INGLORIOUS – V

Titolo: V
Autore: Inglorious
Nazione: Regno Unito
Genere: Hard Rock
Anno: 2025
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Nathan James – Voce e cori
Colin Parkinson – Basso, chitarra acustica, chitarra elettrica, tastiera e percussioni
Richard Shaw – Chitarra elettrica
Henry Rogers – Batteria e percussioni


Tracce:

01. Testify
02. Eat You Alive
03. Devil Inside
04. Say What You Wanna Say
05. Believe
06. Stand
07. In Your Eyes
08. Silent
09. End Of The Road
10. Power Of Truth


Voto del redattore HMW: 7/10

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Nathan James (Uli Jon Roth, Trans-Siberian Orchestra, Iconic), dopo una pausa di qualche anno con i suoi Inglorious culminata con il debutto del “supergruppo” Iconic, pubblica finalmente un nuovo disco in studio intitolato V, dopo l’ennesimo split con alcuni musicisti all’interno del suo gruppo rock. Il carattere dispotico ed eccentrico del cantante ha allontanato negli anni troppi musicisti, rendendo la sua band molto instabile e discontinua. L’ultimo esempio è dato dallo storico batterista Phil Beaver, che se n’è andato con il resto dei musicisti lasciando Nathan James nuovamente da solo. Il vocalist, ripresi i legami con il bassista e compositore Colin Parkinson, ha rimesso su una formazione con il chitarrista Richard Shaw (Cradle Of Filth) e il batterista Henry Rogers (Touchstone, Mostly Autumn, Mia Klose e i Marathon), entrambi con un passato di esperienze in diversi altri gruppi.

Colin Parkinson afferma: “Sono estremamente felice di tornare agli Inglorious dopo un po’ di tempo di assenza. È il momento giusto per far uscire della nuova musica fantastica per i fan e per concentrarmi sul futuro. Scrivere e registrare di nuovo con Nathan è stato più facile che mai; tutto è filato liscio. Abbiamo suonato e cantato alla grande su queste canzoni e so che il nuovo album non deluderà!”

La setlist di questo quinto lavoro in studio è potente e melodica quanto basta per sprigionare energia ed adrenalina veicolate egregiamente dalla straordinaria voce di Nathan James ma, nel complesso, le composizioni sono prevalentemente costruite sulla sua magnifica voce e sull’alternanza di diversi stili musicali. La cosa non dispiace ma non si sa fino a quando questo ennesimo gruppo di artisti regga l’eccentrico protagonismo del singer britannico. L’apertura di “Testify” con una robusta linea di basso e il fragore della chitarra e della batteria, mentre i sintetizzatori si insinuano in sottofondo, sono il biglietto da visita di un disco che parte in quarta con un sound molto settantiano e retrò. Naturalmente la rauca e profonda voce di Nathan, alla Cornell, suona piuttosto bene sovrastando e guidando con estrema facilità tutti gli strumenti. Sulla stessa linea troviamo “Eat You Alive”, song cadenzata e oscura che prosegue con la stessa pulsante linea di basso. A parte la trascinante ugola di James questo disco presenta subito un’ottima produzione che rende il sound robusto, corposo e con l’aggiunta di un tocco moderno. Il proseguo con “Devil Inside” indurisce ancora di più il sound del combo inglese. I graffianti e metallici giri della sei corde elettrica e un basso incalzante rendono ancora più brutale il suono rimanendo comunque ancorati ad un hard rock tradizionale dalle venature grunge e con un refrain ultra – melodico, accompagnato dalla forza vocale e tonante dello scatenato e coinvolgente frontman. A questo punto gli Inglorious cambiano sorprendentemente registro con il nuovo singolo,Say What You Wanna Say”, canzone grintosa e veloce che unisce il punk al glam metal ottantiano e con la timbrica di Nathan che, stranamente, sembra cantare attraverso un megafono cambiando anche registro e approccio. L’alternanza di armonie dure e melodiche può sembrare qualcosa di nuovo per il gruppo, ma furbescamente la band riesce a mantenersi sempre sui consueti e classici ritmi, facendo credere di avere preso una strada diversa rispetto agli esordi. Niente di più sbagliato, perché già con il successivo mid-tempo malinconico e di grande impatto, “Believe”, i ragazzi si tuffano di nuovo in un tradizionale e vellutato hard rock dall’anima romantica grazie agli arpeggi classici ed elettrici della chitarra elettrica di Richard Shaw, che in certi momenti esce le unghie con suoni distorti e aggressivi. Per certi versi gli Inglorious ricordano gli americani Whitesnake, che iniziano con sezioni più sobrie, per poi trasformarsi in qualcosa di diverso verso la conclusione del brano. Quello che piace dei britannici sono i repentini cambi ambientali e di ritmo, con James che alza di tono le sue potentissime corde vocali raggiungendo acuti pazzeschi. È il caso della sinistra e settantiana, “Stand”, dominata da battenti linee di basso e da una martellante batteria. I prolungati e orientaleggianti assoli di chitarra sembrano balbettare dopo l’esplosione di un gradevole e orecchiabile ritornello che si stampa in testa senza nessun tipo di opposizione. Non è finita, perché la galoppante “In Your Eyes” dà ancora la carica sprizzando pura adrenalina, grazie ad uno rapido e sdolcinato ritornello impreziosito da cori e dalla convincente e calda voce del solito e impareggiabile Nathan. I leggeri e iniziali accordi acustici del rock and soul di “Silent”, eseguiti dal poliedrico Parkinson, fanno temere sia un inutile e sentimentale lento, ma anche qui la band stupisce con una semi ballata ispirata dallo stile del leggendario e connazionale Glenn Hughes. James, dalla voce alla Paul Rodgers, e Colin Parkinson insieme sono eccezionali, riuscendo ad altalenare momenti riflessivi ad altri più pesanti, aggiungendo pure dei piccoli tocchi di rhythm’n’blues che calzano a pennello per alleggerire il loro, a tratti, spregiudicato hard rock. La penultima “End Of The Road” rappresenta veramente il nuovo indirizzo sonoro intrapreso dagli anglosassoni, che riescono ad unire la moderna freschezza compositiva dei giorni d’oggi ad un collaudato e intramontabile rock anni ’70, caratterizzato da brevi momenti atmosferici e dalla imponente voce dell’insuperabile singer londinese. L’ultimo colpo di coda è dato dalla bivalente “Power Of Truth”, pezzo innescato da una nota acustica e da leggeri arpeggi di chitarra che, a partire dal secondo minuto, deflagrano in rimbombanti giri di chitarra elettrica. Sembra di udire il maledetto e malinconico grunge dei Nirvana unito a quello più energico e positivo dei Led Zeppelin, con addirittura James dietro al microfono che sembra imitare la versione giovanile di David Coverdale dei Whitesnake. L’ammaliante e sdolcinato refrain melodico si scontra ancora una volta con la rabbia e la ribellione di una band che vuole riemergere e non fare gli errori del passato. Una specie di riscatto che lentamente deve portare ad un miglioramento, ad una nuova fase artistica e ad un lieve cambiamento del sound, mantenendo però sempre il proprio distintivo stile. L’album sembra essere un sincero e leggero cambio di rotta con suoni più attuali, più rinforzati e, soprattutto, più determinati a zittire quegli scettici che hanno sempre rimproverato a Nathan James di avere poca originalità. Il tempo sarà sicuramente un giudice implacabile e veritiero sul nuovo corso intrapreso da una formazione in cerca di stabilità e maggiori consensi.

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