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Luppolo In Rock: un evento che diventa sempre più imperdibile, un festival che punta sempre più in alto mantenendo quella sensazione di essere in famiglia. Band esagerate per questo 2025, a partire da quel nome in alto nel secondo giorno. Oltre alla musica area riposante sotto gli alberi con numerosi tavoli, cibo e birra di qualità, banchetti con dischi, tanto merch e addirittura moto della Royal Enfield.
Anche quest’anno palco spettacolare, suoni buoni, area concerti ben organizzata (nonostante una parte centrale al sole le zone dove ripararsi sono tante) ed un sacco di bella gente. La varietà delle band sul palco ha richiamato un pubblico eterogeneo ed appassionato che, fin dal primo gruppo, ha partecipato e fatto sentire tutto il suo calore ai musicisti.
Siete curiosi di sapere come è andata? Ecco qui il report del nostro Vittorio Manzone e della sua aiutante Eureka_6.
LUPPOLO IN ROCK – GIORNO 1
STRANGER VISION
Dopo aver aperto ufficialmente le danze della tre giorni cremonese con una band Alternative Metal ed una Doom Metal, il piatto si arricchisce con i Power metaller nostrani Stranger Vision! Ancora ricordo una bella esibizione risalente ad un paio di anni fa quando i 4 modenesi suonarono come ospiti al nostro secondo METAL FORTRESS (QUI l’articolo) lasciando il pubblico divertito e ben disposto a scoprire quella che all’epoca era già un formazione in rapida ascesa, ma forse ancora un po’ in ombra nel panorama nazionale. Oggi il palco del Luppolo li accoglie con un buon numero di sostenitori i quali, nonostante l’ultima lama di sole dal calore esagerato che ancora trafigge pubblico e suonatori, danno loro le energie sufficienti a scatenarsi al meglio al ritmo del loro Power Metal con molti frangenti progressivi. Spaziando tra brani più famosi come “Wasteland” dal secondo disco e passando per la presentazione di quelli del più recente “FAUST Act I: Prelude to Darkness” il tempo a loro disposizione trascorre velocemente e imposta degnamente il tono delle successive esibizioni su lidi più veloci ed Heavy Metal!
TYGERS OF PAN TANG
Venerdì sera i Tygers of Pan Tang hanno letteralmente cavalcato il vento librandosi sempre più in alto infiammando l’orizzonte tanto da travolgere lo spettatore nell’ondata impetuosa dell’Heavy Metal anglosassone anni ‘80. Altro che “Eye Of The Tiger”: lì era un solo sguardo a incendiare il visibile, qui è un branco di tigri che accende la folla in visibilio! Perfino una come me, non praticante del genere e di tutto ciò che vi concerne, si è sentita elettrizzata dal suono delle corde rimbalzanti al tocco del fondatore della band, il chitarrista Robb Weir, insieme al suo speculare Francesco Marras: sia in “Fire On The Horizon”, tratto dal più recente album “Bloodlines”, che in “Hellbound”, dal più datato “Spellbound”, i riff delle due chitarre interposti alle ritmiche del bassista Huw Howling, si sintonizzano bene con la voce “roboante” del nostrano Jacopo “Jake” Meille, presenza dominante sul palco, che non può che seguire il battito cardiaco della Tigre, il vero cuore pulsante della band: il bassista Craig Hellis. A chiudere il concerto, una cover dei The Clovers, “Love Potion No. 9”, anche se personalmente avrei preferito l’inversione con la seconda in scaletta, “Gangland” che risulta essere avvincente quanto basta per fomentare il pubblico a voler assistere nuovamente ad un loro concerto il prima possibile. (Eureka_6)
GRAVE DIGGER
Bene, ed ora senza voler togliere nulla a nessuno, entriamo nella zona più calda della scaletta di stasera! Le prime ombre si allungano sul Parco delle Ex Colonie Padane e con il buio anche i primi fantasmi iniziano ad aleggiare su di noi.. Fantasmi particolarmente tangibili e carichi a molle! Ma forse più che fantasmi li si potrebbe definire… Beccamorti! Dalla Germania ecco i mitici Grave Digger! Il loro è un concerto che non lascia scampo e come di consueto si attesta su livelli molto alti grazie alla presenza scenica e alle capacità esecutive di tutti i membri, con menzione particolare al cantante Chris Boltendahl da oltre 30 anni indiscutibile icona del gruppo, oltre che alle belle e famose canzoni pescate in maniera tutto sommato omogenea dalla discografia del complesso teutonico. Va da sé che la decisione di piazzare una tripletta conclusiva composta da “Excalibur”, “Rebellion (The Clans Are Marching)” e “Heavy Metal Breakdown” è vincente e scatena un autentico trambusto sotto palco con un pogo robusto che alle mazzate alterna le voci all’unisono dei metallari accorsi a cantare a squarciagola i famosissimi ritornelli dei brani citati. Grave Digger, un nome, una garanzia!
