MALVADA – Malvada

Titolo: Malvada
Autore: Malvada
Nazione: Brasile
Genere: Hard Rock
Anno: 2025
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Indira Castillo – voce
Bruna Tsuruda – chitarra
Juliana Salgado – batteria
Rafaela Reoli – basso


Tracce:

01. Down The Walls
02. Yesterday (My End, My Beginning)
03. Veneno
04. Fear
05. After
06. Como Se Fosse Hoje
07. Bulletproof
08. So Sweet
09. Aversão
10. I’m Sorry
11. Dead Like You


Voto del redattore HMW: 6/10

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Le promettenti brasiliane Malvada, fresche di un contratto con la nostrana Frontiers Records, pubblicano il loro secondo e omonimo album in studio. Formatisi nel 2020, il combo femminile è composto da Angel Sberse al microfono, Bruna Tsuruda alla chitarra, Ma Langer al basso e Juliana Salgado alla batteria. Le giovani carioche, a differenza di tante band connazionali non si spingono verso il lato più estremo del metal, puntando invece su un classico hard rock che bilancia influenze contemporanee con un tocco tradizionale che al momento non risulta molto nitido rispetto a quello che offre il mercato mondiale su questo genere.

La band ha commentato il nuovo album: “È il risultato di due anni di lavoro e siamo molto emozionate di mostrare al mondo quanto siano cresciute le Malvada. Crediamo che sia il miglior lavoro della nostra vita e piacerà a tutti, perché mostra la nostra vera essenza. Vivrete un’esperienza autentica”.

Rispetto al precedente e insufficiente A Noite Vai Ferver del 2021 si nota un miglioramento e un passo in avanti grazie all’apporto della label italiana che suggerisce alle sud americane di proporre canzoni non solo in portoghese ma anche in inglese con l’obiettivo di conquistare un pubblico globale. Se il problema fosse solo questo la situazione sarebbe tutta in ascesa ma i Malvada appartengono ad una categoria di gruppi rock che hanno troppi cliché obbligatori. Lasciando la pochezza dei testi e la mancanza di creatività negli arrangiamenti, sviano spesso con confusione verso altri lidi non riuscendo a far digerire la loro musica. Per esempio, la seconda in scaletta, l’orecchiabile “Yesterday (My End, My Beginning)” è interessante solo nei brevi e intermittenti assoli chitarristici, dal sapore settantiano, profusi brillantemente dalla comunque promettente Bruna Tsuruda. L’iniziale,” Down The Walls”, inganna con sonorità hard contemporanee e alternative ma anche con elementi grunge novantiani culminanti con un bel e melodico ritornello. Troppa carne al fuoco rispetto al loro lontano esordio carente di fantasia e molto schematico. Il cantato in portoghese in “Veneno”, fa perdere punti ad una song semplice e armonica che fa udire dei brevissimi cori e la cantilena esecutiva della singer. La cantante Indira alterna momenti puliti ad altri più acri ma in generale sembra lasciata un po’ sola a mandare avanti la baracca sostenuta solo dagli assoli della promettente Bruna. Solo in “Fear” il gruppo riesce a sviluppare qualcosa di più coinvolgente ed emozionante grazie a degli indovinati momenti atmosferici sostenuti da alcuni archi, che strizzano però troppo gli occhi ad uno sdolcinato AOR in cui cozza la ruvida ugola della vocalist brasiliana.

Proseguendo, non dispiace il lento “Como Se Fosse Hoje” dal suono tipicamente latino ma troppo commerciale. Il pianoforte e la chitarra acustica vanno a braccetto creando un refrain armonico e malinconico questa volta ben interpretato dalla Castillo. L’intervento della sei corde elettrica, verso il finale e il cantato in portoghese sono la ciliegina sulla torta di un pezzo che esce fuori dai canoni rock andando verso altre direzioni. Idem per il lento “So Sweet “, brano semi-acustico che, per intensità ed atmosfera, è una delle composizioni più riuscite dell’album. La carina ballata “I’m Sorry” rientra pure in questa cerchia, ma è troppo radiofonica e ruffiana per una band che vuole sfondare nel rock che conta. A pensare male sembrerebbe che le Malvada siano portate verso altri generi e non proprio verso l’hard rock facendo così cadere nel vuoto quelle ambizioni di rock/alternative  sventolate ai quattro venti ma che poi concretamente rimangono per la maggior parte inespresse. Nel finale, a parte la cadenzata e possente, “Bulletproof” e la roboante “Aversão” non c’è molto da apprezzare. La prima è una tirata e incisiva traccia di hard rock caratterizzata da una battente sezione ritmica e impreziosita poi da uno sdolcinato assolo chitarristico. La seconda invece è più lenta ma sempre possente con un refrain più armonico e un cantato molto più aspro del solito.

Purtroppo, le quattro musiciste perdono un’occasione importante per emergere con questo nuovo disco. L’opera quindi non decolla, a parte i pezzi lenti e mainstream della set list. Peccato perché da questo quartetto rosa ci si aspettava qualcosa di più interessante e coinvolgente.

 

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