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Chi ricorda i Guardians Of Time alzi la mano! Questa band norvegese, per quanto non fra le stelle del power, ha avuto una vita venticinquennale, e prima di sciogliersi ha sfornato almeno un paio di ottimi dischi di genere (citerei il primo, Edge Of Tomorrow, uscito addirittura per la gloriosa Shark Records, e l’ultimo, Tearing Up The World).
Oggi il suo chitarrista Pål Olsen ha deciso di dare vita a un nuovo progetto, che musicalmente non si distanzia troppo da quello che lo ha preceduto, fornendoci di un power con orchestrazioni forse più vicino ad alcuni stilemi mitteleuropei che scandinavi (come spesso accade, per un motivo che non ho mai compreso a fondo, con le formazioni norvegesi). Nei dieci brani di questo Odyssey, quasi tutti già editi come singoli, Pål ci racconta la storia dell’ultimo uomo sopravvissuto all’annientamento della vita sulla Terra, che si lancia in un disperato viaggio nello spazio.
Dopo un attacco d’atmosfera, “Dawning Of Man” si rivela una canzone energica, ben interpretata dalla voce un po’ ruvida di Pål, in cui le tematiche sci-fi del disco cominciano a dispiegarsi. “Exodus” ha un respiro a tratti epico, mentre “God Of War” punta tutto su godibili accelerazioni. “Horizons Beyond” si lancia in qualche vaga contaminazione, anche grazie a un controcanto in growling; l’assolo più ispirato del disco, un vero pezzo da maestro potente e fluviale, si trova in “Sea Of Tranquillity”. È un peccato che la fine della scaletta non offra altro degno di nota, perché tutti gli ultimi brani si muovono sulle stesse coordinate, risultando abbastanza ripetitivi: si può segnalare la conclusiva “Into The Unknown”, con qualche apertura melodica significativa, ma non è forse sufficiente per alzare le quotazioni del disco, complice anche una produzione un po’ impastata.
Pål Olsen ha dunque voluto ricominciare, e questo è certamente un bene: la sua nuova creatura deve però ancora oliare bene gli ingranaggi dell’astronave per lanciarsi fra le stelle.