AVATARIUM – Between You, God, The Devil And The Dead

Titolo: Between You, God, The Devil And The Dead
Autore: Avatarium
Nazione: Svezia
Genere: Doom metal / Hard rock
Anno: 2025
Etichetta: AFM Records

Formazione:

Marcus Jidell – Chitarre
Jennie-Ann Smith – Voce
Mats Rydström – Basso
Andreas Johansson – Batteria e percussioni


Tracce:

01. Long Black Waves
02. I See You Better In The Dark
03. My Hair Is On Fire (But I’ll Take Your Hand)
04. Lovers Give A Kingdom To Each Other
05. Being With The Dead
06. Until Forever And Again
07. Notes From Underground (Strumentale)
08. Between You, God, The Devil And The Dead


Voto del redattore HMW: 9/10
Voto dei lettori: 9.0/10
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Uscito il 24 gennaio 2025, Between You, God, The Devil And The Dead è il sesto album della band di Stoccolma, prodotto ai DeepWell Sthlm & The Cave Drumstudio da Marcus Jidell. Siamo praticamente ad inizio anno ma sento che sarà difficile eguagliare questo disco durante l’anno del Giubileo Universale.

Confesso che non sono mai stato un appassionato di voci femminili in ambito metal, si contano forse sulle dita di una mano le formazioni che apprezzo con questa caratteristica. Questo album è l’eccezione che conferma la regola.

Penso che questo accada perché la voce di Jennie-Ann è semplicemente superlativa, viene da un altro pianeta. Cresciuta in una casa piena di dischi di Aretha Franklin, si è cimentata fin da giovane nel canto soul e jazz; ora con la sua voce riesce a tratteggiare la forma dei sentimenti. Sono abbastanza semplici da individuare le influenze musicali che hanno portato a questo prodotto; il lato più oscuro deriva direttamente dai Black Sabbath e, più che dei Candlemass, direi che la musica degli Avatarium ha subìto l’ascendente di un altro progetto (forse ora abbandonato) del geniale Leif Edling, i Krux. Sono/erano infatti questi ultimi ad incorporare nel proprio sound un utilizzo più esteso delle tastiere. Le vibrazioni “anni ‘70”, che sono parte sostanziale dell’originale amalgama sonora, sono riprese in massima parte dai Deep Purple, dai Rainbow di R.J. Dio e dai Blue Öyster Cult. Il suono nel complesso è ricercato ed avvolgente; la batteria è acustica e profonda, il basso è presente e morbido nella sua sinuosità, le chitarre elettriche non hanno distorsioni molto spinte, spesso viene utilizzato un crunch che permette di imprimere ampie dinamiche ad ogni singola nota suonata. “La mano”, il gusto e la capacità tecnico/compositiva di Jidell sono mantenuti in questo modo in primissimo piano. Esempio inconfutabile di suddette capacità è la magnifica strumentale “Notes From Underground” che, un po’ come l’omonima opera di Fëdor Dostoevskij, sembra essere suddivisa in due parti principali.

Nella prima sezione, a seguito di un intro di percussioni il brano si apre con melodie portanti create con scale arabe. Presto l’attenzione viene catturata dai veloci e curatissimi assoli di chitarra fino a circa metà brano dove l’atmosfera cambia drasticamente fino a far emergere la vena più Doom della band. Da manuale qui gli accordi, stoppati e distorti suonati “in dietro” sul tempo, come a voler sottolineare la gravità e la pesantezza del momento. La trama sonora è oscura, pesante e strutturalmente poetica ma in continua ricerca di territori inesplorati. A partire dai primi lavori infatti, risalenti al 2013, nei quali era preminente l’influsso creativo del maestro Leif Edling, ci si accorge album dopo album che gli Avatarium sono alla ricerca della propria personalissima strada. Un percorso fatto di deviazione psichedeliche, delicate finestre al limite del pop, sognanti testi intorno al mito classico, abissali ritorni al Doom più tradizionale per giungere finalmente alla “quadratura del cerchio”, rappresentata da questo Between You, God, The Devil And The Dead.

Atipico ed originale per un disco metal è anche la scelta di comporre gran parte dei riff e delle musiche a partire da idee avute al pianoforte.

“My Hair Is on Fire (But I’ll Take Your Hand)”, “Lovers Give A Kingdom To Each Other” e “Until Forever And Again” sono limpidi esempi di tale modo di approcciarsi alla scrittura.
La copertina, creata dal noto illustratore e graphic designer svedese Erik Rovanperä, riporta, su di un notturno sfondo indaco, un’argentea composizione che potrebbe fare da frontespizio ad un’opera di E.A. Poe.

La sola argentea luce della luna rivela uno scheletro al pianoforte, accompagnato da un corvo e da un calice. Coerente, minimale, suggestiva.

È per stessa ammissione della cantante Jennie-Ann che, in una recente intervista, sorridendo confessa che, se non fosse stata fissata una dead line, con tutta probabilità lei ed il marito Marcus Jidell, avrebbero proseguito all’infinito nell’aggiungere particolari alle canzoni e l’album non sarebbe mai stato pubblicato.

Alla stregua di un farmaco oppiaceo, questo disco provoca un’infida dipendenza; stimola la curiosità di ricercare, ascolto dopo ascolto, tra i vari “strati” musicali che compongono i brani, sensazioni sempre nuove.

Non esagero nell’affermare che ascoltando questo album ci si sente attratti dal credere nell’illusione che Amore possa vincere la morte.

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