DYING GROTESQUE – Celestial

Titolo: Celestial
Autore: Dying Grotesque
Nazione: Ucraina
Genere: Death metal
Anno: 2024
Etichetta: Archivist Records

Formazione:

Vadym “Silvan” Tsymbaliuk – voce, chitarra
Volodymyr “Liquidator” Degtyarenko – basso, chitarra
Andriy “Nordwind” Butok – batteria

 

Ospite : Oleksander Kharechko


Tracce:
  1. Nuclear Meadows
  2. Satellites
  3. Burial Fields
  4. Purification
  5. Point of View
  6. Pneuma
  7. Lilith
  8. Mortality

Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 7.7/10
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Celestial è un album che ricorda la Svezia. E non solo.

Sa di scandinavo ed in parte americano. Suona svedese ed in parte olandese. Ed è realizzato da una band ucraina.

I Dying Grotesque provengono da Kiev e il disco è stato concepito, inciso e prodotto nel biennio che va dal 2022 al 2024, dopo l’uscita del loro primo lavoro Sunflower Tide e dell’EP Before The Imminence. È stato mixato e masterizzato presso gli Intermodulation Studio siti nella regione della capitale ucraina dal leader Vadym “Silvan” Tsymbaliuk, creatore anche della relativa copertina.

Solo per il fatto di aver voglia e spirito di incidere musica in quelle zone credo che, come minimo, questo gruppo meriti rispetto e attenzione. Quindi, a prescindere dall’ascolto, ho deciso di dare mezzo voto in più a questi ragazzi. Poi, ovviamente, possono piacere o no. A me sì.

Per apprezzare appieno Celestial devi essere un estimatore, un grande estimatore, dello swedeath e del death metal old school. Perché, come dichiarato dai Dying Grotesque, è quella lo loro ispirazione musicale. Ispirazione nata dopo aver consumato, a furia di ascolti, i cd di gruppi come Dismember, Entombed, Suffocation, Gorefest e compagnia growlante.

Per quanto riguarda i testi si affidano a storie e riflessioni sulla morte, sull’oscurità e ai racconti di mitologia slava. Sempre e comunque con toni drammatici e sanguinolenti.

La storia dietro Celestial descrive l’assurdità della violenza e la triste inutilità dell’esistenza umana. La quale risulta del tutto insignificante rispetto all’oscurità infinita del vuoto cosmico e di tutti i misteri da scoprire che esso nasconde. E va beh.

Prima dell’album sono stati rilasciati due singoli. Il primo è la traccia d’apertura “Nuclear Meadows” descritto dalla band come “un inno e monito al progresso scientifico che potrebbe portare alla distruzione del mondo e dell’umanità”.

Il secondo singolo è “Pneuma”, e no, non è una cover di quella ben più famosa. Parla del concetto di “spiritus vitales” perduto, un’essenza vitale che pervade l’organismo umano. Ma che in mancanza di comprensione e in stato di incapacità di sentirne il “soffio vitale” porta all’inesorabile declino della razza umana.

Entrambe hanno testi non banali. Musicalmente hanno una brutalità, velocità e intensità che rappresentano lo stile seguito ed eseguito dal gruppo in maniera efficacemente coinvolgente.

In linea di massima le tetre atmosfere sono accompagnate da ritmi abbastanza elaborati anche se non troppo variegati. Comunque sono realizzati molto bene dal trio ucraino che in studio è supportato dal musicista Oleksander Kharechko.

L’energia sprigionata dalla band è davvero buona. Oltre ai due singoli segnalo “Purification” e “Lilith”. Il growl di Vadym, membro fondatore del gruppo che agli esordi era addirittura un one-man project, insieme agli ottimi riff di chitarra che definirei massicci e inc… avolati (citazione per chi ha fatto la naja) incutono il giusto senso di disagio e rabbia. Emozioni che il gruppo si pone come obiettivo da far provare all’ascoltatore.

La sensazione generale è che lo standard complessivo si mantenga sufficientemente costante per tutta la durata del disco. È importante il fatto che non si avvertano particolari momenti di cedimento.

Se riusciranno a distaccarsi, anche solo parzialmente, dalle influenze scandinave il risultato finale sarà sicuramente ancora più interessante. Magari iniziando a seguire un percorso leggermente più originale. E magari provando ad osare ed a mettere all’interno delle strutture delle canzoni le loro idee. Sicuramente ne hanno in testa, ma ad oggi si sentono solo timidamente in qualche raro passaggio.

È death metal, non si grida al miracolo, ma è un disco godibile con pregi e difetti. E con tutto il cuore spero che in futuro, parola in questa situazione non ovvia e banale, abbiano sempre lo stesso entusiasmo. Abbiano la stessa voglia.

E soprattutto siano in grado di continuare a fare musica, a resistere.

Già, a resistere.

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