NECRODEATH – Arimortis

Titolo: Arimortis
Autore: Necrodeath
Nazione: Italia
Genere: Thrash Black
Anno: 2025
Etichetta: Time To Kill Records

Formazione:

Flegias – Voce
GL – Basso
Peso – Batteria
Pier – Chitarra


Tracce:

01. Storytellers Of Lies
02. New God
03. Necrosadist
04. Arimortis
05. Near-Death Experience
06. Alien
07. No More Regrets
08. μετεμψύχωσις (Part two)
09. Hangover


Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 8.5/10
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“ARIMO!”
Ricordate?
Dalle mie parti lo si diceva facendo il segno del “time-out” con le mani durante le partite di calcio al campetto dell’oratorio.
Serviva per chiedere l’interruzione momentanea del gioco, vuoi per avere il tempo di riallacciarsi una scarpa, vuoi per controllare l’effettiva gravità di un taglio sanguinante sul ginocchio.
Il termine in questione deriverebbe proprio da Arimortis, vocabolo latino con cui si indicava la fine di una guerra, il momento in cui, per rendere onore ai caduti, venivano eretti degli altari in loro memoria “Arae mortis”, gli altari dei morti.
Con questa allegoria Flegias, autore di gran parte dei testi presenti sull’album, ambisce a voler suggellare un percorso durato quarant’anni, pieno di soddisfazioni, delusioni e rivincite. I brani che compongono l’album contengono infatti diversi riferimenti alla lunga carriera della band.
Stando alle recenti dichiarazioni Arimortis sarà l’ultimo album prodotto dai Necrodeath. Dalle parole di Peso trapela il desiderio di chiudere in bellezza il capitolo Necrodeath, da sempre il suo progetto principale, senza mostrare segni di cedimento sia a livello fisico (a gennaio 2025 il batterista spegnerà 60 candeline) che compositivo.
La lunga galoppata del gruppo ligure era iniziata infatti quarant’anni fa, il 5 febbraio del 1984 quando Peso (batteria) e Claudio (chitarra) assistono al leggendario concerto dei Venom supportati dai Metallica al Palatenda di Milano.
Chi quel giorno c’era ricorda ancora oggi con voce tremante d’emozione il freddo, la neve ed il gruppo di sbarbati americani venuti ad asfaltare il nord Italia piazzando il loro primo vessillo coloniale.
Da lì a poco l’impero globale dei “Quattro cavalieri” sarebbe sorto.
Sbalorditi ed infiammati da quell’esperienza i Nostri avvertono l’esigenza di emulare i propri idoli mettendo in musica rabbia ed aggressività plasmando brani velocissimi ed oscuri, spietati ma già trasudanti personalità.

Quest’ultimo nuovo lavoro si apre con “Storytellers Of Lies”, senza fronzoli, senza intro, una sberla in faccia che richiama tanto gli Slayer. Simpatico il video realizzato da un fan per il pezzo.
Già dalla prima rullata ecco che esce dalla mischia Peso, una carrellata sugli octobans a lanciare un avvincente ritornello, più cadenzato rispetto al resto della canzone, eccellente per coinvolgere il pubblico ad uno dei prossimi concerti.
Più avanti nel brano c’è spazio anche per un rallentamento di tempo, un John Deere che con catene d’acciaio ti trascina giù, nelle viscere magmatiche della Terra.
Un breve arpeggio di chitarra acustica apre con un’oscura atmosfera “New God”; un’alternanza continua di mid tempo e parti più serrate fa sfociare la composizione in un ritornello che pare invocare un nuovo Dio del progresso e della verità.
Astuta la scelta di riproporre il grande successo pubblicato originariamente sul capolavoro Into The Macabre (1987), nonché brano immancabile ad ogni concerto dal vivo: “Necrosadist”.
I suoni più moderni e definiti, il basso massiccio e la voce indemoniata di Flegias apportano nuova linfa alla composizione originale. Non si tratta certo quindi un superfluo riempitivo ma non nascondo che avrei personalmente preferito l’aggiunta di un inedito in più all’album al posto di questa riedizione.
Il brano che dà il titolo all’intero album “Arimortis”, si apre con un arioso arpeggio di chitarra acustica, al quale a poco a poco si aggiungono voci e melodie che sembrano provenire dal sottosuolo.
Sempre nell’introduzione della canzone viene anticipata quella che sarà la melodia portante del ritornello: “Proud without regrets now it’s time to say: ARIMORTIS!”.
Nei suoi soli tre minuti di durata “Near-Death Experience” include con successo tutti gli elementi dello stile dei Necrodeath contemporanei con in più l’aggiunta di terrificanti e claustrofobiche strofe cantate in italiano.
“Alien” e “No More Regrets” sono caratterizzate da tempi più rilassati, una dimensione in cui Peso può servirsi di tutto il proprio vocabolario musicale, mantenendo alta l’attenzione dell’ascoltatore.
I testi di entrambi i brani sembrano un incitamento al vivere secondo le proprie regole, dando poca importanza a quello che gli altri potrebbero pensare di alcune nostre scelte o comportamenti, ciò che conta è non tradire la propria essenza.
Sembra arrivare da lontano con un fade in devastante “Metempsycosis (Part two)”, ripresa del pezzo originario, presente su Fragments Of Insanity del 1989.
Quasi completamente strumentale, è un continuo susseguirsi di atmosfere differenti, un caleidoscopio di visioni perverse. Sette minuti e rotti che passano veloci tra arpeggi sulfurei, riff furiosi, melodie che portano a smarrire l’orientamento.
Come epilogo dell’album viene scelta “Hangover”; un’intera carriera, un’intera vita passata troppo velocemente. Tra emozioni forti, delusioni e vittorie, su e giù dai palchi, chiudi gli occhi e tutto sembra passato in un attimo, confuso. Come dopo una terribile sbronza.

Dopo l’uscita del disco seguirà un lungo tour d’addio che toccherà in modo capillare tutta la penisola e sicuramente uscirà dai confini italici con qualche data mirata nel vecchio continente per permettere a tutti i fan di dare un ultimo saluto alla grande band ligure.
Inutile nascondere un certo rammarico da parte dei fan dei Necrodeath per questa scelta risolutiva ma, ragionandoci in maniera razionale, non si può non concordare che sia meglio chiudere i battenti e concludere un’appagante carriera fatta di grandi soddisfazioni e riconoscimenti a livello internazionale piuttosto che cercare di ripetere sé stessi all’infinito, probabilmente con esiti non del tutto all’altezza di un passato davvero glorioso.
Onore ad una vera eccellenza italiana.

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