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Quando ho finito di ascoltare The River Above degli americani Druparia, mi sono posto una domanda: ma come è possibile?
Come sia possibile che non abbiano ancora un’etichetta che li produca e rappresenti, questo è inspiegabile.
Questo è un album melodic death metal scritto ed eseguito in maniera eccelsa. Sinceramente mi spiacerebbe dovesse passare inosservato per mancanza di una giusta e adeguata spinta che sicuramente meriterebbe. Ad oggi le uscite e i gruppi nuovi sono innumerevoli come innumerevoli sono le uscite ed i gruppi, ad essere gentili, insufficienti. Quindi, e qui cerco di fare l’agente per la band, care le mie case di produzione, date un occhio, un orecchio e una mano a questo gruppo.
Originari di Cleveland, una delle città meno avvincenti degli Stati Uniti, il gruppo si forma nel 2018 e dopo un demo del 2020 dal titolo Alfheim, a fine dicembre del 2024 decidono di autoprodurre il loro esordio.
Il nome Druparia è un sinonimo del nome botanico della pianta del prugnolo e per mezzo delle bacchette di questa pianta si diceva che le streghe maledissero le persone. E sebbene il pruno fosse circondato da un’aura di buio, oscurità e negatività, in realtà esso era una pianta considerata protettiva. Tutto questo “spiegone” misto di botanica e occultismo per dire semplicemente che i testi della band ruotano intorno a misticismo e mitologia. Il tutto, ovviamente, mischiato a, come ogni melodic death metal band che si rispetti deve fare, una spruzzata di tristezza e malinconia. Emozioni sapientemente raffigurate nella bella copertina di Mark Erskine.
La prima traccia, “Voiceless Regrets”, è un diretto in faccia con un ritornello che mette subito in chiaro quali siano le intenzioni del gruppo, brutalità e melodia fuse perfettamente insieme.
“Under The Shade Of Sand” e “Bereavement” esaltano le qualità tecniche ed atletiche di Noah Van Dyke (chissà perché quando leggo questo nome mi viene in mente uno spazza, spazzacamin…) preciso e furioso nel suo stile frenetico. Come precise, ma in questo caso melodiose, sono le chitarre di Tyler Clark e Josh Gatka in “Kintsugi”. Assoli, rallentamenti e accelerazioni ben congegnate che dividono il pezzo in tre parti distinte e coinvolgenti.
Ma arriviamo a quella che si può considerare la migliore, “In Repose, Descend” con lo scream e il growl di David Moran che si alternano continuamente e vengono interrotte solo dal pezzo di pianoforte e violoncello finale che ti lascia giusto un minuto di tempo per rifiatare. Per ripartire subito dopo con l’intro di “Sever The Roots”, che inizia lenta come la fine della precedente, ma poi riprende il solito ritmo forsennato e asfissiante.
E che dire delle due facce della stessa Druparia (forse non si dice così…) di “Of Firmament … And The Renewal”. L’armoniosa introduzione strumentale è seguita dal sottofondo del coro di David in modalità pulito e scream insieme. Mentre “Bled Of Comfort” è una sconcertante violenza sfacciata che si dimentica quasi della parte “melodic”.
Infine “When Cranes Return” è il giusto preludio alla fantastica chiusura con la cover di “The Violet Hour”, pezzo strumentale del duo folk/country americano The Civil Wars. Ovviamente rivisitata a modo loro. Un pezzo strumentale che esalta le qualità del basso di Kyle Lash-Taylor e mette la parola fine alle fatiche dei cinque ragazzi americani.
Originariamente non volevo fare una recensione pezzo per pezzo, ma più andavo avanti con gli ascolti e più le mille sfaccettature meritavano di essere, in parte perché le altre le scoprirete da soli ascoltando l’album, riportate alla vostra attenzione.
Nel caso non si fosse ancora capito, sono un forte sostenitore dell’underground. Ma, ad onor del vero, per ogni buona uscita di gruppi nuovi e sconosciuti, ce ne sono almeno venti (ad esser generoso) che ti fanno passare la voglia di ascoltare qualsiasi forma di musica conosciuta sul pianeta Terra.
I Druparia hanno fatto un disco bello, interessante, ma soprattutto emozionante. Alla fine del loro ascolto mi hanno fatto pensare: “allora, forse, per la musica, per questa musica, c’è ancora speranza”.