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Che K.K. Downing sia una leggenda e uno dei musicisti più influenti nell’heavy metal è lapalissiano: appare decisamente superfluo introdurlo ai lettori di questo sito, dato che coi Judas Priest ha forgiato per anni metallo della cui qualità si sono già spesi fiumi d’inchiostro, e che ha influenzato centinaia di gruppi in giro per il mondo.
Cinquant’anni e molte vicende dopo, il chitarrista britannico pubblica il secondo capitolo della sua avventura post-Judas: con Tim “Ripper” Owens alla voce (già sostituto di Halford nei metal gods, come chiunque certamente saprà) i KK’S Priest hanno naturalmente acceso la curiosità di tutti i fan del metal più tradizionale, con un discreto ma sicuramente migliorabile debutto, Sermons Of The Sinner (era il 2021).
Questo secondo disco, The Sinner Rides Again, appare senza dubbio migliore del precedente anche se ne condivide molti aspetti. Se si accantonano i continui, ormai stucchevoli, riferimenti ai Judas Priest, che l’ascoltatore potrà facilmente individuare tra i titoli e all’interno dei testi delle canzoni, ci troviamo al cospetto di un buon album.
Innanzitutto, le canzoni presentano tutti gli elementi paradigmatici del genere: chitarre massicce e aggressive, sezione ritmica solida, melodie e passaggi facilmente memorizzabili (c’è un motivo se i Judas Priest hanno avuto il successo che hanno avuto, pur cambiando approccio quasi a ogni disco) e l’ugola di Owens, un po’ più dinamica e varia rispetto al disco di debutto, fanno sì che questo disco abbia tutte le carte in regola per colpire nel cuore degli amanti del genere.
Secondariamente, la cura dei dettagli e delle melodie nelle canzoni è piuttosto migliorata rispetto al predecessore (bello il ponte epico in “Keeper Of The Graves“), anche se talvolta si ha ancora l’impressione che il quintetto avrebbe potuto certamente fare di più in sede di arrangiamento, togliendo qualche parte forzata e abbellendone qualche altra (e poi, diciamocelo: la strofa di “Pledge Your Souls” assomiglia davvero troppo a “One More Shot At Glory” per finire nello stesso CD). La coppia Downing / Mills alle chitarre è più amalgamata, anche se il periodo glorioso della premiata ditta Tipton / Downing è lontano, e la sezione ritmica fa decisamente il suo dovere.
Difficile quindi tirare le somme su un disco del genere: migliorabile? Certamente. Piacevole? Decisamente sì. Sia che siate fan dei Priest, sia che siate amanti del metal più classico, ascoltatelo e giudicate da voi.