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La Spagna è thrash metal. La quantità e qualità di album e gruppi provenienti dalla penisola iberica che tiene alta la bandiera di questo genere musicale è veramente notevole. Si può considerare tranquillamente, insieme alla Germania, il fulcro del thrash europeo.
Ma se i teutonici sopravvivono grazie alle vecchie glorie, gli spagnoli hanno nuove leve che possono ambire a raggiungere il primato in solitaria entro breve tempo.
Dopo Angelus Apatrida, Crisix, Holycide, Reaktion e Injector, solo per citarne alcuni, ecco affacciarsi con la giusta dose di sfacciataggine i Terminal Violence. Queste sonorità, che inevitabilmente non presentano grandi novità o contaminazioni, hanno quel sapore retrò che alla fine ritorna e fa sempre presa sul pubblico.
Altrimenti non mi spiego questo continua presenza di musica thrash sul mercato discografico.
I richiami alla guerra sono evidenti dalle loro copertine. E, in questo caso specifico, vediamo la mascotte in versione rocker aiutare e proteggere dai missili in arrivo un’orda di metallari intenti ad effettuare un circle pit attorno ad un’auto della polizia. Molto Megadeth e Nuclear Assault. Molto anni ottanta. Ma mi piace.
Se si osserva bene la scena, si possono trovare i cinque componenti del gruppo ritratti tra la folla “festante”.
Il titolo con la prima metà della parola… molto Anthrax, molto anni ottanta, ma mi piace anche questo.
Ed infine i testi non possono che riguardare guerra nucleare, società, politica corrotta, zombie (?) e via discorrendo. Va bene così.
Un fattore divisivo nel giudizio del pubblico sarà sicuramente la voce di Tolo. Il suo timbro acuto farà sicuramente storcere il naso a più di qualcuno. Io l’ho trovato integrato bene alla musica e dà quel tocco di personalità e distinzione alla band.
Gli assoli di chitarra non sono molti e questo è un punto a favore. Questa struttura esalta il lavoro di “squadra” e la ricerca e il mantenimento di riff non troppo elaborati e tecnici rendono i trentacinque minuti del disco un piacevole spaccamento di ossa (non di altro, e dai, non pensate subito male).
Sugli scudi sicuramente “Sound The Alarm”. È così che vorrei che iniziassero gli album thrash metal ed è cosi che vorrei che iniziassero i concerti di questo genere. Una sberla in faccia per prepararti alla “festa”.
Bella la sezione di breakdown in “Seeds” e la, diciamo, polemica “F**k The System” (chissà contro chi ce l’avranno…). “Pedal To The Metal” ricorda un altro gruppo newyorchese già citato a metà recensione, sempre però con quel tocco di violenza terminale che contraddistingue il suono dei catalani.
Due brani sono stati rielaborati (e migliorati) dai lavori precedenti e inseriti nell’album. “Slaves To the Greed” era uscito come singolo a inizio 2024 e “Zombie Mosher” era già presente nell’EP Warhole del 2023.
Pezzo inevitabilmente destinato a diventare il loro cavallo di battaglia e brano di chiusura di ogni live.
Questo neo thrash spagnolo mi convince. Alternanza continua di ritmi, velocità e pesantezza, cori in ogni brano e melodia quando serve. Direi che ci siamo, la formula è giusta.
Rimanere stupiti da un album che ripropone un genere musicale nato quarant’anni fa è una bella sensazione. Fortunatamente ci sono band giovani che ci credono ancora, ci credono tanto e non si piegano alle “logiche” di mercato. Ma perseverano nel loro credo ottenendo alla fine ottimi risultati.
E questo album è indubbiamente uno di quelli. Un ottimo risultato.
I Terminal Violence me li vado a riascoltare. E come direbbe il geometra Calboni: “Con mucho gusto”.