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Ciascuno tenga infine per sé la propria scelta; l’importante è prendere una posizione. C’è chi ama gli strumenti e gli strumentisti, li vuol sentire espressi, vedere contorti e vibranti – accarezzare od ululare. E i brividi… i brividi. Poi c’è chi vi defèca ed urina contro con cadenza oraria, intasandosi la bocca di insulti sostanziali mascherati da blandizie formali e proclamandosi obbligato da invisibili e soverchianti potenze collettive. Gli zooteologici Goat Sanctuary si schierano col primo ordine ed è presto evidente che la purezza d’intenti affidata a magister Jack Endino ha di che farci sollevare l’angolo della bocca piuttosto che il sopracciglio.
Definiscono sé stessi come thrash e talvolta va anche bene purché si lasci ai più giovani il tempo di scoprire che il thrash è in gran debito col punk e a noi tutti l’opportunità di renderci conto che il tutto è coperto da una crosta compositiva moderna e poco metal; crosta stesa sia dalla voce (linee e colore) sia da certi fraseggi e tremolo a scavezzacollo. Tra le associazioni innescate da queste parti c’è stata l’impressione che i Violent Thorr stessero suonando in chiave punk i pezzi meno sognanti dei Mastodon.
Coi tempi che corrono, non sarà dura trafugarne un ascolto. Peccato per la copertina, banale e patinata.