conferisce infine la giusta malinconia lasciando l’ascoltatore soddisfatto, ma ancora incuriosito.