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Conspiracy Of Blackness – Terapia del dolore
Confesso che non conoscevo i CONSPIRACY OF BLACKNESS e ammetto che sono stati una gran bella scoperta.
Si presentano come una formazione metal nata nel 2008 che, dal sound iniziale heavy metal dei primi due EP, DARK WARRIOR e RISE AGAIN del 2011 e del primo album CONSPIRACY OF BLACKNESS AND RELATIVE AFTERMATH, torna nel 2018 con una formazione rinnovata e la volontà di esplorare i generi metal più moderni.
Dicono di abbracciare, con il nuovo album, le sonorità potenti ed a tratti oscure del Nu Metal/Alternative Metal con influenze da Korn, Lacuna Coil, In This Moment ed Evanescence. E confermo che le influenze Nu-metal e Alternative ci sono tutte, ma c’è anche molto altro.
Non amo citare i comunicati stampa, ma qui c’è molta sostanza e pochi fronzoli. Raccontano questo ultimo disco, Pain Therapy come un viaggio introspettivo nato da una profonda delusione e da un feroce desiderio di denunciare le afflizioni dell’animo umano e del mondo e questa rabbia si sente forte in ogni brano. È una descrizione onesta. Si sente la voglia di urlare agli altri, di chiedere di svegliarsi dall’apatia e dalla indifferenza verso i più vulnerabili. Si sente il peso e la consapevolezza del fatto che tutti abbiamo le nostre sfide da affrontare e, ciononostante, in questa battaglia personale, cerchiamo conforto negli altri.
I Conspiracy of Blackness sono Antonio Bortone alla chitarra, Grazia Riccardo alla voce, Andrea Caliri al basso e Francesco Salerno alla batteria e ho parlato per voi proprio con la cantante Grazia.
Iniziamo subito. È stato il cambio di formazione a portare a questo nuovo sound o viceversa?
È stato il primo cambio di formazione a generare il cambiamento nel nostro stile musicale. Inizialmente i Conspiracy Of Blackness non si chiamavano nemmeno così. Nascono come Cobra con una voce maschile e facendo il classico Heavy. Il primo cambio c’è stato quando sono entrata io nella formazione e gli stravolto tutto (ridendo, ndr). Abbiamo tenuto il nome, che però è diventato un acronimo, ma lunghissimo: Conspiracy Of Blackness And The Relative Aftermath. Quando siamo entrati in studio per lavorare su Pain Therapy, ci siamo accorti di quanto era lungo ed abbiamo cambiato nuovamente per arrivare ai Conspiracy Of Blackness di oggi. Poi, nel 2018, ci siamo messi a lavorare sull’album a tempo pieno, ma siamo rimasti bloccati dalla pandemia mentre eravamo in studio di registrazione. Siamo riusciti a terminare l’album solo nel 2020. Inizialmente lo abbiamo pubblicato da soli, ma poi è arrivato quel fantastico contratto con la WormHoleDeath. Ci hanno scoperto loro su internet. L’album gli è piaciuto subito, così com’era e lo hanno mandato in stampa. L’unica differenza è la nuova formazione, specificando che quella attuale non è la stessa che ha registrato l’album, ma ci sono due nuovo componenti.
Adesso sono curioso. Cos’è successo?
La band nasce in Puglia. Poi io e il chitarrista ci siamo trasferiti due anni fa a Torino per lavoro, mentre il bassista ed il batterista sono rimasti in Puglia. Abbiamo dovuto fare un cambio di formazione ed adesso abbiamo due nuovi membri che lavorano con noi. E insieme a loro siamo già al lavoro su dei pezzi nuovi!
Le tue/vostre canzoni parlano di argomenti e temi importanti, maturi. Qual è la scintilla che innesca la creazione del brano? E per chi scrivete?
Sia per Pain Therapy che per i brani nuovi le idee partono da Antonio, il nostro chitarrista, che propone dei riff o già delle pre-produzioni. Poi ci lavoriamo sopra tutti assieme ed un ognuno ci mette un po’ della propria conoscenza, della propria anima, per raccontare le esperienze che viviamo o che ci toccano. Il primo a metterci le mani dopo Antonio per l’album era il nostro bassista che essendo un illustratore ha curato anche le grafiche e le immagini dell’album. Ci abbiamo lavorato tanto tutti assieme, confrontandoci, sia sulla musica che sui testi, per capire bene cosa vogliamo dire e come.
