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Gruppo che ormai non è erroneo definire storico, i Nasty Savage si originano nel lontano 1983 in Florida e dopo un po’ di gavetta debuttano nel 1985 con l’album omonimo, ormai divenuto un classico di speed-metal statunitense, grazie a un bagaglio musicale capace di citare Metallica, Mercyful Fate e Angel Witch. Ma la band è sempre ruotata intorno alla figura carismatica del corpulento cantante Nasty, vero animale da palcoscenico, noto per la sua insana mania di spaccarsi dei televisori in testa durante i concerti.
Dopo altri due album pubblicati negli anni ottanta, dei quali vale pena di ricordare Indulgence, probabilmente la prova più matura dei nostri, bisogna attendere sino al 2004 per una nuovo parto discografico e altri 20 anni per questo nuovo capitolo musicale. Qui il thrash prende il sopravvento rispetto al passato e l’assalto sonoro della title-track, che giunge dopo l’intro, ne è una prova lampante; i riff tritaossa (con qualche concessione al death-metal) del pezzo, fanno spazio anche a un certo livello tecnico, da sempre una delle peculiarità del gruppo. Dopo due buoni pezzi thrash, “Witches Sabbath” spezza un po’ il ritmo dell’album, grazie a sonorità vagamente horror e alla presenza di John Tardy degli Obituary alla voce e del fratello Donald alla batteria. “Schizoid Platform” è un discreto esempio di techno-thrash con improvvise accelerazioni e assoli ispirati da parte dei due chitarristi.
Risultano rimarchevoli anche la variegata “Aztec Elegance”, la veloce “Operation Annihilate” e la strumentale “The 6th Finger”, dall’elevato tasso tecnico. Decisamente un buon ritorno, supportato anche da una buona produzione a cura del veterano Jim Morris, che ci sentiamo di consigliare agli amanti del thrash più classico e tecnico.