Visualizzazioni post:749
A distanza di due anni, dall’ultimo lavoro in studio, esce The Leftovers – Volume I dei Degreed, un EP che sembra una raccolta di pezzi messi da parte negli anni e recuperati per l’occasione. Insomma, nove tracce che in teoria per un motivo o per un altro non hanno trovato posto nei dischi precedenti e che quindi sembrano degli scarti. L’apparenza per fortuna inganna perché già dalle prime note si ode un grande talento nel bilanciare raffinate e allegre armonie con un impatto sonoro abbastanza potente. Ne è un palese esempio la seconda in scaletta “Good Enough”, dove il sound serrato della band si sposa con il melodico e ritmato ritornello della traccia. La tellurica batteria di Mats Eriksson è accompagnata da possenti linee di basso e dagli articolatissimi assoli chitarristici di Daniel Johansson mischiati a sdolcinati tocchi di tastiera.
Naturalmente, l’iniziale “If It Wasn’t For Me”, fortemente influenzato dall’AOR americano, è l’anticamera dell’inconfondibile energia degli svedesi. I penetranti e sdolcinati giri di chitarra della chitarra elettrica sono anticipati da un breve e familiare intro acustico che è il preludio di un refrain melodico da brividi. Eriksson, dietro al microfono, con la sua cristallina voce, dà sicurezza e profondità al rock melodico profuso dagli scandinavi. I ragazzi riescono bene a fondere il melodico classic rock con la forza e la grinta dell’hard rock come nel caso della veloce e cadenzata, “Demon, Love Your Enemy” e della successiva “Wildchild”, un vero e proprio omaggio al precocemente scomparso Alexi Laiho dei Children Of Bodom. Nella prima la solita e robusta batteria guida la forza d’urto di una scatenata e tirata sei corde elettrica. Bello anche il coinvolgente ritornello ma è nella seconda che i Degreed sfornano il capolavoro. Qui l’ugola incazzata e dura di Mark trascina l’ascoltatore con un sound veloce e massiccio ma non abbandonando lo spiccato senso di melodia culminante in un super orecchiabile ritornello dalle venature pop. Questo è il momento più importante ed emozionante della set list e merita il prezzo dell’album. “Get Up!” è un altro autorevole e celere pezzo a livello esecutivo, che raggiunge il culmine con i malinconici giri di chitarra e le grida del cantante nordico. La romantica power ballad “Hard To Be Human” è quella song che non può mancare nel menù di una band come questa. Il pianoforte di Blanc si prende magicamente la scena grazie a soavi armonie impreziosite anche da fondamentali arrangiamenti d’archi. Il melanconico e melodioso ritornello trasuda conforto e serenità ricordandoci quanto sia importante l’amore per gli esseri umani. Il cantato lamentoso e melodico di Robin si combina perfettamente con la leggerissima e raffinata sei corde elettrica del bravissimo Johansson.
Dopo questa scorpacciata di buone canzoni gli svedesi si divertono sperimentando sonorità moderne ma anche da disco anni ’80 in uno dei loro pezzi passati come, “This Is Love”. Qui il loro melodico rock si trasforma in una carina versione synthwave che comunque non si addice del tutto al loro inconfondibile stile. Bella invece la seducente e sentimentale, “Falling Down”, eseguita in versione pianistica e intimistica che piace al primo ascolto anche se quella originale è un pizzico migliore. Egregia l’interpretazione dell’ottimo frontman che spiega come questa rivisitazione sia uscita anni fa solo per il mercato giapponese: “Questa versione di Falling Down è tratta dalla versione giapponese dell’album Are You Ready. È bello farla ascoltare anche al resto del mondo”. L’inedita e conclusiva “Hear Me Out” è invece una struggente ballata per pianoforte che chiude brillantemente la raccolta. Colpisce in positivo ancora la calda timbrica del singer, il ritmo dato dalla precisissima sezione ritmica e la lenta ma ruggente chitarra elettrica.
The Leftovers – Volume I non è un avanzo ma è un dischetto che merita la pubblicazione e l’ascolto di tutti. Sì, proprio tutti! Non solo da parte dei fan, ma anche di chi ama il puro AOR e l’hard rock melodico. Il loro suono mescola sonorità classiche ma anche attuali con influenze più contemporanee, offrendo un incrocio molto personale e coinvolgente. L’asticella si sta alzando e a questo punto aspettiamo curiosamente il nuovo album per consacrarli definitivamente come una delle migliori formazioni in circolazione del Nord Europa.