LAGUNA – The Ghost Of Katrina

Titolo: The Ghost Of Katrina
Autore: Laguna
Nazione: Messico
Genere: Hard Rock
Anno: 2025
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Andrés Espada – voce solista
José Mesta – chitarra solista
Firio Verástegui – chitarra ritmica
Daniel Mesta – basso
Sergio Mtz – batteria


Tracce:

01. Intro – Katrina
02. Ghost Behind The Mask
03. Living On The Line
04. Punk Boy (ft. Jimmy Westerlund)
05. Wildfire
06. These Chains
07. Electric High
08. My Syndrome
09. Bring Me To Life
10. Sinner Of Tomorrow


Voto del redattore HMW: 7,5/10

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Originari del deserto di Torreón, Coahuila, in Messico, la band dei Laguna debutta con The Ghost Of Katrina grazie alla nostrana Frontiers Records che dà a questo giovane quintetto di far conoscere la loro potente raccolta di composizioni influenzate dalle melodie europee e americane. Nel corso degli anni, si sono costruiti una solida reputazione nei circuiti rock nordamericani e latinoamericani, esibendosi in importanti festival come l’Hell and Heaven Fest (uno dei più grandi festival rock dell’America Latina) e il famigerato KnotFest aprendo anche i concerti di importanti gruppi, come i W.A.S.P., Timo Tolkki e i The Warning.

I Laguna spiegano il significato della loro musica e del loro nome, come dice il chitarrista José Mesta: “Molto prima di essere un deserto, era una laguna, che si è prosciugata migliaia di anni fa, lasciando solo serpenti e topi, eppure in profondità sotto la superficie, l’acqua scorre attraverso le caverne di questo grande deserto”. Questa metafora è calzante sulla storia di questo gruppo nato tra mille difficoltà e che riesce a risorgere con la potenza e l’energia che solo l’hard rock può portare.

Si scopre anche che la strumentale apripista, “Ghost Of Katrina”, non si riferisce ad una donna deceduta ma ad una figura iconica del Giorno dei Morti in Messico. A livello spirituale questo fantasma, simbolo di morte, simboleggia l’accettazione del trapasso come parte naturale del ciclo della vita, così come l’uguaglianza di tutti di fronte alla stessa morte. Insomma, il decesso non fa distinzioni, né per status sociale, razza o qualsiasi altra distinzione; tutti finiamo per morire. Tornando alla musica i sudamericani emanano un sound di melodico hard rock di stampo europeo con un tocco moderno e distintivo di AOR statunitense, come quello profuso dai One Desire, gli HEAT o i sottovalutati Pretty Maids. La produzione è poi firmata dal chitarrista e compositore Jimmy Westerlund (One Desire) che riesce con la sua esperienza a rendere il suono dei ragazzi dinamico ed energico ma molto melodico. Questo aspetto lo si sente subito con il singolo “’Ghost Behind The Mask”, un pezzo dall’oscura e coinvolgente armonia. Il ritornello è ammaliante e trascinante quanto basta per far cantare le strofe a squarciagola e alzare i pugni in cielo cercando di imitare la potente e accattivante ugola del singer Andrés Espada. Lo stile è tipicamente anni ’80 per via di soffusi e scintillanti tocchi di tastiera e addirittura un iniziale e breve sassofono che sinceramente è la ciliegina sulla torta di una traccia riuscitissima.

La successiva “Living On The Line” irradia una fantastica e brillante atmosfera ottantiana sostenuta da una sottile tastiera e da robusti riff chitarristici. Infatti, l’utilizzo di distorti giri di chitarra e di virtuosi assoli chitarristici lo rendono appassionante e abbastanza duro ma comunque accessibile per l’indovinata melodia sviluppata. I Laguna non si fermano qui perché nonostante l’amore per band come i Night Ranger e i Journey dimostrano di saper creare grandi canzoni, come “Punk Boy” caratterizzato da massicci e intermittenti giri di chitarra svolti dall’ospite Jimmy Westerlund e da un refrain super melodico guidato dalla robusta e acutissima voce del bravissimo vocalist messicano. Un altro brano dalla forte personalità è “Wildfire”, una ritmata semi ballata impreziosita dalla risonanza del sax e da una lunga linea melodica. È qualcosa di diverso che nell’occasione con il suo cambio di tempo e le sue parti ambientali abbraccia leggermente il rock progressive. La maestria musicale della formazione latina è eccezionale soprattutto per l’enorme energia profusa dalla forte melodia propagata dalla chitarra solista di José Mesta e da quella ritmica di Firio Verástegui. I pungenti sintetizzatori sono poi protagonisti della raffinata “These Chains”, brano dai suoni dinamici e sdolcinati accompagnati dalla travolgente e profonda timbrica vocale del superlativo Andrés. A parte le stupende corde vocali del singer appare evidente come le chitarre sostengano quasi tutto il peso della melodia, senza lasciare isolate le tastiere e i campionatori che sono una parte importante dell’album anche se in alcune circostanze sono troppo usate. Per fortuna le possenti sei corde elettriche e la schiacciante base ritmica di Daniel Mesta al basso e Sergio Mtz alla batteria, rimettono tutto a loro posto nell’intensa “Electric High”. Questa è una galoppante e adrenalinica song di puro melodic metal che si avvicina anche al classico heavy metal dei famosi Judas Priest. L’idea di aggiungere un coro di sottofondo con voci filtrate gli conferiscono poi una riuscitissima atmosfera ottantiana che fa prendere altri punti ad un sublime ed emozionante album. La forte impronta scandinava si nota invece nella ruggente e veloce “My Syndrome”, un pezzo di power/melodic metal impreziosito dai soliti synth e dall’ancora seducente e calda voce del sorprendente Espada. L’obiettivo chiaro dei Laguna è quello di far ricordare all’ascoltatore e soprattutto all’amante di queste sonorità i tempi passati in cui questa musica dettava legge in tutto il mondo. Basti ascoltare la penultima “Bring Me To Life” per convincersene ancora di più. L’iniziale e arpeggiante chitarra innesca un raggiante refrain armonico che si rafforza minuto dopo minuto con le due grintose e spigolose chitarre elettriche culminanti in un grande assolo chitarristico. L’ultima “Sinner Of Tomorrow” ci introduce in un’atmosfera funerea dove le melanconiche chitarre celebrano il dolore e l’uguaglianza della morte, acclamata a sua volta dalla roca e ribelle ugola del cantante che ricorda come questa sia l’unica e vera giustizia terrena.

La sintonia tra le furiose e selvagge chitarre e i sintetizzatori infiammano il massiccio e rapido groove della traccia grazie anche al preziosissimo supporto di una straripante sezione ritmica. In conclusione, i messicani Laguna esordiscono col botto offrendo un solido e considerevole hard rock melodico ricco di venature AOR che si snoda praticamente in tutta l’opera meritando di essere ascoltato a tutto volume. L’unica pecca, volendo trovare il pelo nell’uovo è la prevedibilità e la poca originalità degli arrangiamenti sonori ma nel complesso ci siamo. Un pizzico di originalità in più abbandonando le troppe e giustificate influenze sonore potrebbero dare ai Laguna un radioso e illuminante futuro. Buona la prima per una band compatta e dal grande talento!

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