PRIMAL FEAR
Chiacchierando con un po’ di borchiemuniti durante il pomeriggio ho captato grande entusiasmo per il ritorno dopo alcuni anni di assenza alle nostre latitudini del secondo gruppo tedesco del cartellone, i Primal Fear e devo dire che ho capito il perché! Ammetto candidamente di conoscere molto poco la loro produzione discografica e di non averli mai ammirati dal vivo. Grave errore! La band capitanata dall’oltremodo ginnico cantante Ralf Scheepers sfodera una prestazione intensa, divertente ed emozionante sorretta da una coppia di asce di tutto rispetto composta da Magnus Karlsson e Thalìa Bellazecca, già conosciuta per aver militato nei Frozen Crown, chiamata a realizzare continui e ficcanti scambi di assoli e riff rapidissimi e potenti in grado di infiammare tutti i presenti e lasciare il sottoscritto decisamente basito. L’ora e più concessa a questa longeva e amata band scorre veloce e tra una recente “The Hunter” ed una classica “Metal Is Forever” comprendo che devo ancora mangiarne di pasta e metal per poter ambire a recensire in maniera degna certi spettacoli. A mia difesa dico solo: Grazie Primal Fear per questo concerto!
PRETTY MAIDS
Eccoci dunque al gran finale della prima giornata del Luppolo In Rock 2025 con i danesi Pretty Maids chiamati a far scapocciare i presenti accorsi in buon numero ma decisamente in minoranza rispetto a quanto visto il giorno successivo. La formazione del famoso cantante Ronnie Atkins, attualmente in buona forma e speriamo del tutto libero dal brutto male che da anni lo tormenta, ci porta una scaletta di durata elevata con ben 14 pezzi estratti dal loro repertorio. Insieme ad un paio di band tra il venerdì ed il sabato anche loro rientrano nel novero di quelle che meno conosco e che mai ho avuto modo di vedere dal vivo. L’esibizione è di alto livello e come per tutta la giornata trascorsa, i suoni ed i volumi rendono ottimale l’ascolto. Tra una “Future World” ed una classica “Red, Hot and Heavy” i fan avranno avuto modo di godersi lo spettacolo, spedito nell’andamento e senza troppi fronzoli. Io ed Eureka_6 abbiamo resistito ancora per una buona metà del concerto ma abbiamo dovuto cedere alla stanchezza della trasferta vacanziera che da Torino ci ha portati nella città di Cremona attraversando altre tappe lombarde assortite. Buona notte Luppolo, a domani!
LUPPOLO IN ROCK – GIORNO 2
THE HEADLESS GHOST
I terzi in scaletta ad esibirsi il secondo giorno del festival sono stati i recentissimi The Headless Ghost: un’altra band nostrana formatasi solo nel 2020 che è salita sul palco del festival rockettaro cremonese con quattro canzoni dal loro ultimo album “King of Pain” che tratta temi quali l’oscurità, il tormento e la redenzione. A fare da vocalist un arrogante Stefano Vallino che si inserisce con la sua voce dal timbro ruvido e preciso tra i riff virtuosi di chitarre firmati Aurelio Parise e Alberto Biffi. “Let Them Go” e “Whisper In The Dark” continuano il racconto iniziato in “King Of Pain” che dà il nome all’album: protagonista è un omicida seriale che viene tormentato dai fantasmi delle sue vittime. Ciò che contribuisce a trasportarci in questa realtà cruda e straziante sono i colpi incalzanti del batterista Omar Capetti, sostenuti dalla potente base ritmica di Simone Pesenti Gritti. Infine il brano “Inside The Walls”, deciso e aggressivo, dimostra ancora una volta la potenza e le capacità incredibili del quintetto dai toni al contempo dannatamente virtuosi ed efficacemente “aderenti”: insomma, una volta ascoltati, non si può fare a meno di toglierseli dalla testa! (Eureka_6)
WYV85
Ammetto di non aver mai sentito nominare i WYV85 ed ho dovuto rivolgermi al pozzo della conoscenza – Google – per apprendere qualcosa su di loro. Formatisi nel 2019 come progetto parallelo della band Heavy Metal Wivern a sua volta originatasi nell’anno 1985, propongono in maniera rivisitata i brani originali della formazione originale di questa attempata, ma convincente truppa di metallari. Segnalo l’ottima predisposizione al live, data da tanti anni di palchi in Italia e fuori e la simpatia, nonché bravura, del cantante Fabio Bonaccorsi che intrattiene con vigore il pubblico sia cantando che chiacchierando tra un brano e l’altro. Prestazione convincente e dedita ad un Heavy Metal d’annata senza fronzoli e divertente.
