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Nuovo lavoro per gli olandesi God Dethroned che con il marchio della Reigning Phoenix Music pubblicano The Judas Paradox.
Questo dodicesimo album in studio prosegue le scelte stilistiche del precedente Illuminati (2020) sempre guidati dal fondatore, chitarrista e cantante, Henri Sattler ma con due nuovi membri in formazioni, ovvero il batterista Frank Schilperoort e il chitarrista Dave Meester.
L’alternarsi da seguire quindi è di un blackened death metal (“Rat Kingdom”) ad un black metal influenzato da death (“Asmodeus”). La differenza può apparire sottile ad un orecchio non attento , ma la storia dei God Dethroned insegna a non lasciarsi sfuggire le sfumature all’interno delle canzoni, Ecco perché la traccia di apertura che da anche il titolo a tutto il disco è la più particolare e ricercata, in cui la ricerca melodica si contrappone sapientemente ad un impianto più tipicamente estremo. Il cantare di Giuda Iscariota con voce in scream si contrappone al coro quasi ecclesiastico del ritornello, risultando in una litania estrema che si memorizza facilmente. Anche “Rat Kingdom”, già citata, parte con un riff melodico di chitarra, ma basta poco a rientrare sui binari estremi del death metal sporcato di black che gli olandesi ci hanno insegnato durante la loro discografia, blast beat alternati a tempi thrash con sferzate pesanti di chitarra e punte di assoli dissonanti di scuola Slayer. “The Hanged Man” si regge su un impianto di doppia cassa più imponente in cui spicca però una bella sezione solistica delle chitarre.
Si passa invece al tremolo picking più tipicamente black con “Asmodeus”, che porta con sé una ventata melodica decadente nell’invocazione al demone il cui nome dà il titolo alla canzone. Serve “Kashmir Princess” per rallentare leggermente i ritmi dare respiro alla sezione ritmica, tempo la durata di una canzone perché “Hubris Anorexia” riprende il blakened death metal degli inizi senza pietà per arrivare all’ottima “Hailing Death” in cui il death metal fa da padrone. Chiudono poi il lavoro “Broken Bloodlines” e “War Machines” dove troviamo la parte più violenta ed old school del death metal dei God Dethroned, in cui leggere ventate di armonie di chitarra lasciano respiro su brani altrimenti brutali nella totalità.
Un lavoro questo “The Judas Paradox” che forse non riuscirà ad accontentare i fan della prima ora dei God Dethroned, perché Henri Sattler non si è mai adagiato sugli allori e ha sempre cercato di estendere i confini della proposta della sua band (di cui è ultimo membro fondatore rimasto). Pur rimanendo nel contesto del metal estremo c’è tanta carne al fuoco e l’ottima produzione presenta una band ancora perfettamente in forma dopo 30 anni di attività.
Consigliatissimo.