IN DAKHMA – He Who Sows The Ground

Titolo: He Who Sows The Gound
Autore: In Dakhma
Nazione: Croazia
Genere: Death metal
Anno: 2024
Etichetta: TOWER OF SILENCE RECORDS

Formazione:

Matko Podobnik – batteria

Vedran Nor – voce, chitarra, basso

 

Ospiti:

Tomislav Ferenc – chitarra solista (“Sentinel Hill”)
Darjan Fiolić – chitarra solista (“In Dogma”), voce (“Sentinel Hill”) e mandolino (“Ellipsis”)


Tracce:

01 – Ona Kraljuje Sama
02 – Sacrum
03 – In Dogma
04 – Nothing But Filth
05 – Sentinel Hills
06 – Aeshma
07 – Black Mat
08 – Siblicide
09 – Lies Beneath The Golden Ruins
10 – Ellipsis
11 – Tower Of Silence


Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 7.0/10
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La “Torre Del Silenzio”, in persiano Dakhma, è una struttura tipica dello zoroastrismo. Consiste in un’impalcatura di legno e argilla di forma circolare e di altezza variabile che può raggiungere i cinquanta metri di altezza e che sostiene una piattaforma esterna. La sua funzione è quella di esporre i cadaveri in decomposizione agli agenti atmosferici per la scarnificazione degli stessi da parte di volatili di vario genere, principalmente rapaci.

Ed ecco che prende forma la copertina dell’album degli In Dakhma, ad opera di Vanja Perkovic, con la raffigurazione di un avvoltoio, di un essere umano e delle sue impronte insanguinate.

Formatisi nel 2022 ed originari di Zagabria, il duo croato esordisce con He Who Sows The Gound a novembre del 2024. Come il nome della band, anche il titolo del disco è un riferimento alla religione zoroastriana.

Vedran e Matko hanno dichiarato che per nominare l’album si sono ispirati all’antico detto “Colui se semina la terra con cura e dovizia acquisirà maggior merito religioso di quanto potrà ottenere recitando diecimila preghiere”, che si può riassumere nel classico “Fatti e non parole”.

Grandi sostenitori del death metal, all’inizio delle stesura dei brani la loro intenzione era quella di realizzare canzoni sullo stile di Entombed e Bloodbath, ma durante la lavorazione le loro influenze hanno fatto deviare il disegno originale verso contaminazioni doom, sludge, thrash, grind, hardcore e perfino black. Mantenendo però sempre l’impronta death come obiettivo di base.

I testi, tutti di Matko, esplorano gli aspetti diversi della loro cultura ed indagano sul significato e sui concetti della vita e della morte. Sono scritti tutti in inglese tranne la prima, “Ona Kraljuje Sama”, che è l’adattamento di un componimento del noto poeta croato Antun Branko Simic, Smrt i ja.

Il primo pezzo spiazza subito l’ascoltatore mischiando death e thrash per ottenere un miscuglio omogeneo e violento, che continua con “Sacrum” sugli stessi binari. Domandandosi cosa succederà dopo, ecco che arriva “In Dogma”, death con cori hardcore, a cui segue la rallentata “Nothing But Filth”, così, per confondere piacevolmente le idee.

L’inizio di “Sentinel Hill” ci immerge nel doom tanto da pensare se siano sempre loro a suonare, infatti abbiamo come ospiti Darjan Fiolic alla voce (e già chitarra in “In Dogma”) e Tomislav Ferenc alla chitarra solista. Ma la mazzata arriva subito dopo con “Aeshma” dove, stranamente, hanno deciso di fare un pezzo solo death.

La seconda parte si apre con il minuto e poco più di “Black Mat” e con “Siblicide”, pezzo migliore insieme all’ultima, a metà tra death e black, totalmente coinvolgente e discretamente inquietante. “Lies Beneath The Golden Ruins” e “Ellipsis” si possono considerare i pezzi più deboli, dove addirittura nella seconda è presente il già citato Fiolic niente meno che al mandolino! Una sorta di preparazione all’ottima “Tower Of Silence” (nome anche dell’etichetta di loro proprietà) che chiude degnamente un album dalle tante sfaccettature.

Non di facile assimilazione e da valutare solo dopo diversi ascolti, si può dire che questo non sia assolutamente un album banale. Certo migliorabile sotto alcuni aspetti, ma bisogna anche considerare che siamo agli esordi.

Gli In Dakhma non giocano facile ed hanno scelto una via pericolosa che potrà portarli a meritate (secondo me) soddisfazioni come a feroci critiche.

Il fatto di arrivare dai Balcani, di essere in due e di non aver avuto paura di rischiare me li fa risultare quasi “eroici”.

Così si fa, fatti e non parole!

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