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Reduci da un concerto in Italia al Legend lo scorso febbraio, gli Obscura sono una di quelle realtà che stanno incuriosendo non poco la scena metal internazionale. Allo stesso modo, la nostra Elena si è incuriosita ed ha intercettato Stefefn Kummerer, chitarrista della formazione death metal tedesca – ecco qui la nostra intervista
H: Ciao Steffen! Grazie mille per il tuo tempo! Com’é andato il tour europeo?
S: Finito! È stato bello, bella produzione, bella gente…. Un sacco di persone provenienti da diversi contesti culturali. Nel complesso è stato figo! Ora stiamo per andare in Messico e in Nord America un paio di settimane dopo, quindi stiamo preparando tutto per il nuovo tour. Finora tutto bene!
H: Fantastico! Vuoi raccontarmi alcuni dei momenti salienti di questo tour? Cosa vi è piaciuto di più o qualcosa di speciale che è successo?
S: Siamo in giro da tanti anni e personalmente ciò che preferisco é quando le persone vanno d’accordo, come le tre band che si sono unite a noi, provenienti dagli Stati Uniti e dalla Germania. Una cosa che non é così comune e non si tratta di competizione tra gruppi, ma di aiuto reciproco.
Abbiamo fatto alcuni concerti in solitaria, come in Portogallo, che non è un posto in cui suoniamo spesso, ed è stato molto bello tornarci.
D’altra parte, abbiamo chiuso il tour con uno show nella nostra città natale, Monaco, che era piuttosto affollato! Molti momenti salienti, a dire il vero!
H: A proposito di “A Sonication”: quali gruppi o album hanno maggiormente influenzato e ispirato la creazione dell’album? Per te personalmente o per tutta la band. Per te personalmente o per tutta la band.
S: Beh, fin dal primo album tra le nostre influenze troviamo sicuramente i Death, i Cynic, i Pestilence e anche alcune band scandinave, ma in generale i classici del Death metal. Gli Obscura dovrebbero essere una band Death metal e hanno intenzione di rimanere tali, ma sicuramente il nuovo album così come quelli passati sono stati influenzati dal tempo. Gruppi come gli Architects e i Tribolation sono stati molto importanti, soprattutto quando si tratta di costruire linee di cori, lavorare su dettagli in background e fare arrangiamenti. Personalmente ascolto sempre nuove band e a volte scopro gruppi che sono in giro da 20 anni e che in qualche momento richiamano l’attenzione.
H: Mi sembri piuttosto aperto, di sicuro non il tipico metallaro gatekeeper.
S: Per i primi album abbiamo riflettuto molto sul suono che stavamo producendo e sul tipo di musica che stavamo facendo. Pensavamo: va bene per la scena Tech-Death? Ci è permesso farlo? La gente lo odierà?
Credo che negli ultimi 10 anni non ci abbia più pensato nessuno di noi. È qualcosa in cui si cresce, no? La band è abbastanza affermata, siamo stati in tournée internazionali per molto tempo e ora facciamo solo quello che vogliamo fare con la nostra musica. È molto più autentico che cercare di scrivere musica per un certo pubblico.
Stiamo parlando di Death metal underground, è una parte di nicchia della scena musicale in generale, quindi alla fine fai quello che vuoi per essere autentico.
H: Assolutamente sì, e soprattutto il progressive e il Tech-Death ricevono sicuramente varie influenze da altri generi come il jazz, la fusion e così via, ed è questo che lo rende unico. Un genere non può rimanere sempre bloccato nel passato.
S: Sì, è proprio questo il punto! Se si rimane bloccati nel passato non ci sarà nulla di nuovo. Non so cosa facciano le altre band, ma tutti gli artisti che sono in circolazione da un po’ di tempo stanno creando il proprio sound. Per esempio, anche i Rivers of Nihil o i Revocation hanno le loro radici nella scena Tech-Death come noi, ma entrambi si sono evoluti in qualcosa di completamente diverso. Questo è davvero bello da vedere, non si tratta di fare qualcosa giusto o sbagliato, ma di essere originali e trovare la propria strada. Penso che si ottenga molto di più scrivendo i propri pezzi invece di essere solo un gruppo di successo. Sinceramente, preferirei di gran lunga l’originalità al successo.
