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Attivi dal 2007 e provenienti dalla romantica Landsberg Am Lech, in Baviera, i Dust Bolt sono giunti al loro quinto disco con una nuova formazione: Lenny Bruce alla voce e chitarra, Nico Rayman alla batteria, Florian Dehn alla chitarra e l’ultimo arrivato, Tom Liebing, al basso.
Devo dire che i primi due lavori mi sono piaciuti parecchio con il loro thrash vecchia scuola e, anche se i successivi due li ho trovati molto inferiori, mi sono comunque avvicinato all’ascolto della loro ultima fatica, spinto dall’entusiasmo del ricordo del travolgente concerto visto a Budapest di supporto agli Havok. E… mmmh, il tutto si riassume in un « Pensavo molto meglio », anche se, attenzione, la sufficienza viene raggiunta.
L’album tutto sommato si fa ascoltare e la produzione della loro nuova etichetta, l’AFM, è più che buona. Ma la direzione che hanno intrapreso per questo album non convince appieno perché, a mio avviso, non sono riusciti ad intraprendere una direzione, in un disco di ben dodici canzoni e dalla durata di quarantacinque minuti.
Non sono contro le sperimentazioni o i cambiamenti di stile (e qui il cambiamento è palese). Solo che, se si vuole osare, si deve comunque cercare di dare un minimo di linee guida al proprio discorso, altrimenti si rischia di far sembrare il lavoro una raccolta di AA.VV. uscita in allegato ad una rivista mensile.
Metalcore, groove, alternative, thrash, heavy e rock ballad (sigh) e chi più ne ha più ne metta, tutto mischiato in un calderone alla ricerca dell’arruffianamento dei gusti del pubblico più giovane: partendo dalla copertina da boy band dura ed infuryata e finendo con un minestrone sonoro che rischia di risultare noioso, tanto che alla fine rimane ben poco in testa di quanto si è appena ascoltato.
L’album si apre con “Leave Nothing Behind”, un misto di parti aggressive e melodiche, e con “I Witness”, che insieme a “New Flames” e “Love & Reality” ci ricorda, purtroppo senza esagerare, che il thrash un tempo era il loro pane quotidiano.
“I Am The One”, “Burning Pieces” e “Sound And Fury” sono invece le più facili ed immediate, quelle che hanno maggior presa dal vivo, perfette da suonare in sequenza per scatenare pogo ed headbanging.
“Disco Nnection”, preceduta dall’introduttiva di “Bluedeep”, è la canzone che rende al meglio l’ idea della copertina: tutti di corsa in pista con i nuovi Dust Bolt ma, aggiungerei, senza spingere, perché non ce n’è assolutamente bisogno. Altrimenti si rischierebbe di cadere a terra e di sporcarsi i vestitini bianchi.
“Feel The Storm” ritorna alle sonorità del brano di apertura, mentre “You Make Me Feel (Nothing)” inizia con un pianoforte per poi alternare un groove deciso e rabbioso ad una melodia più morbida. Ma, per la serie non–ci–facciamo–mancare–nulla, chiudiamo con nientemeno che l’evitabilissima ballad “Little Stone”(ri-sigh).
La sensazione finale di questo Sound (un po’ confusionario) & (non troppo) Fury” è quella di guardare un normalissimo film al cinema, distraendosi ogni tanto per controllare il cellulare e che, alla comparsa dei titoli di coda ed accensione improvvisa delle luci, guardarsi intorno pensando « Ops, è finito? ».