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Quarta fatica discografica per i lombardi Planethard nati nel 2004 e che, dopo aver iniziato la carriera come cover band di gruppi del calibro di Bon Jovi, Guns N’ Roses, Skid Row e Mötley Crüe, nell’agosto del 2004 hanno deciso, come suol dirsi, di fare sul serio e si sono letteralmente rintanati nel Twilight Studio di Senago per dare alla luce il loro primo mini-CD, So Good, che sarà pubblicato a dicembre 2004. Da quel momento per loro è iniziata una parabola ascendente che li ha portati a suonare, nel 2005, durante il concerto di promozione dell’album dei Gotthard Lipservice, in un’emozionante e travolgente jam session col bassista Marc Lynn ed il chitarrista Leo Leoni. La loro gavetta concertistica è continuata sia in vari mini-festival hard rock che in famosi locali, ma la vera consacrazione l’hanno avuta durante la partecipazione al Venice Rock Festival accanto a Motörhead, Gotthard e Labyrinth ed al « Tim Tour », che li ha portati a suonare in Piazza Plebiscito a Napoli con Francesco Renga ed Elisa.
Dopo questa lunga, estenuante ma estremamente fruttuosa gavetta dal vivo che ha contribuito a cementarne l’amalgama, i nostri guerrieri sono tornati in studio nel marzo del 2006 col produttore artistico degli Enden’s Course ed Edge Of Forever, Alessandro Del Vecchio, per registrare il loro debutto Crashed On Planet Hard. Dieci autentiche mazzate di puro hard rock che hanno entusiasmato la critica e permesso alla formazione di poter suonare come spalla durante la data milanese dei Soul Doctor. Nel 2007 dopo aver suonato come supporto agli Europe ebbero l’onore di aprire il Gods Of Metal prima di tornare in studio per dare alla luce, nel 2008, splendidamente coadiuvati dal produttore artistico Alessandro Del Vecchio e dall’ingegnere del suono Matteo Magni, No Deal. Questo ha avuto l’onore di essere missato nei Noize Factory / Command di Los Angeles da Fabrizio Grossi, essere masterizzato agli Universal Mastering Studios di Los Angeles da Peter Doell e vedere la partecipazione, nella canzone “Abuse” della cantante degli Exilia, Masha Mysmane.
Dopo aver intrapreso il tour di supporto a No Deal, nell’ottobre 2013 il gruppo ha dovuto affrontare un cambio di formazione con l’ingresso del nuovo cantante Davide Merletto e, nel 2014, si sono rintanati negli studî Magnitude di Seregno per dare alla luce, sotto la guida dei produttori Matteo Magni e del chitarrista e membro fondatore Marco D’andrea, il loro terzo album, dal titolo di One. Da allora è stato un susseguirsi di successi che li ha portati ad Assago a calcare il palco del Forum accanto agli Scorpions.
Dopo che la pandemia ha fermato anche loro, eccoli ritornare più cazzuti che mai con questo nuovo disco. Un concentrato di hard rock e metal che, prendendo spunto da una famosa canzone dei Megadeth, « Take No Prisoners…. Take No Shit!! ». Con questo nuovo lavoro il gruppo sembra aver creato un continuum temporale che riporta alla mente le sfaccettature che avevano caratterizzato il precedente Now: giri robusti e granitici che non perdono mai la propria carica di groove ed i ritmi veloci. A mio modesto parere, il gruppo è pronto a fare il grande salto e merita di essere considerato una delle icone del panorama hard rock e metal, non solo tricolore ma quantomeno europeo. Per farsene una chiara ed esaustiva idea basta, ascoltare l’apertura “Don’t Judge Me” e potenti “Fading Away” ed “A King” per essere travolti dallo tsunami sonoro che il gruppo sciorina in ogni microtraccia.
Una citazione particolare meritano sicuramente il potentissimo “Hikikomori (引き籠もり)” – che tratta un tema attuale: una sindrome che provoca terribili sensazione di estraniamento – e le emozionanti ed atmosferiche “Still Alive” e “United We Stand”. Quest’ultima è stata composta per il progetto Compatti Si Vince (una delle tante iniziative promosse dal C.ON.I. Lombardia per supportare le famiglie in difficoltà a causa della pandemia), che riportano ai vecchi fasti degli esordi della formazione e che dimostrano che la loro classe, come si dice del vino, è migliorata col passare degli anni, grazie anche ai maestosi riff di chitarra dell’istrionico e simpaticissimo Marco D’Andrea, alla prova vocale di Alberto Zampolli ed la sezione ritmica orchestrata dal basso di Andrea Bonovolenta e dalla batteria di Stefano Arrigoni.
Non resta che fare i complimenti al gruppo per averci regalato un altro ottimo album che mette ben in risalto tutto il loro carattere e la loro potenza ed energia. Ed è ora che TUTTI se ne accorgano definitivamente.
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