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Da qualche giorno i nostri beneamati Cirith Ungol hanno pubblicato “Live At The Roxy”, titolo che chiarisce immediatamente quale tipo di release abbia scelto il gruppo americano per tornare sul mercato. Siccome, lo sapete bene, su queste pagine la band di Ventura è particolarmente apprezzata, eccoci con una nuova doppia recensione!
I nostri René Urkus e Luca Avalon, sempre limitando al massimo i pareri per non influenzarsi, hanno ascoltato attentamente, maturando almeno un punto in comune.. ma non vi diciamo altro: ecco le recensioni, buona lettura!
Recensione scritta da René Urkus e Luca Avalon
[René Urkus] Ho da ridire anche sui Cirith Ungol? Sì, ce l’ho! Incredibile ma vero, ce l’ho! E sono anche presuntuosamente sicuro di convincervi con le mie ragioni.
Premessa: NESSUNO si deve permettere di mettere in dubbio il valore in sé della band, che per quel che mi riguarda è il simbolo stesso dell’epic metal, ed ha una storia che è il simbolo stesso della resistenza e della ‘fede’ necessarie per la nostra musica preferita. Però però…
Nella prima fase di attività, gli Ungol hanno pubblicato 4 album nel corso di 10 anni, fra il 1981 e il 1991. Una media giusta per i tempi e pienamente accettabile. Poi sono stati in silenzio, lo sapete tutti, per VENTISEI ANNI. Cioè, immagino che alcuni dei lettori di questo sito non ci siano neanche arrivati a quest’età… è uno iato infinito, dopo il quale i nostri sono riemersi dalle tenebre in cui erano precipitati con una legittima, comprensibilissima voglia di farsi sentire e di recuperare il tempo perduto. Da allora è stato un fuoco praticamente ininterrotto: “Witch’s Game”, EP 12’’, il primo inedito (che neanche mi sconvolse e anzi mi fece temere il peggio, 2018); “I’m Alive”, enorme box live (potete vedermi numerose volte nel DVD in preda a furori misti a commozione, 2019); “Forever Black”, l’eccellente disco di inediti del ritorno, 2020; poi un altro EP, “Half Past Human”, 2021; poi un nuovo disco, “Dark Parade”, 2023, che – tanto per cambiare – è piaciuto a tutti tranne che a me, che vi ho trovato diversi momenti di ‘stanchezza’; e ora un altro live, stavolta “At The Roxy”, 2025, anch’esso doppio, anch’esso con DVD, con una scaletta che contiene tutto “Dark Parade” e una scelta di ‘classici’.
Domanda: non è forse un po’ troppo? Non lo stiamo sfruttando esageratamente questo brand, tenuto anche conto degli ultimi eventi che di certo non hanno reso felici i fan della prima o della seconda ora, ovvero le confuse vicende che hanno visto l’allontanamento di Jim Barraza, e il fatto che ormai due quinti della formazione (tre quinti nelle ultime date live in Europa) sono in condivisione con i Night Demon?
Forse sì, dai. Per spingerci a un ulteriore acquisto serviva un prodotto davvero memorabile, e chi scrive non pensa che il “Live At The Roxy” lo sia.
Il disco 1 è quello che contiene “Dark Parade”: i suoni vengono fuori molto netti, e questo certamente è un bene, ma non tutte le composizioni risultano adatte a una esecuzione dal vivo (troppo statica ad esempio “Relentless”, e la stessa “Dark Parade” è un monolite con parti strumentali poco digeribili). Il disco 2 dovrebbe essere una sorta di best of, ma “I’m Alive” del 2017 si prestava già a questo scopo: inevitabilmente ci sono molte sovrapposizioni fra le due scalette (9 brani su 12!!!). Aggiungiamo che: “Frost And Fire” mi sembra poco riuscita e un po’ slegata; la band propone in scaletta quella che, se non è la loro peggior canzone, va molto vicina ad esserlo (“Fire”? Ma come fate a mettere “Fire” in un live quando avete, pressappoco sulla stessa durata, “Legions Arise” o “The Fire Divine”?); e le scelte sacrificano in particolare “Forever Black”, i cui brani, per forza di cose, non potevano esserci nel primo live, e non ci sono (con una sola eccezione, “The Frost Monstreme”) nel secondo. Dovremo aspettare il terzo (magari entro due anni) per ascoltarle? Non so quanti compreranno un altro doppio con DVD.