H: Capisco. Oltre a quelli che hai citato, quali sono le tue maggiori influenze? Con chi hai iniziato quando eri più giovane?
S: Credo che Chuck Schuldiner sia stato il motivo per cui ho preso in mano una chitarra da ragazzo. Ho comprato la mia prima chitarra a 16 anni e la prima canzone che sono riuscito a suonare è stata “Flesh and the power it holds”. Come ho già detto, Chuck e Paul Masvidal dei Cynic mi hanno influenzato molto nel suonare la chitarra e nel modo in cui hanno mescolato gli stili e le tecniche e hanno unito il Death metal classico ortodosso con la Fusion e il Prog rock. Ebbene, hanno dato vita a qualcosa di veramente unico.
H: Assolutamente sì. Invece, per quanto riguarda lo studio della teoria musicale, so che molti membri della band hanno studiato musica in modo professionale. Tu hai studiato in qualche scuola di musica o hai imparato da solo?
S: Io ho un background musicale completamente diverso. Ho iniziato a studiare musica all’età di 9 anni, quando facevo parte di un collegio cattolico per ragazzi musicalmente dotati a Ratisbona. Sono rimasto lì per un paio d’anni dove ci hanno insegnato la teoria musicale, come cantare, suonare il pianoforte e mantenere le tecniche di respirazione. Ne ho tratto beneficio fino alla fine, ma quando ho lasciato la scuola, anni dopo, mi sono sentito frustrato, soprattutto con la musica classica, e ho smesso di suonare il pianoforte. Quando ho iniziato a suonare la chitarra a 16 anni ero un autodidatta, ma quando ho deciso di fare della musica il mio lavoro ho potuto sfruttare tutte le mie conoscenze precedenti.
Ho studiato ingegneria acustica e ho un punto di vista più pragmatico, freddo e analitico. Scrivo più con le frequenze che con le progressioni di accordi.
È bello poter combinare la teoria appresa al conservatorio e le proprie abilità da autodidatta. Personalmente ho la maggior parte delle conoscenze quando si parla di produzione e di ingegneria, dell’acustica ambientale, del posizionamento e dei microfoni.
Alla fine si tratta più che altro di un lavoro di squadra e ogni album unisce tutto questo.
H: Come gestisci le tue tecniche di growling nel canto, hai mai avuto problemi o riesci a gestirle e a renderle sane?
S: Quando ho iniziato a cantare in scream e growl non sapevo cosa stavo facendo. Avevo solo la conoscenza della tecnica di respirazione avuta dalla scuola e ho cantato per molti anni in un coro, ma non sapevo come esprimere queste tecniche estreme.
Così nei primi anni a volte faceva male, ma con il tempo scopri esattamente cosa funziona di più per te, cosa non funziona e qual è la tua intonazione ideale. Alla fine lo stabilisci da solo.
In realtà non ho mai preso lezioni per imparare a cantare in scream o growl.
In realtà sarei interessato a cantare di nuovo in clean, ed è per questo che uso una cabina vocale per esercitarmi, che è completamente isolata.
Funziona molto bene, soprattutto per i vicini! [ride]
Ora sto cercando di lavorare più sulla voce che sulla chitarra, perché sento che è qualcosa di più personale.
H: Forse è un po’ presto per dirlo, ma pensate di usare più voci clean in futuro?
S: In studio abbiamo sempre avuto delle parti pulite che registravo, o almeno una piccola parte di esse che non abbiamo mai realizzato dal vivo. Preferirei prima preparare bene quelle parti e cantarle dal vivo e poi vedere cosa fare in futuro. Abbiamo registrato cori completi e voci pulite di supporto in tutti gli album, quindi non è qualcosa di completamente nuovo, ma dal vivo è diverso perché non sei in studio. Nel futuro prossimo è sicuramente un progetto e un obiettivo che vorrei perseguire.
H: Sarebbe interessante da vedere… Parlando dei testi musicali, “Cosmogenesis” parlava principalmente della creazione dell’universo, mentre “Omnivium” era incentrato sull’evoluzione degli uomini e sui pensieri critici.
Quale messaggio volete trasmettere con “A Sonication”?
