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Se proprio non vi viene in mente un nome per la vostra band, fate come Eric Alper, fondatore e leader dei Replacire, scrivete il vostro nome e cognome al contrario et voilà, nome del gruppo bell’ e che pronto.
Formatisi nel 2010 gli americani di Boston sono arrivati al loro terzo album. Non propriamente prolifici come produzione, dopo un eccezionale esordio con The Human Burden e un buon seguito con Do Not Deviate, con The Center That Cannot Hold hanno fatto un passo indietro.
Technical death metal è il loro genere e tecnicamente non ci sono imperfezioni. Ma questa benedetta “tecnica” è un po’ troppo fine a stessa, al punto che in certi momenti le canzoni diventano quasi ripetitive.
Il percorso dei Replacire per arrivare all’ uscita del disco, come suggerisce il titolo, non è stato facile. La formazione poco stabile e il problemino che si è presentato nel biennio 2020/2021 a livello mondiale ha dapprima bloccato e successivamente rallentato la fuoriuscita di questo lavoro.
I tre nuovi arrivati si dimostrano molto validi. Kee Poh Hock è un eccellente chitarrista e si integra molto bene con Eric mentre Joey Ferretti è un batterista incredibilmente veloce e preciso. Il cantante James Dorton ha una voce abbastanza versatile che unicamente nelle poche parti pulite non convince appieno. Nota di merito a Zak Baskin bassista veramente bravo ed unico elemento, oltre ad Alper, ad essere presente nel disco precedente.
La copertina si presenta molto…verde, senza infamia e senza lode. Sinceramente molto standard per il genere ma tant’è, un disco non si giudica dalla copertina, o meglio, non solo dalla copertina.
Venendo al disco si apre col botto. “Bloody Tongued And Screaming” e “The Center That Cannot Hold” sono un’ accoppiata perfetta per iniziare con la giusta dose di cattiveria e con ottimi tecnicismi strumentali. Bene anche “Living Hell” ma già con la seguente e con “The Helix Uneavels” si comincia a notare una certa ripetitività come già sopra accennato.
Buono l’esperimento melodico con “Drag Yourself Along The Earth” mentre in “The Ghost In The Mirror” e “Transfixed On The Work” si ripete il solito problema, ben suonate ma con il difetto che se ti distrai un attimo, per poterle distinguere una dall’ altra devi leggere il titolo che stai ascoltando nel display del lettore.
Le noti dolenti sono il riempitivo “Inglorious Impunity” e l’ insolita “Hoard The Trauma Like Wealth” che soffre delle parti pulite di James, non propriamente a suo agio, e che poco hanno a che fare con il resto della canzone.
Così come l’ apertura è col botto, la chiusura non è da meno, anzi. “Uncontrolled And Unfilled” è senza dubbio il pezzo migliore ed è come un ottimo dolce a fine pasto, se è buono ti fa dimenticare quello che non ti ha convinto delle portate precedenti. Ma siccome io sono un tipo da salato e non da dolce, non mi dimentico quanto ascoltato prima.
La sensazione finale è quella di aver passato quarantatre minuti in una camera asettica e fredda. Perfette le esecuzioni ma praticamente zero le emozioni.
I Replacire indubbiamente sanno suonare, usano molta testa nella composizione e nell’effettuazione dei brani, ma se la prossima volta riusciranno a buttare dentro anche una qualsiasi sensazione emotiva, il risultato sarà senz’altro più godibile.
In fondo in fondo anche il technical death metal ha un’anima.