Milagre Metaleiro Open Air XVI – 2025


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Nel cuore dell’entroterra portoghese, tra le colline di Pindelo dos Milagres (frazione del comune di S. Pedro do Sul), si è celebrata la sedicesima edizione del Milagre Metaleiro Open Air, un festival che è molto più di una semplice rassegna musicale: è un rituale collettivo, una festa di comunità, una dichiarazione d’amore per la musica e per il metal.

Dal 21 al 24 agosto 2025, questo piccolo paesino si è trasformato in un epicentro sonoro, accogliendo migliaia di appassionati da tutto il Portogallo, dalla Spagna e da altri angoli d’Europa. Una sorta di WOA ibérico!

Eppure, ciò che rende unico il Milagre Metaleiro non è solo la sua crescita esponenziale – da una serata locale, ad una giornata, a due e poi tre giornate fino ad arrivare a un evento di quattro giorni, con trentasette band e due palchi – ma il suo spirito genuino e profondamente umano.

Organizzato da un’associazione culturale (Associazione Culturale Milagre Metaleiro) senza scopo di lucro, il festival vive grazie alla passione e all’impegno di volontari e abitanti del luogo, che negli anni hanno contribuito in ogni modo: dalla spillatura della birra alla preparazione dei pasti, dalla logistica all’accoglienza. Quest’anno, nonostante le restrizioni imposte dalla protezione civile sull’uso delle aree boschive, l’organizzazione ha saputo reinventarsi, offrendo una zona campeggio attrezzata e ombreggiata, dimostrando ancora una volta una dedizione fuori dal comune.

Il Milagre Metaleiro è cresciuto, sì, ma senza perdere la sua anima: continua a dare spazio alle band emergenti europee (principalmente iberiche) e ai veterani del metal portoghese, mantenendo un equilibrio tra grandi nomi internazionali e radici locali. E per chi, come me, ha avuto il privilegio di viverlo da dentro, con accesso stampa e il supporto di professionisti (qui troverete molte foto fatte dai tanti fotografi professionisti presenti al festival) come Carlos Guimarães di Caminhos Metálicos, è stata una maratona musicale intensa, emozionante e indimenticabile. Come sempre, oltre alla musica c’è il lato umano: quello fatto di incontri, di abbracci ritrovati, di chiacchiere davanti a una birra o a un pranzo in trattoria. Dal 2018 il MMOA è per me anche questo: rivedere amici che vedo solo qui, conoscerne di nuovi, raccontarsi la vita, parlare di dischi appena usciti, delle band che ci emozionano e di quelle che stiamo per vedere sul palco.

Questo report non sarà una lista di scalette – per quello ci sono i siti specializzati – ma includerà alcune riflessioni tecniche e personali su come ho vissuto questa esperienza. Perché il Milagre Metaleiro non si ascolta soltanto: si vive.

 

Primo Giorno

Il sipario si è alzato sul Milagre Metaleiro Open Air con una giornata che ha visto alternarsi sul palco band emergenti e nomi consolidati, in un crescendo di intensità e partecipazione. Il pubblico, seppur non ancora al completo per via del giorno infrasettimanale, ha risposto con entusiasmo, dando il via a un’edizione che promette scintille.

Ad aprire le danze ci hanno pensato i Firemage, giovane formazione folk metal portoghese nata nel 2019 a Porto. Il loro set è stato piacevole, con un’alternanza tra cori (non sempre perfetti), voce pulita e growl. Nulla di rivoluzionario, ma una buona apertura per la giornata degli Ensiferum. Il pubblico ha risposto bene, complice anche l’atmosfera melodica con passaggi più oscuri ed epici che sfociavano in momenti folkeggianti, perfetti per far muovere i piedi. Flauto, tamburello, tastiere, bastone della pioggia e persino la gaita hanno arricchito il sound, rendendo il loro primo open air festival un’esperienza riuscita.

A seguire, i Folkheim, band cilena attiva dal 2003 e nota per il suo folk/black metal intriso di storia andina e cultura Rapa Nui. Inizialmente scambiati per spagnoli da qualche spettatore distratto, hanno mostrato un buon tiro e un sound moderno, con un cantante dalla voce potente nonostante la statura contenuta. Le atmosfere mi hanno ricordato in alcuni passaggi gli olandesi Heidevolk, ma con un tocco sudamericano che ha dato colore alla performance. Inserti di voce pulita hanno arricchito il set, anche se alla lunga la proposta ha mostrato qualche ripetitività. Il pubblico ha comunque apprezzato, tra pogo e crowd surfing.

