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Gli Open Kasket suonano beatdown death metal, vengono da Little Rock in Arkansas, si sono formati nel 2022 e Trials Of Failure, uscito il 7 febbraio 2025, è il loro album di debutto. Presentazione cruda e diretta, come cruda e diretta è la loro musica.
Un debutto che, ci tengo e ci tengono a sottolineare loro stessi, verrà distribuito in digitale e in forma fisica solo in… musicassetta. Poetici.
Con questa premessa non potevo farmeli scappare. E ho fatto bene, perché ‘sti americani hanno fatto veramente un lavoro ben riuscito.
Ho dovuto ascoltarlo parecchie volte prima di giudicarlo, perché ammetto non sia di facile presa. Richiami hardcore mischiati a tanto altro per una durata di mezz’ora mi hanno però convinto che la proposta sia veramente buona.
Pur non essendo una band propriamente death, hanno dei passaggi e dei richiami da far impallidire band specializzate nel genere. Crudeli, selvaggi, con testi autoironici e critici verso sé stessi, gli Open Kasket hanno le carte in regola per poter iniziare a farsi un importante seguito di fedeli.
Le tre collaborazioni presenti nell’album arricchiscono la proposta già di per sé ricca di suo. Le due chitarre poi, sono una scelta azzeccatissima. Riempiono e completano il suono della band in maniera compatta e “assordano” con il loro silenzio nei momenti ripetuti di stacco e smorzate.
Momenti pericolosi perché durante l’ascolto in casa o in macchina ti obbligano a fare un headbanging rabbioso inarcando al massimo la schiena e abbassando poi violentemente la testa fino alle ginocchia, nonostante qualsiasi altra cosa tu stia facendo in quel preciso momento.
Se dal vivo riusciranno a riproporre la stessa intensità e lo stesso muro sonoro, la devastazione sarà garantita.
La band inizia con un preludio lento e pesantissimo da subito con “Ersatz (Sine Die)”, per poi diventare un rullo compressore con la successiva “No Value” e mantenere questo ritmo praticamente fino alla fine.
La prima collaborazione è sul terzo pezzo “Internal Threat”, da cui il singolo, e qui lo scapocciamento inizia a farsi veramente pesante.
La voce gutturale di Fox, la forza dei riff di chitarra e gli intermezzi di basso e batteria appesantiscono l’atmosfera generale di “Should” e “Putrid Existence” , i due pezzi dove una spietata autocritica si manifesta maggiormente nei testi.
La collaborazione in “Chemical Death” porta i suoi frutti. La canzone è la migliore e la più rappresentativa con il suo andamento teso, straziante, veloce e brutale. Gran bel pezzo.
“Ripped Up” con i suoi nitriti di chitarra e il suo finale lento e “ambient” annuncia che l’album è giunto al termine. Finalmente posso far riposare il mio collo ormai incriccato.
È un disco, o meglio una cassetta, che avrà sicuramente più presa sui giovani, ma se qualche vegliardo senza pregiudizi avrà una mezz’ora di tempo libero da dedicare, mi dia retta, gliela dedichi. D’altronde sono solo trenta minuti.
Non seguo questo genere, ma il fatto di alternare rigorosamente le scelte dei miei ascolti musicali tra vecchie glorie (scelta di cuore e nostalgia) e nuovi arrivi (chissà se si usa dire ancora “per stare al passo con i tempi”), mi fa scoprire queste realtà che, senza la giusta curiosità e senza la chiusura mentale da vecchio ottuso, impreziosiscono la mia limitatissima cultura metallica. Nuovo non vuol dire necessariamente sempre bello, ma nemmeno sempre brutto!
Trials Of Failure degli Open Kasket si può riassumere con questa citazione: “Niente prigionieri! Nessuna Pietà! Un inizio memorabile!”.