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Recensione a cura di Renè Urkus
Il ritorno dei Dream Evil sul mercato mi coglie quasi di sorpresa: dal 2010 gli svedesi si erano fatti sentire soltanto con Six, nel 2017, e devo dire che non era stato un bel sentire, perché quell’album era certamente il meno riuscito di una discografia decisamente gloriosa. Del resto, la band è stata più volte chiara sulla propria natura di studio project con rare date live: ma alla luce degli esordi – con l’eccezionale tripletta Dragonslayer – Evilized – The Book Of Heavy Metal, sfornati a cadenza annuale fra il 2002 e il 2004 – molti fan (fra cui pure il sottoscritto) avrebbero sperato il contrario… come che sia, ecco che Niklas Isfeldt, Fredrik Nordström e compagni si ripresentano, decisamente più ispirati rispetto alla scorsa decade, con il settimo album della loro 25ennale carriera.
Si parte – ed è una goduria – con la titletrack, che ci racconta in poche battute la storia dell’heavy metal, ricordando i giganti della nostra musica preferita. Melodia vincente e tastieroni imponenti per “Chosen Force”, che nei primi secondi, mi sembra, rievoca la splendida “The Chosen Ones”, a mio giudizio la migliore canzone mai scritta dagli svedesi e contenuta nel loro mirabile debutto. Molto tedesca “The Tyrant Dies At Dawn”, che mi ha ricordato la potenza maestosa degli ultimi Primal Fear (per non scomodare i ‘soliti’ Hammerfall, referente a mio giudizio talora evocato a sproposito); e grezza al punto giusto anche “Masters Of Arms”, che in larghi passaggi mette in risalto anche il basso pulsante di Peter Stålfors, nella band dagli inizi e autore della maggior parte dei testi di questo Metal Gods.
Andiamo avanti verso la fine della scaletta: elementare ma convincente “Night Stalker”, che strizza l’occhio agli ultimi Priest, quelli più roboanti e ‘moderni’, mentre la power ballad conclusiva “Y.A.N.A” colpisce per il suo testo corrosivo e per una ulteriore, vibrante interpretazione vocale di Niklas. Un paio di filler a metà scaletta ci sono, inutile negarlo (penso in particolare all’accoppiata “Lighting strikes”/”Fight in the Night”), ma l’insieme resta potente, coinvolgente e grintoso.
Il ritorno dei Dream Evil, dunque, non è forse perfetto, ma garantirà agli appassionati dell’heavy/power più ortodosso diversi inni da cantare in questa estate infuocata.