Non ci interessano luoghi comuni, draghi o racconti fantasy. A noi interessa parlare di cose concrete. Ci sono tematiche di impegno sociale e, speriamo, di una certa rilevanza. Su questo siamo d’accordo, vogliamo raccontare quello che succede nel mondo reale. Abbiamo il dovere di raccontare qualcosa oltre a intrattenere con la musica. C’è molta rabbia nel vedere cosa succede attorno a noi. E scriviamo perché sentiamo il bisogno di scrivere. Non lo facciamo per noi o per qualcuno in particolare, ma perché abbiamo l’esigenza, il bisogno di parlarne. Prima tra di noi del gruppo e, attraverso le canzoni, con tutti quelli che ci vogliono ascoltare. È uno sfogo. Affrontiamo tematiche che toccano tutti e a volte sento proprio il bisogno di gridare. Quando canto è come aprire la finestra e urlare quello che non mi sta bene.
Ad esempio “Collapsed” parla della crisi climatica perché è un tema che sento molto e dove io, per prima, cerco di dare un contributo, ad esempio non mangiando carne prima ancora di parlarne nella canzone. Altri brani parlano della violenza di genere o del rispetto degli altri nelle loro diversità.
Caratterialmente siamo così. E siamo stati fortunati perché sia i ragazzi che hanno creato con noi questo gruppo che quelli che suonano adesso la vedono allo stesso modo, abbracciano questa filosofia del rispetto degli altri e del diverso e la voglia di cambiare quello che non funziona. In pratica scriviamo per gli altri mentre scriviamo per noi.
Nella vita lavoro con ragazzi diversamente abili e vedo tutti i giorni quello che non va bene, questo bisogno imposto dalla società di nascondere le fragilità. Vedi la discriminazione, i pregiudizi e come come fai a non scriverlo? A non volerlo urlare?
Capisco e condivido completamente. Quando vi sentiremo urlare la vostra rabbia, a Torino o altrove qui in Italia? Com’è la scena nella vostra (nuova) città?
La scena qui a Torino è molto bella, ci sono profonde radici underground e il genere alternativo è molto apprezzato. C’è il Blah-Blah che è un posto meraviglioso e gestito veramente bene. Abbiamo fatto una data lo scorso maggio e ce n’è una in programma all’inizio del prossimo anno. E probabilmente oltre alle canzoni di questo album potrebbero esserci delle piccole anticipazione del materiale nuovo a cui stiamo lavorando, ma non posso dirti di più. E poi ci sono altre date a Firenze e vicino a Milano che non vediamo l’ora di annunciare appena saranno ufficiali. Stiamo mettendo a punto il calendario ma manca poco.
Adesso ci sono due domande che faccio a tutti i gruppi, in particolare se sono italiani. La prima è che, nonostante ci siano tutti gli elementi per normalizzare questo genere, il metal è ancora seguito da un forte stigma sociale (per il volume, la complessità, la velocità o i temi trattati). Come lo vivete?
È vero e ancora alcune persone si spaventano a sentire che fai metal. Però nel nostro caso, essendoci una voce femminile, l’impatto è più morbido. La musica con la voce femminile fa meno paura. Mi chiedono spesso “ma tu urli? Fai growl?” e io risponde “beh… un pochino di growl c’è…” (ridendo, ndr). In Italia c’è una sorta di ansia verso il metal, ancora di più se fai inediti. Un nostro fan finlandese continua a chiederci di andare a suonare da loro perché da loro è una cosa normale fare questo genere anche nei pub o nei club.
Adesso la domanda difficile, ma è l’ultima: come va il vostro progetto dal punto di vista economico finanziario? È un hobby più costoso del golf (ridendo) o inizia a dare i suoi frutti? Faccio spesso questa domanda e le risposte sono agli estremi, quindi sentiti libero di mentire spudoratamente (come ha già fatto qualcuno), di dire onestamente (o imbarazzatamene) la verità o di astenerti
È un mestiere dispendioso, in particolare all’inizio, quando devi metterci cuore, anima ed anche soldi. È la verità dei fatti. E devi investire su te stesso. Abbiamo trovato questa bellissima realtà in WormHoleDeath che crede in noi ed è spettacolare. E pensare che è nata in Italia! Ok, adesso sono in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone! Tra viaggi e strumentazione spendi molto per essere sempre al top e al passo con le ultime novità. Di album ne abbiamo venduti tanti, anche di quello precedente che abbiamo fatto noi ed è stato registrato proprio in casa. Ha venduto ed è piaciuto molto, anche all’estero e lo abbiamo fatto da soli. Oltre a rientrare delle spese c’è anche la soddisfazione, enorme, di sapere che qualcuno, anche dall’altra parte del mondo, ti ascolta e ti segue. Adesso con la nuova etichetta che si muove davvero bene siamo ottimisti.