TERMINAL VIOLENCE – Moshocalypse

Titolo: Moshocalypse
Autore: Terminal Violence
Nazione: Spagna
Genere: Thrash metal
Anno: 2024
Etichetta: indipendente

Formazione:

Miguel – basso
Hector – batteria
Tolo – voce
Edgar – chitarra
Pal – chitarra


Tracce:
  1. Sound The Alarm
  2. Instinct Suppressor
  3. F**k The System
  4. All Hail Zyon
  5. One Step To The front
  6. Smart Is The New Dumb
  7. Seeds
  8. Slaves Of Greed (Rerecorded)
  9. Pedal To The Metal
  10. Zombie Mosher (Rerecorded)

Voto del redattore HMW: 7.5/10
Voto dei lettori: 7.0/10
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La Spagna è thrash metal. La quantità e qualità di album e gruppi provenienti dalla penisola iberica che tiene alta la bandiera di questo genere musicale è veramente notevole. Si può considerare tranquillamente, insieme alla Germania,  il fulcro del thrash europeo.

Ma se i teutonici sopravvivono grazie alle vecchie glorie, gli spagnoli hanno nuove leve che possono ambire a raggiungere il primato in solitaria entro breve tempo.

Dopo Angelus Apatrida, Crisix, Holycide, Reaktion e Injector, solo per citarne alcuni, ecco affacciarsi con la giusta dose di sfacciataggine i Terminal Violence. Queste sonorità, che inevitabilmente non presentano grandi novità o contaminazioni, hanno quel sapore retrò che alla fine ritorna e fa sempre presa sul pubblico.

Altrimenti non mi spiego questo continua presenza di musica thrash sul mercato discografico.

I richiami alla guerra sono evidenti dalle loro copertine. E, in questo caso specifico, vediamo la  mascotte in versione rocker aiutare e proteggere dai missili in arrivo un’orda di metallari intenti ad effettuare un circle pit attorno ad un’auto della polizia. Molto Megadeth e Nuclear Assault. Molto anni ottanta. Ma mi piace.

Se si osserva bene la scena, si possono trovare i cinque componenti del gruppo ritratti tra la folla “festante”.

Il titolo con la prima metà della parola… molto Anthrax, molto anni ottanta, ma mi piace anche questo.

Ed infine i testi non possono che riguardare guerra nucleare, società, politica corrotta, zombie (?) e via discorrendo. Va bene così.

Un fattore divisivo nel giudizio del pubblico sarà sicuramente la voce di Tolo. Il suo timbro acuto farà sicuramente storcere il naso a più di qualcuno. Io l’ho trovato integrato bene alla musica e dà quel tocco di personalità e distinzione alla band.

Gli assoli di chitarra non sono molti e questo è un punto a favore. Questa struttura esalta il lavoro di “squadra” e la ricerca e il mantenimento di riff non troppo elaborati e tecnici rendono i trentacinque minuti del disco un piacevole spaccamento di ossa (non di altro, e dai, non pensate subito male).

Sugli scudi sicuramente “Sound The Alarm”. È così che vorrei che iniziassero gli album thrash metal ed è cosi che vorrei che iniziassero i concerti di questo genere. Una sberla in faccia per prepararti alla “festa”.

Bella la sezione di breakdown in “Seeds” e la, diciamo, polemica “F**k The System” (chissà contro chi ce l’avranno…). “Pedal To The Metal” ricorda un altro gruppo newyorchese già citato a metà recensione, sempre però con quel tocco di violenza terminale che contraddistingue il suono dei catalani.

Due brani sono stati rielaborati (e migliorati) dai lavori precedenti e inseriti nell’album. “Slaves To the Greed” era uscito come singolo a inizio 2024 e “Zombie Mosher” era già presente nell’EP Warhole del 2023.

Pezzo inevitabilmente destinato a diventare il loro cavallo di battaglia e brano di chiusura di ogni live.

Questo neo thrash spagnolo mi convince. Alternanza continua di ritmi, velocità e pesantezza, cori in ogni brano e melodia quando serve. Direi che ci siamo, la formula è giusta.

Rimanere stupiti da un album che ripropone un genere musicale nato quarant’anni fa è una bella sensazione. Fortunatamente ci sono band giovani che ci credono ancora, ci credono tanto e non si piegano alle “logiche” di mercato. Ma perseverano nel loro credo ottenendo alla fine ottimi risultati.

E questo album è indubbiamente uno di quelli. Un ottimo risultato.

I Terminal Violence me li vado a riascoltare. E come direbbe il geometra Calboni: “Con mucho gusto”.

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