“Live At The Roxy” mi sembra allora solo quella che si definisce una ‘operazione commerciale’. Spillare soldi ai fan con un prodotto così non mi pare eticamente giusto. Ribadisco che il valore della band non è in discussione; quello delle sue scelte di mercato forse sì. (6/10)
[Luca Avalon] Sarò ripetitivo, lo so bene, ma lo ribadisco ugualmente: ho la fissa dei Cirith Ungol. Amo visceralmente la loro musica. La band di Ventura rappresenta qualcosa di speciale per me ed è lassù, nel mio personale Olimpo insieme ad una manciata di altri gruppi: se esce qualcosa con impresso il loro logo, beh, devo averlo, anche se si tratta di un album dal vivo – è nota la mia avversione verso questi dischi – anche se si tratta del secondo live in sei anni (il primo, “I’m Alive”, è uscito nel 2019 ed il buon Lele Triton ne parla abbondantemente tra le pagine di “Servi Del Caos”, la nostra fanzine retrospettiva dedicata ai Cirith Ungol).
Nonostante la natura di “Live At The Roxy”, non mi sono voluto sottrarre dal dire la mia su questo disco, registrato in occasione della presentazione di “Dark Parade” – avvenuta sul palco dello storico Roxy Theather sulla Sunset Strip a West Holliwood – e pubblicato in doppio CD e vinile in vari colori, entrambi con DVD: la scaletta è composta da venti brani, di cui i primi otto sono, nello stesso ordine, quelli apparsi su “Dark Parade”, mentre i restanti dodici vengono selezionati dal passato della band, con una sola escursione in quello più recente attraverso “The Frost Monstreme”, da “Forever Black” del 2020.
“Live At The Roxy” è suonato e registrato bene, i suoni escono dalle casse belli corposi e ben bilanciati, riescono a ricreare piuttosto efficacemente quelle atmosfere tenebrose e terrificanti tipiche ed uniche dell’epico heavy metal dei Cirith Ungol: è sempre un piacere ascoltare l’incisiva “Velocity (S.E.P.)” e l’inquietante “Sacrifice”, “Sailor On The Seas Of Fate” è evocativa ed oscura esattamente come su disco, o le minacciose “Distant Shadows” e “Down Below”, ma è ancora più piacevole gustarsi pezzi immortali come “Atom Smasher”, “Frost And Fire”, “Black Machine”, “Death Of The Sun”, “King Of The Dead” e l’inno conclusivo “Join The Legion”.
Dunque, da fan non posso che parlare bene di “Live At The Roxy”, è un bel disco dal vivo di cui, forse, potrei contestare ai Cirith Ungol la scelta di proporre una scaletta che, invece di mescolare brani nuovi e vecchi, li ha tenuti separati, come le due facce di una stessa medaglia: musica recente e più datata, ma che rappresenta appieno i suoi autori esaltandone, in entrambi i casi, le caratteristiche sonore da sempre riconosciute ai Cirith Ungol.
Più in generale e un po’ meno da fan, c’era bisogno di questo live album? Per quanto dolorosa, la risposta per me è no: per carità, da avere se siete dei completisti, ma “Live At The Roxy” non mi sembra un live album Buy Or Die.. piacevole, ma non indispensabile. Robert Garven sostiene che “Live At The Roxy” renderà felici i fan – e probabilmente ha ragione – ma sono convinto che chi segue i Cirith Ungol sarà ancor più felice di apprendere che la band, come da scheda allegata a questo album, non vede l’ora di mettersi al lavoro sul suo nuovo e settimo album in studio! (S.V.)
concordo abbastanza con entrambe le recensioni: il live di cui non se ne sentiva il bisogno! da completista l’ho preso senza neanche guardare la scaletta
Come sai, l’ho acquistato pure io..
Adesso aspettiamo il nuovo album!