DOOMRAISER – Cold Grave Marble

Titolo: Cold Grave Marble
Autore: Doomraiser
Nazione: Italia
Genere: Doom Metal
Anno: 2024
Etichetta: Time To Kill Records

Formazione:

Andrea “BJ” Caminiti – Basso
Giuseppe “El Grigio” Nantini – Chitarra
Nicola “Cynar” Rossi – Voce e Tastiere
Daniele “Pinna” Amatori – Batteria
Marco Montagna – Chitarra


Tracce:

01. Dark Omens
02. Last Christmas I Gave You My Death
03. Once Upon The Fireflies
04. Profondo Nero/Life In Black
05. Cold Grave Marble (Winter Moon)
06. Without A Shadow
07. The Great Void
08. Filthy Shades Of Death
09. Continuum Pt. 2&3 (Ultima Luce)
10. Buio


Voto del redattore HMW: 7,5/10
Voto dei lettori: 8.0/10
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Fondati circa vent’anni fa, i romani Doomraiser hanno inciso fino ad oggi sei album in studio ed altrettanti demo, split e 7 pollici.

Il digipack che ho tra le mani contiene l’ultimo disco della band, registrato e mixato ai Green Mountain studio di Roma e si intitola Cold Grave Marble, in uscita per l’etichetta italiana Time To Kill Records nell’ottobre del 2024.
Il colore predominante della copertina e dell’intero artwork è, insolitamente per il genere, il bianco.
Bianco come il marmo cimiteriale, bianco come lo sfolgorio della luce che attende in fondo al tunnel il morente, bianco come il colore del lutto e della morte in svariati paesi d’Oriente.
Dalle prime note di “Dark Omens”, si viene colpiti dalle frequenze bassissime degli strumenti, accordati almeno due toni sotto lo standard, che fanno presagire di essere all’inizio di un angosciante viaggio in un’oscura dimensione.

Già dalla seconda strofa viene alla luce quella che sarà una caratteristica che accompagnerà l’intero lavoro: la compresenza di un paio di linee vocali armonizzate tra loro.
Questo espediente è indice di una ricerca più profonda riguardo la melodia, soprattutto a livello vocale, rispetto ai dischi precedenti della band.

Nicola ha infatti cercato, in quest’ultimo album, di allontanarsi da quelli che erano i caratteri tradizionali dell’utilizzo della sua voce, tentando di produrre atmosfere nuove, sperimentando un intreccio vocale tra più linee differenti e creando una melodia che fosse trasversale, utilizzando le armoniche.
Il risultato è più che convincente, le melodie incupiscono ulteriormente l’ambiente donando un effetto solenne e straniante allo stesso tempo.
Con la seconda traccia, “Last Christmas I Gave You My Death”, viene palesato quello che sarà il tema principe di tutto l’album, l’inesorabile scorrere del tempo e l’inevitabile decadenza del corpo.
Pur non trattandosi di un concept album a tutti gli effetti, sotto il profilo narrativo c’è un filo conduttore che lega tutti i brani, la personale rielaborazione da parte di Nicola della perdita di suo padre, avvenuta proprio la notte di Natale del 2022.
Il cantante ha sentito qui la necessità di esorcizzare l’evento stesso con le armi dell’ironia e del sarcasmo confrontandosi con le domande che da sempre l’uomo si pone e che mai probabilmente troveranno risposta.
Nel tentativo di alleggerire un peso nuovo ed incomprensibile viene fatto emergere tra le parole dei testi anche un caratteristico humor nero molto vicino a quello che, a suo tempo, distingueva band come i Type O Negative.
Azzeccato e spacca collo il cambio di tempo nel finale del brano che porta poi ad una coda fatta con i sonagli delle renne di Santa Claus.
Nella successiva “Once Upon The Fireflies”, brano dall’arioso ritornello, emerge il tema della gioventù diluita nel tempo e persa per sempre.
La quarta traccia “Profondo Nero/Life In Black”, tradizionale doom metal dalla notevole possenza, viene impreziosita nel ritornello dalle urla dell’ospite n°1, il subito riconoscibile e dannato Flegias dei Necrodeath.

Ospite n°2, niente meno che James Murphy (ex membro, chitarrista di Death, Obituary, Testament giusto per citare i nomi più altisonanti) che si produce in un solo di chitarra, di certo ottimamente eseguito, ma che non aggiunge granché al pezzo, già buono di suo.
Brano dopo brano, il disco dimostra tutto il proprio valore non perdendo un grammo di intensità emotiva ed anzi, lascia venire a galla altre fondamentali influenze, magari inconsce al momento della scrittura ma strutturanti il sound dei Doomraiser.
Deciso, in questo senso, l’ascendente dei Cathedral di Gaz Jennings e Lee Dorrian nella sesta traccia “Without A Shadow”.
È affascinante constatare come lo stile di band ascoltate durante l’adolescenza riemerga in età adulta, alla stregua di un fiume carsico, rielaborato dal tempo e dall’esperienza.
Come se le sensazioni provate al primo ascolto di gruppi che abbiamo amato in passato restino nel nostro sangue e lì vi scorrano, latenti e sottotraccia, per il resto della nostra vita.
Muovendosi verso la fine dell’album i brani perdono forse in pesantezza ma acquistano, anche grazie a gelidi e sospesi arpeggi di chitarra, tonanti supporti a base di organo e spettrali melodie di pianoforte, un’atmosfera profondamente sinistra.

Concluso l’ultimo brano, il CD continua a girare, c’è spazio per una beffa finale in faccia alla Signora in copertina.
Piacevole conferma per una band di spicco nel panorama metal nazionale ed europeo.
Disco da avere per fan di Type o Negative, Solitude Aeturnus e Cathedral.

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