Con l’arrivo degli Attic, il livello si è alzato sensibilmente. I tedeschi, attivi dal 2010 e devoti al culto dell’heavy metal occulto, hanno portato sul palco un concerto potente e teatrale, degno dei migliori epigoni di King Diamond. Peccato per il pubblico non numerosissimo, ma chi c’era ha assistito ad uno spettacolo coinvolgente, con una band che avrebbe meritato più attenzione.

I Disaffected, veterani portoghesi attivi dal 1991, hanno rappresentato una delle sorprese della giornata. Il loro death/thrash metal con influenze prog ha mostrato una tecnica sopraffina, forse non per tutti i palati, ma indubbiamente di alto livello. La presentazione visiva era disomogenea, ma la musica parlava da sé. La band, che ha pubblicato album come Rebirth (2012) e The Trinity Threshold (2017), ha dimostrato di avere le carte in regola per un successo internazionale, soprattutto considerando quanto fossero avanti ai tempi della loro formazione. Commovente il tributo a Ozzy Osbourne, unico del festival, anche se con qualche sbavatura vocale.

È poi salito sul palco Fabio Lione con i suoi Dawn of Victory, progetto che vede il celebre ex frontman dei Rhapsody accompagnato da altri ex membri della band. Il set ha ripercorso i grandi classici dell’era d’oro del power metal sinfonico, con teatralità e, devo riconoscerlo, una voce ancora in forma. Nonostante non sia il mio genere preferito, è stato impossibile non “emozionarsi” quando è partita “Emerald Sword”: un tuffo nel passato per molti presenti.

Il momento più atteso è arrivato con gli Ensiferum, alfieri del folk metal finlandese, tornati sul palco del MMOA dopo tre anni. Nel 2022 me li ero persi, ma stavolta me li sono goduti appieno. Il pubblico ha reagito con entusiasmo selvaggio – qualcuno mi ha persino fatto volare una birra! La band ha offerto una prestazione magistrale, confermandosi tra i migliori nel loro genere. Il tastierista, con una voce che ricorda Morby dei Domine, è un vero valore aggiunto. Da segnalare un intermezzo blues sorprendente prima dell’ultimo pezzo, che ha aggiunto un tocco di originalità. Anche a notte inoltrata, il pubblico cantava, ballava e partecipava con energia contagiosa.

A chiudere la giornata, i Revolution Within, combo estremo portoghese attivo dal 2005 e fautore di un thrash metal moderno e aggressivo. Purtroppo, come spesso accade a chi suona per ultimo, il pubblico si era già in parte ritirato. Nonostante alcuni problemi tecnici, la band ha picchiato duro e chiuso la serata con una scarica di adrenalina. Album come Chaos (2020) testimoniano la loro solidità e perseveranza nella scena metal lusitana.

Una prima giornata intensa, variegata e ben bilanciata tra folk, death, thrash e power. Se il buongiorno si vede dal mattino, il MMOA promette di regalarci ancora molte emozioni.

 

Secondo giorno

La seconda giornata del MMOA si apre sotto il segno del thrash metal con i Praetor, giovane formazione portoghese che si rifà al sound americano più classico. Attivi dal 2019, i Praetor hanno mostrato energia e convinzione, proponendo un set compatto e ben eseguito. La cover parziale di “Master Of Puppets”, abilmente intrecciata con un loro brano, ha confermato le influenze metallica-style e ha scaldato il pubblico sin dalle prime battute.

Si cambia registro con i Bronze, band internazionale con base tra Spagna e Svezia, nata nel 2023 dalle ceneri dei Kramp. Il loro heavy rock tradizionale, guidato dalla frontwoman Mina Walkure, ha offerto un set energico e piacevole, anche se la voce non mi ha convinto del tutto. Il chitarrista Cederick Forsberg, noto anche per la sua militanza nei Blazon Stone, ha brillato per tecnica e presenza. Le sonorità classiche, seppur già sentite, hanno trovato una buona accoglienza: a volte il metal ha bisogno proprio di questo, tornare ai suoni degli anni ’80!