S: “A Sonication” è la seconda parte di una trilogia. Gli album che hai citato fanno parte di una quadrologia, quattro album che sono stati collegati e ora abbiamo altri tre dischi da collegare. Il primo è stato “A Valediction”, mentre “A Sonication” è il secondo, quindi sono tutti costruiti l’uno sull’altro.
“A Valediction” affrontava il tema degli addii sotto diversi aspetti. La band stava subendo una grande trasformazione, abbiamo cambiato l’etichetta discografica, la formazione, il produttore e l’artista per l’artwork.
È stato un grande taglio! Quindi da un lato era un addio a tutto ciò che era successo all’interno dell’universo della band, dall’altro era un addio personale ad alcuni amici che facevano parte della mia vita…
“A Sonication” è un album che viene dopo e si occupa della parte riflessiva sul tornare sui propri passi. Secondo me è un disco più introverso, soprattutto per quanto riguarda i testi. È piuttosto malinconico in alcune parti, come “Stardust” o la “Silver Linings”.
Non sono madrelingua inglese, ma cerco di esprimermi sempre meglio con ogni album che creiamo. Quando abbiamo prodotto “A Cosmogenesis” ero un adolescente che cercava di esprimersi attraverso una seconda lingua con cui non avevo molta confidenza. Nel corso degli anni, anche i testi sono cambiati e hanno assunto un tocco più personale, ma allo stesso tempo sono diventati meno astratti e con “A Sonication” sono diventati ancora più personali, perché ora per me è più facile esprimermi attraverso i dettagli della lingua inglese.
H: Certo, e cantare in inglese può essere utile anche per raggiungere un pubblico più ampio.
Per quanto riguarda la copertina del disco, come si collega al significato dell’album, se c’è un collegamento?
S: È sicuramente collegata non solo al significato dell’album, ma anche al disco precedente. L’artista è lo stesso che ha creato la copertina del nostro precedente album, Eliran Kanto, un artista berlinese che ha lavorato molto con noi. È un artista di grande talento e una persona molto simpatica, che interpreta tutto a modo suo.
Le opere d’arte che realizza hanno una sorta di doppio significato. Il primo sguardo è sempre un messaggio chiaro e “facile”, ma allo stesso tempo è poetico e un po’ criptico.
Nella copertina di “A Valediction” abbiamo un personaggio principale e un secondo personaggio un po’ nascosto all’interno della sfera, che fa riferimento al fatto di essere connessi e disconnessi allo stesso tempo.
Se si pensa agli addii è sicuramente collegato e in “A Sonication” Eliran ha in qualche modo portato l’attenzione sulla parte ingegneristica e scientifica. L’album parla di muovere le particelle con le onde audio, ma allo stesso tempo significa che la musica può muovere molte persone a livello personale.
Quando hai avuto la peggiore giornata della tua vita e metti su, ad esempio, i Bee-Gees [ride], inizi a muoverti molto, mentre se sei di buon umore e suoni i Portishead puoi cambiare completamente umore. Questo significa che sei in qualche modo legato alla musica e ti muovi molto allo stesso tempo e ciò si adatta al tema riflessivo dell’album.
Eliran pubblicherà presto un video che spiegherà il concetto dell’album.
Lavoriamo sempre insieme e di solito gli spiego le idee principali del disco. Questa volta il colore della copertina è l’argento e lui ha realizzato l’arte che sta dietro al concetto. Sono molto felice di lavorare con lui e sicuramente avrà qualche nuova idea per il prossimo album.
Mi piace sempre lavorare a lungo termine su tutto ciò che faccio. Quindi ogni cosa ha a che fare, col senno di poi, con altri pezzi che abbiamo già scritto o con pezzi futuri.
Per me è il quadro generale che conta e se guardi indietro tutta la discografia ha senso, anche rispetto alla parte visiva. Ecco quanto si può diventare nerd! [ride]
H: C’è una canzone in particolare con cui ti identifichi o che ti rappresenta in questo album?
S: Per me personalmente direi “Stardust”. Ma per rappresentare l’intero album direi la traccia di apertura, “Silver Linings”. È una bella canzone che in qualche modo rappresenta tutte le diverse varianti che l’album può offrire. È pesante, sensibile, cinematografica, un po’ progressiva nella parte centrale e molto diretta in molte altre parti.
