Visualizzazioni post:98
Techno Thrash Metal, come si faceva alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90. Dritti al punto i The Healing Process, non fanno sconti nella definizione della propria direzione artistica. Theme And Variations, secondo album del duo diviso dalla A7, a due anni dal debutto Locked Inside Yourself, mostra miglioramenti evidenti nella qualità sonora, ma sempre all’insegna del fai da te casalingo e di un investimento limitato.
Il disco esalta il genere di riferimento nel quale si identifica il gruppo. Se lecito, aggiungiamo che gli arrangiamenti per chitarra e basso sono in molti frangenti un tributo a quel filone – che tanto ha dato, ma ben poco raccolto, sia in diretta che negli anni successivi e fino ai giorni nostri – ma le partiture ritmiche non hanno la varietà e l’andazzo dissennato che ci si aspetta, a ragion veduta, da un gruppo che si presenta come tale, inquadrandosi in un andamento classico in 4/4 con qualche minima variazione dispari (e.g. l’incipit in 5/4 de “La Servitù”). Intendiamoci, fanno la loro parte egregiamente, ma senza allontanarsi dalle coordinate dell’accompagnamento canonico in salsa thrash.
Theme And Variations è un album omogeneo, corre su binari monodirezionali; nessuna velleità di comporre alcunché d’originale, solo tanta carica primigenia e qualche partitura/soluzione che viene riproposta fra i brani con qualche variazione sul tema, ad onorare la scelta del titolo.
“Introduzione” ed “Interludio” (di nome e di fatto) trasportano nel reame acustico (aleggiano echi di una certa foggia d’arpeggio, sovvengono i primi Testament), il resto corre veloce con qualche puntata su tempi medi, con rimandi a nomi quali Dark Angel, Viking, ma anche Forbidden e altri non facenti parte del gotha, come i grandi Cyclone Temple. Il minutaggio contenuto è, a parere di chi scrive, a sostegno di una migliore fruizione dell’album.
Una realtà che molto probabilmente rimarrà confinata in ambito prettamente amatoriale, rispecchiando in un certo modo la volontà dei creatori, anche a causa di una curiosa mescolanza fra inglese e italiano, commistione più marcata perché non si parla della solita singola canzone, ma di metà disco cantato in una lingua e metà nell’altra.
Per non sbagliare, HMW lo porta comunque alla vostra attenzione: appuntate ed ascoltate, non ci sono controindicazioni!