Con i Godark, si torna a sonorità più estreme. Attivi dal 2010 e già visti in precedenti edizioni del festival, i portoghesi hanno portato sul palco un death metal melodico potente e ben strutturato. La formazione a sei elementi, con tre chitarre, ha garantito un muro sonoro imponente. La voce del frontman, per il sottoscritto tra le più interessanti del panorama estremo lusitano insieme a quella dei Moonshade, ha evocato atmosfere alla Dark Tranquillity, con un tocco personale. Ottima la presenza scenica e la risposta del pubblico.

È poi il turno degli Aphonnic, band galiziana attiva dal 2000 e nota per il suo metal alternativo con influenze nu metal e metalcore. I loro testi, in spagnolo, affrontano tematiche sociali e di protesta, e la loro professionalità sul palco è evidente. Pur lontani dai miei gusti, mi hanno colpito positivamente, soprattutto nei brani più melodici e “piacioni”, che ho trovato più efficaci rispetto a quelli più aggressivi. Un gruppo da approfondire!

Il palco si prepara per l’assalto piratesco dei Blazon Stone, band svedese fondata nel 2011 e devota al culto del pirate metal, ispirata direttamente ai Running Wild. Il loro set è stato un’esplosione di energia: chitarre intrecciate, cori epici, doppia cassa martellante e assoli al fulmicotone. Il pubblico è aumentato sensibilmente, segno che il richiamo dei pirati funziona. La voce non mi ha convinto del tutto, ma il divertimento è stato assicurato. Un perfetto antipasto in attesa degli Alestorm.

A seguire, i veterani Tarantula, pionieri del metal portoghese attivi dal 1981 e guidati dai fratelli Barros. Il loro power/heavy metal ha mostrato esperienza e solidità, anche se la voce ha dato qualche segnale di cedimento. Il suono del basso era molto presente, forse troppo, e in generale il mix non ha reso giustizia alla band. Tuttavia, la loro professionalità ha permesso di superare i piccoli problemi tecnici. Una band storica che merita rispetto.

La notte si infiamma con le Nervosa, combo brasiliano dedito a un thrash/death metal senza compromessi. Attive dal 2010, le Nervosa hanno attraversato diverse formazioni, ma la loro attitudine è rimasta intatta. Il pubblico, ormai numeroso, ha risposto con mosh pit e crowd surfing (anche con bambini!). Non sono tra i miei gruppi preferiti, ma la loro prova è stata solida: grezze, violente, incazzate. E convincenti.

Arrivano poi i Vision Divine, band italiana di progressive/power metal che non ha bisogno di presentazioni. Alla voce, Michele Luppi in splendida forma, e alle tastiere Oleg Smirnoff, che personalmente non vedevo live dai tempi degli Eldritch di fine anni ’90. Il set è stato penalizzato dalla posizione in scaletta (una fetta di pubblico si è piazzata davanti al palco principale in attesa degli headliner), ma la band ha comunque offerto un concerto ben oliato e apprezzato. Peccato per alcuni problemi tecnici che hanno costretto a tagliare la scaletta.

E finalmente, il delirio: gli Alestorm irrompono sul palco con Tequila come intro e il pubblico esplode. La band scozzese, regina del pirate metal, ha trasformato il festival in un party tra birra, rum, zombie e idromele. Christopher Bowes e soci suonano bene, sono divertenti e coinvolgenti. Chi li critica per l’approccio parodico forse si perde il punto: è festa, e loro la sanno fare.

A chiudere la giornata, i portoghesi ANZV, formazione death/black metal attiva dal 2019 e ispirata alla mitologia mesopotamica. Il loro set, iniziato alla 1:30, è stato un rituale visivo e sonoro: incensi, luci, atmosfere dense e oscure. Nonostante l’orario, hanno raccolto un buon pubblico e lasciato il segno. Una proposta intensa e appropriata per chiudere la seconda giornata del MMOA, una giornata ricca di sfumature, tra thrash, heavy, death, power e pirate metal. Il festival continua a sorprendere e coinvolgere, e il pubblico risponde con entusiasmo crescente.

 

Terzo Giorno

La giornata si apre sotto il sole con gli spagnoli Daeria, band di Barcellona che propone un melodic heavy/power metal in lingua spagnola. Energia pura e personalità da vendere, sembrano pronti per una giornata al mare, a giudicare dai look rilassati. Ottimo inizio: melodie avvolgenti, cori accattivanti e un cantante in forma smagliante. Nonostante qualche problema tecnico, i Daeria si dimostrano compatti e convincenti. Gli Edguy iberici? Ci sta.

