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A volte ritornano.
O semplicemente compaiono.
Avernus è un nome di quelli che si è perso nel tempo. Un gruppo nato nei primi anni del decennio novantiano e che, di fatto, ha portato avanti la propria carriera ad un livello sempre piuttosto underground, in cui costanti cambi di formazione e un solo disco all’attivo, diversi demo e un solo EP nel 2003, ha visto i membri chiudere l’esperienza senza troppo successo nel 2009.
Come spesso accade, la fiammella dell’artista o dell’urgenza compositiva non si è mai estinta nei membri fondatori (McCoy e Yifrach) e, dopo diversi cambi e peripezie varie, nel 2012 riformano la compagine per qualche data. Poi silenzio discografico e di pubblicazioni (si legge che registrassero per distribuire soltanto ad amici e parenti) fino al 2024.
Questi lunghissimi anni di nulla hanno però portato il gruppo a comporre e proporci oggi (a settembre per essere precisi) questo Grievances, pubblicato per M-Theory Audio.
Copertina struggente (opera dal titolo “Anguish” del pittore August Friedrich Schenck) e che rappresenta già da sola il manifesto musicale dei nostri.
Un death doom, debitore dei grandi nomi del genere, ma con una fortissima connotazione e caratterizzazione personale, un evidente tocco a stelle e strisce e un notevole carico di male di vivere.
Pur non potendo considerare questo lavoro come il debutto, ritengo che, considerando la storia degli Avernus, questo possa tranquillamente considerarsi un nuovo inizio.
E che inizio!
Un’ora di musica ottima, dove troverete esattamente ciò che la copertina del libro vi anticipa : death doom melancolico, elaborato e struggente, melodico, intrigante e diretto, dove nemmeno la lunghezza apparentemente estrema di alcune tracce vi risulterà difficoltosa.
Pesante, nel senso buono del termine, dove sentirete echi di My Dying Bride e Paradise Lost, ma senza un richiamo vero e proprio. Perché la personalità di McCoy e soci esce prepotentemente, proprio dove la vita e la fiammella che tiene viva la voglia di mettere in musica il proprio vissuto fanno ardere questo disco, rendendolo vero e diretto, intenso e “piacevole”.
Ogni traccia troverà la via per inerpicarsi tra i vostri sentimenti e non uscire facilmente dalle vostre rotazioni, comprese anche le tracce di intermezzo, che riescono a integrarsi e a catturare l’attenzione, tra chitarre pesanti, melodie melliflue e delicate, growl gutturale, rallentamenti al limite del funeral. Insomma, dalla prima all’ultima nota, una gemma metal.
Sinceramente uno degli ascolti migliori di questo 2024, quantomeno in questo genere, soprattutto inaspettato.
Se vi piace il doom, non fatevelo scappare.