TARCHON FIST
Il sabato sera è stata anche la volta del combo metal bolognese Tarchon Fist, formatosi nel 2005: sembrava di far parte di una schiera di guerrieri pronti alla lotta proprio in onore del dio etrusco Tarconte che dà il nome alla band. Una lotta a suon di ritmiche incalzanti grazie alle chitarre di Luciano Tattini e Sergio Rizzo. A dir poco avvincente la prima in apertura, “The Game Is Over” dall’album Celebration, grazie anche alla bravura di Marco “Wallace” Pazzini (che “groove”!). Come non citare “No Mercy For The Enemy” con il suo ritmo travolgente scandito dalle bacchette del batterista Mattia Vescovi. C’è da dire anche che, leggendo il significato dei testi, non solo i nostri guerrieri si battono per un sound migliore, ma lo fanno anche per delle cause: basti pensare alla canzone “Soldiers In White”, i “soldati” in camice bianco che salvano vite oppure “Ireland’s rebels” che racconta la ribellione irlandese, entrambe tratte dall’ultim album “The Flame Still Burns”. Insomma, una scoperta per la sottoscritta che grazie a Festival come questi vuole saperne sempre di più e f (ar parte della schiera ribelle “metalhead”! (Eureka_6)
CRASHDIET
Sarò chiaro: per il sottoscritto le esibizioni di Grave Digger, Tarchon Fist e dei miei amati Crashdiet rientrano tra le preferite tra quelle alle quali ho assistito tra ieri e oggi – menzione a parte per il piatto forte di serata che commenterò più avanti. Vuoi per l’indiscutibile capacità dei gruppi citati di rapportarsi agli strumenti e al pubblico, vuoi semplicemente per le belle canzoni proposte. I capelloni svedesi però riescono ad alzare l’asticella del mio entusiasmo grazie ad una performance che, eccezion fatta per un paio di sbavature alla voce nei primissimi minuti della serata, ha regalato classe e precisione per un’oretta di sano e coinvolgente Sleaze Metal, marchio di fabbrica di questa formazione attiva da più di un ventennio ma ancora fresca e pimpante come se fosse all’esordio. La scaletta portata per l’occasione è di quelle che tolgono il fiato con quasi tutti grandi classici che hanno aiutato i nordici a distinguersi negli anni e far di loro la punta di diamante del revival Glam di qualche anno fa. Dall’iniziale “Riot In Everyone” passando per le Hit “Cocaine Cowboys”, “Togheter Whatever” e “Breakin’ The Chainz” cantante da molti presenti a pieni polmoni, la sensazione è che l’evento di stasera, oltre ad essere uno dei pochi del 2025 con protagonisti i Crashdiet, abbia convinto il quartetto a preparare uno show con i fiocchi che ha consentito loro di divertirsi seriamente a giudicare dai sorrisi sui loro volti. Chissà, solo mestiere o a volte anche le star hanno sentimenti? Mistero. Di certo il sorrisone si è stampato sul mio volto dopo aver finalmente ballato dal vivo con il pezzo più famoso “Generation Wild”! Che energia, che passione… che figata!
