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I Rage tornano con un nuovo album che, pur non stravolgendo la formula, riesce a confermare la vitalità e la coerenza della band. Dopo il monumentale Afterlifelines, che ci aveva regalato un doppio disco ricco e stratificato, A New World Rising arriva come naturale prosecuzione, ma con un piglio diverso, più diretto, più positivo (almeno nei testi). Lo dice il gruppo stesso: se prima il mondo sembrava sull’orlo del collasso, ora si guarda avanti con un messaggio di speranza e indipendenza. Questo cambio di rotta tematica non si riflette però nel mood generale del disco, che mantiene la sua anima power thrash, distribuendo calci e schiaffi.
Musicalmente siamo ancora lì, nel territorio che i Rage ha saputo conquistare e difendere con orgoglio: riff potenti, ritmiche serrate, melodie ben costruite e una produzione che valorizza ogni strato sonoro. Il power trio si conferma: Peavy Wagner al basso e alla voce, Jean Bormann alla chitarra e Vassilios “Lucky” Maniatopoulos alla batteria. Ed è proprio il lavoro di Jean a brillare in questo disco, con momenti davvero notevoli in pezzi come “We’ll Find A Way”, “Fire In Your Eyes” e “Paradigm Change”. Quest’ultima, in particolare, con il suo groove avvolgente e i suoi cambi di atmosfera, mi ha riportato alla mente i Savatage degli ultimi album.
Vassilios, dal canto suo, è una macchina da guerra. Preciso, potente, mai invadente ma sempre presente. Non fa rimpiangere nessuno dei suoi predecessori, ed é in sintonia perfetta con il resto della band. Peavy sembra (quasi) aver trovato un equilibrio vocale che gli permette di esprimersi con più consapevolezza, non tentando più di raggiungere territori che ormai gli sono ostili, ma lavorando con quello che ha: certo, non è impeccabile, ma è più che credibile. E continuo a pensare che l’aggiunta di più parti in growl potrebbe dare una marcia in più alla proposta del combo tedesco.
Le canzoni scorrono con naturalezza, alternando momenti di pura aggressività come “Innovation” e “Against The Machine” a episodi più melodici e catchy come “Cross The Line”, dove i ritornelli tipici di Peavy tornano a farsi sentire. “Freedom” è uno dei brani che mi ha colpito di più. “Beyond The Shield Of Misery” è un altro highlight, con quel sapore death melodico che aggiunge poliedricità al disco. E che dire dell’introduzione orientaleggiante di “Next Generation”? Un tocco di classe che apre a un brano potente e ben costruito. Il bridge che porta al solo di “Fear Out Of Time” è uno dei momenti più riusciti, mentre “Leave Behind” e la già citata “Beyond The Shield Of Misery” confermano la capacità del gruppo di spaziare senza perdere coerenza.
“Fire In Your Eyes” è la “ballad” del disco, delicata e atmosferica, un momento di respiro che non stona affatto nel contesto generale. E poi c’è “Straight To Hell ’25”, una nuova versione di un classico, un regalo per i fan più fedeli, che chiude il disco con un sorriso nostalgico e una pacca sulla spalla.
In alcuni passaggi più cadenzati e pesanti, ho sentito echi dei nostri Eldritch, quelli di Reverse, quando decisero di abbracciare sonorità più aggressive.
Qualcuno potrà dire che questo disco è fatto a tavolino, senza rischi. Non lo so. Forse. Ma a pelle, mi sembra piuttosto il frutto di una band che ha ancora voglia di dire qualcosa, che produce tanto e che vuole condividere il più possibile.
Dopo oltre quarant’anni, non possiamo pretendere rivoluzioni, né possiamo condannare l’autocitazione. A New World Rising è un disco onesto, solido, che non sarà una pietra miliare del metal, ma che sicuramente non deluderà i Rageheads. E agli altri, consiglio di non fermarsi a due ascolti distratti: questo è un album che va assimilato e capito.
You’re my innovation, creeping in my brain



