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Ma è possibile che noi italiani continuiamo ad essere attirati dalle band straniere trascurando o nella peggiore delle ipotesi ignorando quelle nostrane? La risposta è naturalmente sì! Il motivo principale è che, in tutti i campi, siamo degli esterofili e in un certo senso snobbiamo le rock band nostrane, tranne in alcuni sporadici casi. Peccato, perché in casa nostra c’è tanta buona roba e tanta professionalità come nel caso dei Sandness molto attivi in sede live e operativi da più di quindici anni con all’attivo quattro album in studio e un EP. Con il nuovo e quinto disco Vertigo il trio propone un vigoroso e allegro sound che fonde il classico hard rock con elementi metal e pop dal tocco moderno.
“Questo album è nato in un momento molto speciale per noi. I cambiamenti della vita ci hanno costretto a ripensare il nostro modo di creare musica insieme, e questo ci ha spinto fuori dalla nostra zona di comfort. Vertigo parla di accettare l’incertezza, ma anche di rimanere fedeli alla nostra identità di band”, affermano i ragazzi dei Sandness.
Confesso, chiedendo venia, di averli sentiti nominare ma di non conoscere la loro discografia. Parto quindi da questo lavoro segnalatomi da un carissimo amico che lavora nel campo musicale e che mi ha parlato benissimo di loro. In effetti la loro musica piace già con la prima “Per Aspera Ad Astra”, una solida canzone con una strana e indecifrabile introduzione. Pare che in questi primi secondi la song sia registrata al contrario come facevano in passato alcune band inneggianti al Demonio. Non penso sia il caso loro perché mi sembrano tutto tranne che un gruppo satanico. A parte questa stranezza la voce di Mark innesca una esplosiva sonorità avallata da una sdolcinata e robusta chitarra elettrica e da una battente sezione ritmica. I cori e l’orecchiabile ritornello fanno il resto conquistando da subito i timpani dell’ascoltatore. Non canta solo Mark Denkley ma anche il chitarrista Robby Luckets, i quali si dividono la scena con una timbrica pressoché uguale e difficile da distinguere. Il suono diretto dei Sandness prosegue con la seconda “The Match” che rispetto alla precedente cambia registro con un refrain melodico più accentuato e atmosferico ma sempre con ottimi cori. Le influenze sonore sono quelle degli anni ’70 e ’80 provenienti da formazioni storiche come gli UFO, Alice Cooper, i D.A.D., i Kiss o come i recenti The Darkness e gli Hardcore Superstar abbinando sapientemente la classe e la delicatezza melodica con la grezza e maleducata forza del rock e dell’hard rock. Ne sono un altro esempio l’ambientale e AOR “Draw The Line” o la cadenzata “Midnight Dance”, tracce carine che coinvolgono con il loro trasporto emotivo grazie all’ugola dei due vocalist, ai riff melodici e agli assoli supersonici della sei corde elettrica di Robby. Scopro pure con piacere che l’album è prodotto dal mitico Alessandro Del Vecchio, presso gli Ivorytears Music Works Recording Studio, capace di personalizzare il suono dei Sandness rendendolo più attuale e accessibile nonostante le forti influenze del passato. Addirittura, il nostro polistrumentista suona con il in suo Hammond in “Back For More” dando quel tocco di groove blues che esalta l’armonia del pezzo. Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo il primo singolo del disco “Not Your Dog”, altra traccia di hard and blues caratterizzata dal suono distorto della chitarra elettrica e da un cantato aggressivo e aspro sostenuto da una martellante sezione ritmica che ricorda i vecchi anni ’80 californiani di band come i LA Guns e i Mötley Crüe. L’asso nella manica di questi ragazzi sono comunque le loro corali voci intersecate tra spigolosi riff chitarristici e una tambureggiante batteria che portano a saltare sul posto e a cantare a squarciagola i loro travolgenti ritornelli. Segnalo poi l’irreprensibile melodia di “Rock’n’ Roll High”, la ritmata e ruffiana “Neverending Story” terminando con la tagliente “Train Of Time”. Ci troviamo dinnanzi ad una manciata di brani diretti, compatti e dalle accattivanti melodie che toccano immediatamente l’anima. La prima parte con una bella e sussultante linea di basso per poi accendersi con un ritmo veloce e stradaiolo in pieno stile glam metal. L’assolo al fulmicotone è poi la ciliegina sulla torta di una song grintosa e trascinante soprattutto mel melodicissimo refrain. La seconda è più leggera nei suoni perché sviluppa un fresco rock pop tipicamente americano dallo stile alla Green Day per intenderci. Nella terza e ultima della scaletta invece ritroviamo ancora un hard and blues con in sottofondo una tastiera succube dei roboanti giri di chitarra di Robby e di una battente sezione ritmica. Il tutto condito dalle acute e rauche voci dei cantanti intervallate da potenti cori e culminanti in un ammaliante ritornello. Vertigo è, nonostante la presenza anche di elementi punk e sleaze, un disco piuttosto omogeneo e scorrevole per via del breve minutaggio di cui godono per fortuna le composizioni. Il platter cresce lentamente infiammandosi spesso in canzoni più robuste e più ruvide del solito ma non delude mai per via dei suoi indovinati ritornelli che in certi casi sono dei veri e propri inni capaci di trasmettere allegria, spensieratezza, positività e voglia di vivere. Album consigliato che amerete al primo ascolto e che vi porterà, come il sottoscritto, a recuperare e ad avere i lavori precedenti di questi bravissimi musicisti.