FIREWIND
Lo stesso discorso fatto per i Primal Fear vale ahimè anche per i greci Firewind, giacché la mia conoscenza del pantheon metallico evidentemente deve ancora espandersi e di molto. Fustigatomi il giusto devo dire che rispetto alla band tedesca della sera precedente, sono rimasto meno colpito da quella ellenica capitanata dal virtuoso chitarrista in arte Gus G. non di certo per demeriti dei musicisti o altro ma semplicemente per gusto personale che non mi ha fatto apprezzare esageratamente il Power Metal proposto. Ho raggiunto a circa metà concerto la zona prato per riposare le mie membra stanche e godermi ad ogni modo l’esibizione che sotto il punto di vista esecutivo ha rappresentato uno dei picchi di queste due giornate. La cover di “Maniac” ha strappato più di un sorriso e qualche balletto tra la folla. Intanto i minuti passano e il nome grosso della locandina si avvicina…
RUNNING WILD
Ventritre (23) anni. Tanti ne sono trascorsi da quando nel 2002 i primi ed originali Pirati del Metal veleggiarono per l’ultima volta nei nostri mari! Oggi, finalmente ritornano con l’occasione di questo bel festival i Running Wild a farci scatenare al ritmo del loro Heavy/Power Metal inconfondibile e unico nel suo genere, tanto da attirare moltissimi fan tra i quali anche svariati travestiti da marinai avventurieri. Sin dalle prime note di “Chamber Of Lies”, classica intro impiegata nei live, la carica si eleva a vette esagerate e quando esplode il riff di “Fistful Of Dynamite” siamo già tutti impazziti e nemmeno l’annuncio del capitano Rolf Kasparek relativo all’impossibilità di impiegare gli effetti pirotecnici per via dell’assenza di via libera del comune – in effetti mi è parso che la radura attorno alla località dell’evento non fosse particolarmente umida – è riuscito a scalfire l’entusiasmo dei presenti. Non pensavo ad esser franco che la resa dal vivo del quartetto potesse essere così valida, non tanto per il discorso strumentale quanto per quello vocale, complice anche un’età che inizia a farsi elevata ed invece è parso, se non addirittura di essere nell’epoca d’oro, di ritornare a fasi passate dove l’ugola del Nostro condottiero era in gran spolvero.
Un paio di scelte come “Piece Of The Action” e “Locomotive” dal poco celebrato disco “Shadowmaker” mi hanno leggermente fatto storcere il naso ma in fondo il risultato è stato convincente ed il divertimento non è mancato ma insomma… se la ciurma più borchiata del Rock cannoneggia classici assoluti come “Bad To The Bone” e “Riding The Storm” uno in fila all’altro, mi perdonerete un po’ di sufficienza sui pezzi citati in precedenza ad inizio paragrafo. L’Unica altra mia critica bonaria è legata all’esagerato prolungamento del coro di “Branded And Exiled” fattoci cantare a canone dal front man per circa tre minuti oltre al consueto probabilmente per recuperare un po’ di fiato oltre che per regalare il massimo coinvolgimento possibile. Dettagli: non ho smesso un secondo di rispondere ai suoi rochi “Brandeeeed”!
Nell’ultima parte di concerto i fan più energici hanno iniziato ad indemoniarsi nel pogo ma d’altronde quando si susseguono brani come “Lead or Gold”, “Soulless” e l’antologica “Under Jolly Roger” l’unica cosa da fare è immaginarsi corsari e arrembare senza pietà chiunque si trovi al vostro cospetto!
L’ultimo momento – si fa per dire – che i Running Wild ci regalano è forse il più inatteso, magico ed epico possibile, in grado di emozionare quasi alle lacrime gli affezionati presenti. Dal buio calato sul palco si avvertono leggeri sciabordii di onde ed una voce calda e profonda che inizia a raccontarci… “Squire Trelawny and Dr. Livesay having asked me, Jim Hawkins, To tell everybody the whole tale about the ‘Island’”. Eccola. Per la prima volta dal vivo dal 2003 ad oggi. Il marchio di fabbrica perfetto che racchiude in un sol colpo la grandezza della band. I 10 minuti più belli della mia esperienza al Luppolo mi passano innanzi veloci come lo scintillio di una moneta d’oro che galleggia per un ultimo momento sotto il sole caraibico prima di inabissarsi per sempre. TREASURE’S ISLAND!
Non servono più troppe parole per descrivere un live tanto atteso quanto riuscito, chi c’era può portarlo con sé e a chi non c’era spero di aver dato almeno un saggio della passione percepita e dell’esaltazione provata!
Ciao Running Wild, tornate presto! Ciao Luppolo, io tornerò presto di sicuro!
Scaletta:
01. Fistful of Dynamite
02. Piece of the Action
03. Bad to the Bone
04. Riding the Storm
05. Locomotive
06. Assolo di batteria
07. Little Big Horn
08. Branded and Exiled
09. Lead or Gold
10. Soulless
11. Under Jolly Roger
Encore:
12. Treasure Island