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Questi sei veterani musicisti newyorkesi dopo aver creato una vera e propria band di tributo chiamata Double Vision, dal nome del secondo album dei mitici americani Foreigner, decidono finalmente di pubblicare delle canzoni inedite seguendo sempre le influenze dei propri beniamini. La Frontiers Records non si fa sfuggire questa occasione accogliendoli nel proprio roster dando così a questo interessantissimo gruppo rock di poter espandere i propri confini facendosi conoscere ad un pubblico più vasto. Per fortuna gli statunitensi non cadono nella trappola di incidere inutilmente alcune famose canzoni dei loro amati e venerati Foreigner offrendoci così solo delle inedite canzoni. Il debuttante sestetto statunitense si compone di Scott Metaxas al basso (ex Prophet), Scott Duboys alla batteria (ex Warrior Soul ed ex Nuclear Assault), Chris Schwartz e Paul Baccash alle chitarre, Alex Lubin alla tastierista e Chandler Mogel (ex Outloud, ex Talon) al microfono.
Il gruppo afferma: “Volevamo realizzare un disco che fosse totalmente nostro, ma che contenesse comunque un omaggio (o più) ai Foreigner. Non volevamo qualcosa di derivativo, ma allo stesso tempo qualcosa che piacesse ai fan della band. Volevamo una nostra identità e un nostro marchio. Tuttavia, crediamo che un buon modo per descrivere l’album sia questo: se prendessimo tutte le diverse epoche dei Foreigner e le unissimo in una sola, insieme ad altre influenze sporadiche, suonerebbe più o meno come i Double Vision.”
Questo disco, quindi, è la svolta che potrebbe farli entrare nel circuito internazionale e affollato dell’AOR perché i musicisti riescono a trasmettere lo spirito impetuoso e la profondità emotiva del rock melodico ottantiano cercando di allontanarsi un po’ dai propri idoli, ma utilizzando un tocco attuale e moderno per adeguarsi giustamente ai tempi. Questo è encomiabile e un buon punto di partenza per il futuro in modo da creare un sound il più personale possibile. Lo si sente un po’ nell’iniziale e primo singolo “Prison Of Illusion”, scritto dal cantante con la cantautrice svedese Aleena Gibson, che ha anche co-scritto metà del disco. Il pezzo è grintoso e coinvolgente grazie alle roboanti chitarre elettriche e alle sopraffine tastiere che si contendono la scena insieme all’aggiunta di altezzosi assoli di sassofono offerti dall’amico Tony Carfora. La timbrica vocale di Mogel è pulita e culmina in robusti acuti nel melodioso e ammaliante ritornello. Le emozioni dettate da una grande atmosfera melodica proseguono nella ruggente, “No Fool For Love”, classica song alla Foreigner perché racchiude graffianti e sdolcinati giri di chitarra elettrica mischiati con i tocchi retrò dei sintetizzatori che avvolgono un trascinante e orecchiabile ritornello. Le ciliegine sulla torta sono poi gli assoli disordinati di rock and blues delle chitarre elettriche e la caldissima ugola del frontman a stelle e strisce. La classe di questo gruppo continua nell’elegante ballata, “The Man You Make Me”, dove la voce romantica di Chandler, attorniata da lussureggianti tastiere e vibrazioni orchestrali, raggiunge l’eccellenza. La cadenzata “I Know The Way” riprende la scia iniziale con un refrain ultra-melodico caratterizzato dalla perfetta tonalità vocale del singer accompagnato da accavallati cori. Purtroppo, questa leggerezza e questa carica creativa cala un po’ nella mediocre “Youphoria” e nel riempitivo strumentale “Transient Times”. Nella prima gli intermittenti riff chitarristici sono più duri e guidati da costanti e brillanti synth che non riescono a raggiungere un importante e memorabile ritornello, mentre nella seconda i campionatori uniti al classico suono di un pianoforte non dicono assolutamente nulla. Per fortuna tracce come “Look Out For Me” rimettono i Double Vision in careggiata per via della loro grande attitudine di sfornare malinconiche e struggenti ballate impreziosite dalle magnifiche corde vocali di uno strepitoso Mogel. Il cantante riesce a fare da perno tra le leggere sei corde elettriche e la soffice tastiera, tanto da far commuovere nel super orecchiabile ritornello. I newyorchesi sanno ben suonare e ammaliare l’ascoltatore con l’iconica e variegata voce del cantante, sempre al servizio di indovinate ed efficaci melodie, come nella elaborata “Silence Is Louder”, pezzo di puro AOR, anche questo dal forte stile Foreigner, che raggiunge una certa laboriosità melodica con piccoli cambi di tempi e di accordi ma sempre mantenendo la strada maestra dell’affascinante e indovinata armonia. Gli americani in questa parte centrale dell’album rimangono bloccati nei loro ricordi e nelle loro storiche cover perché un pezzo, come “Church Of The Open Mind” li trascina ad omaggiare ancora una volta i loro pensionati idoli. Le due chitarre sono più robuste e amplificate portando ad un familiare ritornello stupendamente orecchiabile e da un moderato assolo blues di chitarra. Lo stesso dicasi per la ritmata e corale “Once Before”, dove delle belle voci femminile di sottofondo alzano il livello della composizione. Se poi aggiungiamo l’assolo di sax che sovrasta la predominante tastiera allora raggiungiamo l’apice del puro AOR. I Double Vision sono bravi a proiettare l’ascoltatore nei mitici anni ’80 con interessanti e a volte scontate melodie cercando anche di metterci del proprio, come nella semi ballata “A Stranger’s Face”. Qui le iniziali sei corde acustiche lasciano spazio a quelle elettriche che accompagnano la profonda ugola di Mogel e dei dolci sintetizzatori di contorno. Il superbo e melanconico ritornello crea un ‘atmosfera rilassante ma allo stesso tempo energica e adrenalinica. L’hard and blues di “This Day And Age” trasporta velocemente dalla prima all’ultima nota soprattutto per via delle vigorose chitarre elettriche di Schwartz e Baccash portandoci, senza fronzoli, dritti nella famosa West Coast statunitense. L’ultima “Love Could Rule” continua su questa strada ma molto più lentamente privilegiando un suono più soft rock del solito e decisamente diverso dal resto dei pezzi ascoltati prima. Nonostante lo stile molto retrò il sestetto americano riesce comunque nell’impresa di offrire un prodotto fresco e attuale. In conclusione, disco non datato ma alcune canzoni risultano scipite e memorabili in quanto ancora manca, in generale, una forte identità musicale. Le intenzioni per fare grandi cose ci sono e potenzialmente i Double Vision non sono secondi a nessuno anche se ancora sono decisamente legati agli inimitabili Foreigner.