Si resta in Spagna con i Jolly Joker, che portano sul palco un hard rock/glam metal dal sapore americano. Nonostante il pubblico inizialmente scarso, riescono a coinvolgere e raddoppiare gli spettatori durante la performance. Una delle sorprese della giornata: intrattenimento garantito e presenza scenica da veri rocker. Da conoscere meglio.

L’atmosfera cambia radicalmente con i portoghesi Moonshade, band di Porto che propone un melodic death metal influenzato dalla scuola nordica. Dopo un primo brano con suoni da sistemare, la band esplode in una scarica di violenza e intensità emotiva. Il cantante Ricardo Pereira conferma di essere una delle voci estreme più interessanti dell’attuale panorama portoghese. Il pubblico risponde con entusiasmo, diventando un tutt’uno con la band. Commovente la dedica all’ex chitarrista dei Mastodon, Brent Hinds, recentemente scomparso, con una cover già prevista per il loro prossimo EP.

Si prosegue con i veterani Xeque-Mate, attivi dal 1979 e fautori di un heavy metal classico in portoghese. Cantante (con la tua tipica timbrica roca) e batterista originali, affiancati da giovani leve. Il nuovo album Entrudo (2025) dimostra che hanno ancora molto da dire. Suoni godibili e atmosfera retrò che scalda i cuori.

I successivi Godiva, anch’essi portoghesi, propongono un gothic/melodic death metal con sfumature black. Impatto visivo forte: batterista donna potente, basi, due chitarre e niente basso. Suoni un po’ ovattati, ma performance di qualità. Nonostante il genere non mi prenda, devo dire molto bravi. Peccato per l’orario, una performance notturna avrebbe reso di più.

L’asticella si alza con i finlandesi Mors Principium Est, maestri del melodic death metal. Primo concerto in terra portoghese per loro, e che debutto! Concerto potente, brutale, con sputi del cantante Ville Viljanen ovunque… La band ha appena pubblicato il singolo “Of Death” e il nuovo album Darkness Invisible uscirà il 26 settembre 2025. Il pubblico li accoglie con entusiasmo e la resa live è all’altezza delle aspettative.

Segue il leggendario Udo Dirkschneider con i suoi Dirkschneider, celebrando i 40 anni di Balls To The Wall degli Accept. Un’ora (soltanto, sigh!) di concerto intensa, con l’intero album eseguito e qualche sorpresa finale. Voce in gran forma, band spettacolare. Emozionante rivedere Peter Baltes e Udo sullo stesso palco. Il pubblico partecipa, anche se non tutti cantano se non i pezzi più conosciuti. “Princess Of The Dawn” e “Fast As A Shark” scatenano il pogo.

La notte si fa più fredda e più nera con gli svedesi Necrophobic, fautori di un death/black metal oscuro e blasfemo. Testi incentrati su satanismo e anti-cristianesimo, muro di suono e presenza scenica imponente. Non li conoscevo, se non di nome, ma mi hanno conquistato. Band attiva dal 1989, con una discografia solida e una reputazione ben meritata.

Prima dei Týr, viene reso omaggio dalla organizzazione al tastierista Dani Caesar (della band Gwÿdan), scomparso prematuramente quest’anno. Un momento toccante e sentito.

I Týr, provenienti dalle Isole Faroe, portano il loro folk/progressive metal intriso di mitologia norrena. Cantano anche in faroese, il dialetto locale. Nonostante problemi tecnici e qualche momento di stanchezza (?), il concerto è coinvolgente. Cori epici e armonizzazioni potenti.

Chiude la serata la leggenda greca Rotting Christ, che continua a celebrare i suoi oltre 35 anni di attività. Il “loro” black metal è potente, oscuro e rituale. Concerto breve ma intenso, con suoni impeccabili e pubblico scatenato. Ho recensito il loro ultimo disco l’anno scorso, ma é dal 1998 che aspettavo di rivederli live: una delle migliori performance del festival. Energia, esperienza e violenza: i Rotting Christ non deludono mai.

 

Quarto giorno

Ad aprire le danze ci pensano i portoghesi Ruttenskalle, attivi dal 2020 e fautori di un death metal old school senza compromessi. Band di Almada, senza bassista, ma con una potenza sonora che non lascia indifferenti. Purtroppo il caldo pomeridiano e la stanchezza accumulata giocano contro: poco pubblico, ma chi c’è apprezza. La proposta è valida, violenta e diretta. La band si diverte, tanto da includere una proposta di matrimonio del batterista alla sua fidanzata sul palco.

