INSANIA – The Great Apocalypse

Titolo: The Great Apocalypse
Autore: Insania
Nazione: Svezia
Genere: Power Metal
Anno: 2025
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Ola Halén – Voce, Chitarre
Niklas Dahlin – Chitarre
Erik Arkö – Basso
Mikko Korsbäck – Batteria


Tracce:

01. The Trinity
02. Indestructible
03. No One’s Hero
04. Afterlife
05. Revolution
06. The Prophesier
07. Fire From Above
08. Underneath The Eye
09. The Great Apocalypse (When Hell Is All Around)


Voto del redattore HMW: 7,5/10

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Una volta, a un festival, partecipai a una animata discussione sui Judas Priest. A un certo punto qualcuno disse che Painkiller era ‘leggermente sopravvalutato’, e mi ricordo che ci scagliammo tutti contro di lui, con urla e versi di disapprovazione… Con le debite proporzioni, mi è capitato lo stesso di recente, su un forum, quando ho baldanzosamente dichiarato che il giudizio generale sugli Insania mi sembra più generoso di quanto essi non meritino: sono passato per il solito talebano del power metal… e ci sta pure, figuriamoci, però non cambio il mio giudizio.

A mio parere, infatti, gli Insania sono ‘semplicemente’ una buona band di power metal; ma una di quelle che metterei in seconda fascia. Grintosi, puliti, melodici, ma finora (e credo di avere tutti i loro dischi) non capaci di pubblicare un capolavoro o almeno un singolo che si faccia davvero notare. Farei anche una distinzione fra la prima e la seconda parte della loro carriera, separate da uno iato di quasi 15 anni: la prima, più ‘eroica’, più ingenua, più spontanea; la seconda, con l’esposizione pubblicitaria di una quasi-major come la Frontiers, un sound più sfaccettato, una maturità artistica indubitabile, ma comunque che tenta di suonare retrò, riuscendoci quasi sempre bene.
Sia chiaro, auguro ai nostri ogni fortuna, e spero che il loro sesto disco che qui recensiamo, The Great Apocalypse, abbia un grande successo; io lo sento con piacere, ma non con un entusiasmo invasato!

“The Trinity”, che si apre sulla celebre frase della Bhagavad Gita “I Am Become Death”, nota in Occidente per essere stata, pare, pronunciata da Oppenheimer di fronte alla prima bomba atomica, è scandinavian power metal inizio anni 2000 in modo commovente: sia nelle ‘sgraziatezze’ degli acuti di Ola Halén, sia in un ritornello melodico che dice Celesty o Freternia, ma anche nelle linee vocali alla Altaria o alla Cryonic Temple del remoto passato. “Indestructible” è dominata dalle tastiere, mentre “Afterlife” ha i trionfalismi dei Gamma Ray più barocchi (ditemi se non vi fa pensare a “Shining Star”…) e un parte strumentale conclusiva con un bell’approccio epico.

“Revolution” è certamente il brano più teatrale e vario: si passa da momenti eterei alla Heavenly ad altri di power più corposo, helloweeniani ma non troppo, sempre mantenendo alto il livello di scrittura e l’attenzione dell’ascoltatore. Ancora riferimenti ‘antichi’ nello squillante ritornello di “Fire From Above”; la suite-titletrack è la canzone che più restituisce il mio personale giudizio su questa formazione, dato che tiene desta l’attenzione, ha delle variazioni, ha dei bei passaggi strumentali… ma non coinvolge mai davvero al 100%.
A volte si sfora (in “No One’s Hero” mi sarei certamente evitato la – lunga – citazione da “Katjuša”), e in generale alcune canzoni sono decisamente troppo lunghe; il disco, di nove brani, finisce per durare 63 minuti. Ma nel complesso siamo di fronte a un ottimo disco, cui manca però quell’ingrediente magico, quel ‘quid’ che solo pochi hanno.

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