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Sono lieto di poter scrivere la recensione del nuovo disco dei Warlord: mi permette di comporre una delle prediche da old grumpy heavy metal man di cui vado tanto fiero!
Cominciamo dalla premessa scontata: i Warlord sono una delle band più significative della scena ‘classica’. E attenzione: a differenza della (rispettabile) opinione di tanti amici, che si limitano ad adorare Deliver Us e And The Cannons Of Destruction Have Begun…, io trovo eccezionali anche Rising Out Of The Ashes, affidato ad un Joacim Cans che mi è sempre sembrato a suo agio, e The Holy Empire, dove si può ascoltare la superba arte di Rick Anderson, escluso poi per motivi a me ignoti, ma che immagino debbano essere veramente buoni per privarci del piacere di ascoltare la sua voce.
Il seguito poi immagino lo conosciate.
La improvvisa scomparsa di Bill Tsamis; la volontà di Mark Zonder di andare avanti; l’uscita di Free Spirit Soar, con il ragionevole dubbio che non proprio tutto venisse da idee e demo di Tsamis stesso; e quindi l’inevitabile apertura dei cassetti, alla ricerca di gemme dimenticate, prima con From The Ashes To The Archives – The Hot Pursuit Continues, dell’anno scorso, e ora con The Lost Archangel.
Ed ecco quindi le note dolenti. Se siete fan della band, non troverete in questo disco nulla che non abbiate già sentito. Le ‘lost gems’, semplicemente, non ci sono. Perché siamo di fronte all’ennesima compilation di ri-registrazioni, live, versioni demo di canzoni, pur bellissime, che ascoltiamo da anni e anni. Come già era stato per The Hunt For Damien, per le ristampe su vinile nel corso degli anni, e per il già citato From The Ashes To The Archives, assistiamo a una perpetua, e ormai un po’ imbarazzante, ripetizione dell’identico. Sapete quante volte una versione di “Penny For A Poor Man” ha trovato posto in un disco dei Warlord? Sette. “Winter Tears”? UNDICI. E “Deliver Us”? SEDICI. Va bene, dei primi quattro pezzi di questo “Lost Archangel” uno era relativamente ‘raro’, e gli altri tre, dei Lordian Guard, non erano mai usciti sotto il monicker Warlord… ma insomma, non siamo di fronte al Santo Graal, per capirci.
E allora: se a distanza di un solo anno dall’ultima compilation, volete ascoltare come Giles Lavery interpreti in studio (sette brani) o dal vivo (gli altri sei) vecchie glorie del passato… accomodatevi. L’unica vera ‘novità’ di The Lost Archangel è che il confronto è anche con The Holy Empire. Ma da qui a dire che questa nuova uscita sia indispensabile, o anche solo capace di incuriosire… per chi vi scrive ce ne passa. E molto.
Pur con tutti i suoi limiti, la versione di “Golgotha” dei Lordian Guard era più sacrale: in questa, le tastiere sono troppo ‘sparate’. Va molto bene invece la versione ‘vitaminizzata’ di “Rainbow”, che salvaguarda l’apporto delle chitarre acustiche, ma dona anche profondità al brano, dall’arrangiamento originale forse troppo scarno. Relativamente rispettosa dell’originale, anche nelle chitarre un po’ ‘zanzarose’, la solenne titletrack, interpretata da Giles con convinzione, ma senza l’invasamento mistico di Vydonne; il brano così è più corposo, ma anche più ortodosso… “Stygian Passage” invece resta bellissima: uno dei migliori ritornelli scritti da Tsamis viene esaltato dalla voce più versatile di Giles.
Andiamo avanti con l’analisi della scaletta. Sui brani di Holy Empire, sia quelli in studio che quelli dal vivo, il nostro appare un po’ sforzato: l’interpretazione di Anderson era più morbida e anche più evocativa, più partecipata… la cosa è particolarmente evidente in “The Night Of The Fury”, clamorosamente ‘appiattita’ in una resa standard. Fra i brani live taccio della versione elettrica di “Soliloquy”, francamente improponibile. Per la cronaca, “Lucifer’s Hammer” è dalla data italiana dell’anno scorso, la cantavo in seconda fila.
Se siete arrivati fin qui, avete certamente inteso come la penso: fra i solchi di The Lost Archangel non c’è nulla di trascendentale che valga un precipitarsi all’acquisto. Poi affidiamo alle domande sulla nostra psicologia da metallari il fatto che molti di voi (e probabilmente anche io) compreranno comunque il disco: il discorso qui si farebbe ancora più complicato… mi auguro veramente che i Warlord non facciano la ‘fine’ di altre glorie che, dopo anni di silenzio, hanno cominciato a pubblicare un disco (inutile) l’anno.