ORDEN OGAN – The Order Of Fear

Titolo: The Order Of Fear
Autore: Orden Ogan
Nazione: Germania
Genere: Power Metal
Anno: 2024
Etichetta: Reigning Phoenix Music

Formazione:

Sebastian “Seeb” Levermann – Voce
Niels Löffler – Chitarre
Patrick Sperling – Chitarre
Steven Wussow – Basso
Dirk Meyer-Berhorn – Batteria


Tracce:
  1. Kings of the Underworld
  2. The Order of Fear
  3. Moon Fire
  4. Conquest
  5. Blind Man
  6. Prince of Sorrow
  7. Dread Lord
  8. My Worst Enemy
  9. Anthem to the Darkside

Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 3.8/10
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Recensione a cura di René Urkus.

Sugli Orden Ogan ci sarebbe, e c’è, molto da dire: a giudizio di chi scrive, Seeb Levermann e compagni sono stati in grado di rivitalizzare il power mitteleuropeo nel suo momento più difficile (ovvero dopo il suo momento d’oro a cavallo fra i due millenni) con una formula che appariva originale e assolutamente convincente. Poi però – sempre parere di chi scrive, sia chiaro! – non mi sembra abbiano fatto molto altro: e svanito l’effetto sorpresa è rimasto un sound di certo immediatamente riconoscibile, ma che non ha fatto altro che replicare se stesso all’infinito. Naturalmente si può rispondere che i tedeschi si sono sbizzarriti sul lato dei testi e dei contesti, creando concept su concept anche di un certo interesse: e questo è vero. Ma direi che la parte musicale conta di più: e il nuovo The Order Of Fear, che dal punto di vista testuale è il seguito di Ravenhead, del 2015, non presenta su questo versante novità di rilievo. Si ascolta con piacere, non c’è dubbio, ma non va oltre quello che abbiamo già sentito – e per ben nove dischi, questo compreso – da venti anni a questa parte. Tra l’altro, la nota stampa ci informa che, per tre brani, la band è stata supportata nella composizione dei brani da un fan dell’Uruguay: i nostri presentano la cosa con toni entusiastici, ma a me non sembra una buona notizia, e mi appare anzi celare un certo calo d’ispirazione…

Si parte senza intro e in modo serrato con “Kings Of The Underworld”, la quale dispiega un guitar working frenetico e incessante; la titletrack è ancora di più un martello pneumatico, sospesa fra Blind Guardian, Persuader e (magari dico un’eresia, ma io ce li sento) i danesi Manticora. Per colorare un po’ il sound servono le chitarre acustiche di “Conquest” e le movenze folkeggianti di “Blind Man”, dotata pure di un bel ritornello, che evitano il problema fondamentale che poteva avere il disco: quello di suonare un monolite dall’inizio alla fine, cosa che è effettivamente accaduta ai dischi meno ispirati dei nostri (a iniziare, forse, dal precedente Final Days). “Dread Lord” rallenta un minimo il ritmo e offre un ottimo refrain, quindi c’è proprio una pausa con respiri profondi per l’ispirata power ballad “My worst Enemy”, dal ritornello forse ‘telefonato’ ma non per questo meno emozionante. Ormai arrivati alla fine della scaletta, “The Long Darkness” (che però risale alle registrazioni di Gunmen, del 2017) dimostra la capacità degli Orden Ogan di scrivere brani di spessore, cangianti, con sprazzi di epicità e momenti molto solenni.

Tiriamo allora le somme. The Order Of Fear, preso in sé, è un bel disco, con pochi vuoti e diversi momenti esaltanti; inserito nella storia e nella discografia dei nostri, è un prodotto che non si discosta molto da quanto abbiamo già potuto ascoltare. A quel punto la differenza la fa l’ispirazione del songrwiting: e no, non credo che The Order Of Fear sia Easton Hope o To The End. Forse il discrimine fra l’essere una ottima band e l’essere un gigante del metal sta nella capacità di rinnovarsi senza snaturarsi: non so se gli Orden Ogan ci siano riusciti. Restano, sia chiaro, fra i migliori frutti che il power metal abbia prodotto nel XXI secolo; ma gli manca quel pizzico di genio che rende immortali.

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