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Non possiamo certo considerare i Veonity fra le stelle di prima grandezza del power metal, ma i nostri hanno comunque una carriera lunga e di tutto rispetto: The Final Element è addirittura il sesto disco in poco più di dieci anni di attività, e i nostri hanno composto almeno un album degno di nota, Legend Of The Starborn, del 2018, che garantisce loro un piccolo posto nel cuore di chi ama queste sonorità.
Devo dire però che The Final Element, i cui testi sono basati su un bel concept fra fantasy e sci-fi, mi sembra la loro prova più debole degli ultimi anni, e proverò ad argomentare perché.
Dopo la “Premonition” che fa da intro, che ho trovato molto alla Edguy di Vain Glory Opera, “Chains Of Tiranny” mescola le trame nervose dei Gamma Ray degli anni ’90 con un bel refrain luminoso, ancora debitore, mi sembra, della band che ha lanciato Tobias Sammet. “Horsemen Of The Dark” però finisce per inclinare verso sonorità alla Hammerfall che restano potenti, ma sono forse meno incisive. Il disco si dividerà così fra queste due tendenze: si torna al power più squillante con la trionfale “Carry on”, ma poi “Riders Of The Revolution” sembra uscita, nel suo incedere cadenzato e con il break per il sing-a-long, da Legacy Of Kings!
Su questa scia, “Warriors Code” è praticamente un plagio di “Heeding The Call”, ascoltate i due brani in successione e vi renderete conto che Oscar Dronjak potrebbe veramente chiedere i diritti… “Heart Of The Warrior” è più discreta, perché ‘cita’ chiaramente “Blood Of The Kings” dei Manowar, ma stavolta il gioco è scoperto, e peraltro il brano va su altri versanti, perché arriva a cori e ritmi alla Freedom Call; la conclusione è invece affidata alla titletrack, un brano veramente ben costruito, dotato di un ritornello stellare che non esiterete a far vostro.
Insomma, tirando le somme e giustificando il mio voto molto parco: i Veonity le capacità le hanno, però il loro sound risulta veramente derivativo persino per un genere che forse (ma spesso non è così, almeno nell’opinione di chi scrive!) non ha inventato nulla di nuovo… e la somiglianza del timbro di Isak Stenvall e quello di Joacim Cans aumenta l’impressione di una ‘figliolanza’ veramente diretta. Non basta un’ottima canzone, l’ultima della scaletta, per sostenere tutto un disco: The Final Element finirà per non uscire, purtroppo, dalle mani della ristretta (sempre più ristretta…) cerchia di fanatici del power.