È un buon inizio per un album!
H: Grazie! Ho ancora qualche domanda, se non ti dispiace! Ho notato una certa ricorrenza del numero sette in diversi brani. Come “Beyond the seventh sun”, “Sermon of the seven suns”, “The Seventh Aeon” e così via. Ha un significato, forse un’influenza degli Iron Maiden (Seventh son of a seventh son)? O è semplicemente il tuo numero preferito?
S: Oh, non ho un numero preferito. In realtà è una coincidenza, solo “Sermon of the seven suns” e “Beyond the seventh sun” sono collegate perché l’atmosfera di entrambe le canzoni è simile. “Sermon of the seven suns” è fondamentalmente ciò che accade in questo mondo immaginario e “Beyond the seventh sun” è la colonna sonora dopo il grande breakdown ed è per questo che è strumentale. Ma a parte questo, assolutamente nessuna influenza dei Maiden. [ride]
H: Ti farei ora una domanda che riguarda la tecnologia. Qual è la tua opinione riguardo all’utilizzo dell’IA nel campo dell’arte?
S: Onestamente penso che l’argomento IA sia una notizia di ieri. Per me è solo un altro strumento da usare. Ogni nuova tecnologia solleva proteste e polveroni e lentamente cambia le abitudini e la vita della gente. Ogni volta é un grande passo. Negli ultimi 30 o 40 anni la gente si è sentita molto frustrata e negativa al riguardo, ma per me è solo uno strumento.
D’altra parte, ogni strumento che si usa dipende dalla persona che lo usa. Anche con lo strumento migliore, se non si sa come usarlo, il risultato sarà qualcosa di cui nessuno sarà soddisfatto. Quindi, se ad esempio si utilizza l’equipaggiamento migliore possibile di uno studio ma si investe denaro in una persona non competente che ci lavora, il risultato non sarà positivo.
La questione è molto dibattuta in questo momento, ma sicuramente tra qualche anno ci sarà un altro passo avanti nella tecnologia e la gente si lamenterà di nuovo.
Per il momento, per me rappresenta appunto solo uno strumento.
H: Dopo la fine del tour nordamericano, gli Oscura hanno già qualche progetto in cantiere per il prossimo futuro?
S: Sì, dopo il tour c’è il prossimo tour e poi un altro, quindi in totale stiamo lavorando a 13 tour al momento per questo album.
Suoneremo in un paio di posti dove non abbiamo mai suonato prima e torneremo in alcuni luoghi dove non suoniamo da molto tempo, come l’Asia e l’Australia. Non vedo l’ora!
Viaggiamo molto e questa è una cosa che mi piace un sacco. Essere un musicista e poter viaggiare, vedere nuovi posti, incontrare nuove culture e persone. E naturalmente suonare e vedere la gente che viene al concerto per ascoltare musica piuttosto di nicchia. È davvero molto stimolante… Non vedo l’ora!
Naturalmente suoneremo la maggior parte del materiale dell’ultimo disco e ogni volta mi chiedo come suoni la musica dal vivo. Quando ti siedi e scrivi musica non sai mai come si trasformerà quando verrà suonata dal vivo.
A Berlino, per esempio, il suono di alcune canzoni si è rivelato migliore che in studio!
Ora mi chiedo come reagirà il pubblico americano. Forse prima o poi suoneremo l’intero disco, sarebbe bello!
Ma questo sarebbe in futuro, quindi vediamo!
Il prossimo appuntamento per noi è lo Shred Fest negli Stati Uniti e in Canada e suoneremo con Origin, Decrepit Birth, Fractal Universe e Atheist.
È una line-up piuttosto eterogenea, ma per la nicchia della nicchia di questa particolare scena penso che sia un tour a cui la gente deve andare perché è troppo interessante per perderselo!
H: Mi sembra fantastico!! Allora ti auguro buona fortuna per il resto dei… tour! E spero di incontrarti di nuovo da qualche parte prima o poi! Grazie mille per il tuo tempo, HMW lo apprezza davvero tanto.
S: Grazie a te per l’intervista e buona serata! Ciao! [in italiano]