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La copertina parla chiaro: heavy metal classico e muscoloso.
Un guerriero con falce insanguinata e con una bestia, presumibilmente malefica, appena uccisa ai suoi piedi è il biglietto da visita dei Gauntlet Rule, band svedese formatasi nel 2019 e giunta con After The Kill al suo secondo album.
L’esordio, The Plague Court, nonostante fosse un buon lavoro, è passato relativamente in sordina ed il cambio di etichetta dalla Target Records alla spagnola Fighter Records è un tentativo da parte della band di fare quel salto che evidentemente la compagnia discografica danese non poteva/voleva/sapeva offrire. Dal punto di vista prettamente tecnico la scelta sembra azzeccata, infatti rispetto al primo lavoro, il mix e i suoni sono notevolmente migliorati.
L’impronta heavy power della musica dei Gauntlet Rule viene a sprazzi contaminata da momenti quasi thrash e doom dovuti al passato dei componenti originali.
I membri fondatori Rogga Johansson (Paganizer, Massacre) e Peter Svensson (Assassin’s Blade, Void Moon) con l’aiuto di Teddy Möller (Loch Vostok), cercano di creare uno stile e un sound distintivo mantenendo principalmente la rocciosità classica svedese e riversando al suo interno parte delle influenze delle loro millemila collaborazioni.
Il chitarrista Kjetil Lynghaug e il batterista Marcus Rosenkvist, ospiti nel primo disco dove Kjetil suonava in tutti i pezzi mentre Marcus era presente in un solo brano, diventano effettivi in questo secondo lavoro.
I temi trattati spaziano dall’horror alle guerre epiche fino al soprannaturale, arrivando a inserire molti di questi argomenti all’interno di una stessa canzone. Da segnalare anche la partecipazione nel penultimo brano che da il titolo al disco, “After The Kill”, della nostra sempre brava “White Sister” Federica De Boni (White Skull).
Ma procediamo con ordine. Inizio veramente devastante con colate di metallo fuso incandescente grazie all’uno-due di “Usurper” e “Exception To The Rule”, una doppietta azzeccata per aprire un album di questo genere, trasudante di classicità semplicemente fatta bene.
Con l’aggiunta, in veste di ospite speciale, della voce del cantante degli Assassin’s Blade (ex Exciter), Jacques Bélanger, un richiamo vagamente thrash caratterizza “Bite The Hand That Feels”, segnalata dal sottoscritto, e permettetemi l’omaggio ad una grandissimo giornalista sportivo scomparso da poco, con un “circoletto rosso nel mio personalissimo cartellino”.
Taglienti e maestose, “Vengeance” e “The Zero Crag” sono i pezzi veloci che scatenano un onesto headbanging che con “The Night Wind” raggiunge il suo apice interrotto solo dalle cadenzata “Drumhead Trial” e dalla più melodica “Empire Maker”. Chiude “The Scyte” con i suoi passaggi doom e con i suoi otto minuti, sinceramente troppi.
Metal tradizionale con ritmiche sostenute e ritornelli epici sono l’aria che si respira fin dalla prima nota con chitarre che ricordano molto gli anni novanta, e questo sia ben chiaro da subito, sono un valore aggiunto. Ottima l’intesa tra Rogga alla ritmica e Kjetil alla solista, così come tra Peter e Marcus che garantiscono un tappeto ritmico solido e granitico.
Vogliamo trovare il pelo nell’uovo? E troviamolo. Teddy alla voce, bene, ma non benissimo. Ha un timbro riconoscibile e questo è un pregio, ma l’estensione sembra piuttosto limitata e questo fattore da l’impressione di limitare anche il resto della band, rendendo meno epici alcuni momenti che un’ugola più potente avrebbe potuto valorizzare meglio.
I Gauntlet Rule meritano un ascolto da parte di tutti, d’altronde parliamo di heavy metal, ma è consigliato ai veterani di fiere battaglie, ovviamente sognate e immaginate ascoltandone la musica in sottofondo, a colpi di spada indossando degli elmi con le fessure strettissime.
Al termine dei quarantotto minuti la sensazione è sempre la solita e cioè che nel metal da “petto nudo muscoloso, arma lunga da taglio impugnata a braccio alto e capelli lunghi ondeggianti al vento” gli svedesi ci sappiano fare, anzi, ci sappiano veramente fare. Gauntlet Rule ben fatto, anzi, veramente ben fatto!