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Ci sono diverse cose che il sottoscritto ama: la musica, il videogiochi e soprattutto l’affabulazione, e non è un caso che i miei prodotti mediatici preferiti siano un connubio degli elementi sopra citati. Immaginate quindi la mia curiosità quando ho scoperto che era in uscita un disco metal che si mescolava con il Vecchio West, un periodo oramai abusato in tutte le salse, ma che continuerà sempre ad attirarmi come un’ape verso un fiore. Mi ci fiondo subito e, con mia grande gioia, mi arriva in anticipo di almeno due settimane. Inizio dunque l’ascolto, ma prima mi soffermo sulla copertina, che raffigura una gigantografia di un sceriffo con un revolver, probabilmente il nostro protagonista, che osserva un indiano e un altro cowboy combattere contro dei demoni, un duo che mi ha ricordato molto “The Lone Ranger”, mentre sullo sfondo spicca un mostro con le fattezze di una donna. Tutto molto particolare ma che riassume perfettamente i temi che andremo ad ascoltare.
In ogni caso l’opera degli Spiritworld inizia con “Mojave Bloodlust”, un’introduzione che ho amato per le tipiche sonorità alla Ennio Morricone, ma che è quasi un “troll”, in quanto le canzoni successive prendono subito una piega hardcore iniziando da “Deathwestern”, primo singolo del disco. Un buon antipasto che ci mostra già la piega dell’album, riff piacevolmente rumorosi, voce cazzuta e testi crudi, che potrebbero essere non poco criticati, dato il tema dello stupro presente in essi.
Superate due o tre canzoni possiamo subito capire l’andazzo dell’album, undici brani molto simili tra loro ma che mantengono una loro identità, tra cui spicca di per certo “Moonlit Torture”, grazie ad una collaborazione con Dwid Hellion degli Integrity, formazione che non stona con il tema dell’album dato che ha spesso trattato temi particolari o fuori dagli schemi. Riguardo al tema stesso ci troviamo davanti un’opera che di western ha ben poco, ma come già detto, i testi sono ben congegnati e rievocano bene ciò che viene narrato, ad esempio una strega che piange sangue in “Lujuria Satánica”, oppure temi blasfemi riguardanti la religione come in “U L C E R”.
Deathwestern si può considerare come il passo successivo del gruppo per raggiungere un pubblico più ampio, dettato anche dal loro recente ingresso in Sony Music. Sicuramente un progetto riuscito di un collettivo che album dopo album riesce sempre di più a delinearsi e trovare una propria identità, senza perdere le caratteristiche che li distinguevano negli anni precedenti e altresì migliorandole ad ogni nuova uscita. Sicuramente da tenere d’occhio per gli anni a venire.