Segue l’hard rock dei portoghesi Affaire, ma l’energia cala. Dopo i Jolly Joker ci si aspettava un altro party rock, invece la presenza scenica è sottotono, le canzoni non decollano e la voce fatica. I cori non convincono e il suono è poco corposo. La cover di “Cum On Feel The Noize” riesce a smuovere un po’ il pubblico, ma non basta. Onestamente, non raggiungono la sufficienza.

Si torna a salire con i Living Tales, band progressive metal di Porto attiva dal 2007. Buoni musicisti, con una proposta raffinata e non per tutti i palati. La cantante Ana Isola offre una prova vocale eccellente, e il pubblico risponde con entusiasmo. Band da approfondire, anche per il recente album Hades uscito ad aprile 2025.

Dalla Danimarca arrivano i potenti Manticora, attivi dal 1996 e fautori di un progressive power metal oscuro e narrativo. Ho avuto il piacere di lavorare con loro nel 2008, e il tempo sembra non averli scalfiti. Lars Larsen è in forma, e il nuovo batterista è una macchina da guerra. Il recente album Mycelium (2024) conferma la loro vena creativa. Meritavano più pubblico.

Si continua con gli svedesi Art Nation, attivi dal 2014 e ora orientati verso un power metal melodico con radici hard rock. Concerto coinvolgente, con cori super catchy e brani dal loro ultimo album The Ascendance  (2023). Peccato per l’orario da cena/birra, ma chi c’era si è goduto lo show.

È il momento dei teutonici Brainstorm, attivi dal 1989 e maestri dell’heavy/power metal. Concerto attesissimo, aperto con Barry White (!), e subito si capisce che dopo 35 anni sanno come si sta sul palco. Peccato per l’assenza di “Glory Disappears”, ma il resto è stato una bomba. Fra i migliori del festival.

Arrivano gli svedesi Thyrfing, fautori di un viking/black metal epico e di grande impatto. Attivi dal 1995, festeggiano quest’anno i 30 anni di carriera con una serie di concerti celebrativi. Prima volta in Portogallo, e il pubblico li accoglie con entusiasmo. Concerto potente, ben suonato, con grande risposta. Bravi davvero.

Dalla Svezia si torna in Danimarca con i Mercenary, tornati nel 2023 dopo una lunga pausa di dieci anni dall’ultimo disco, e oggi più affilati che mai. La formazione è cambiata: niente tastiere, ma basi ben costruite e seconde voci che arricchiscono il suono. Il cantante/bassista René Pedersen alterna con maestria voce pulita e growl, creando un impatto vocale notevole. Il pubblico è relativamente ridotto, perché molti si stanno ammassando per gli Hypocrisy sull’altro palco. Ma chi resta sotto il palco dei Mercenary si sta spaccando a bestia. E quando parte “Isolation”… non posso nascondere di aver versato un paio di lacrime. Che pezzo. Emozione pura. Dal Wacken 2005 che non li vedevo dal vivo, e ritrovarli così è stato come riabbracciare una parte di me che pensavo perduta. Una band che merita ogni elogio.

E poi arrivano loro, gli svedesi Hypocrisy, guidati dal leggendario Peter Tägtgren. Perfetti. Non serve aggiungere altro. Quando parte “Fire In The Sky” è apoteosi. Mi lancio nel mosh pit e ne esco (quasi) indenne. E sul finale, sorpresa: il chitarrista Andrey Smirnov dei Dirkschneider si unisce per accompagnare con chitarra e voce. Gran chiusura per un concerto memorabile.

A chiudere il festival ci pensano i polacchi Patriarkh, fautori di un black metal rituale e blasfemo. Band di Białystok, con una scenografia ipnotica e coinvolgente. Nessun bassista, ma impatto visivo e sonoro notevole. Il pubblico partecipa con rispetto e intensità. Ottima chiusura per il XVI MMOA.

Le luci si spengono. Le orecchie fischiano. Le gambe sono stanchissime.

Riassumendo:

Migliori live – Rotting Christ, Ensiferum, Mercenary e Necrophobic

Band preferite dal pubblico – Alestorm, Thyrfing, Hypocrisy e Rotting Christ

Sorprese – Mercenary, Jolly Joker e Aphonnic

Conferme – Dirkschneider, Godark, Moonshade, Hypocrisy e Brainstorm

 

Il Milagre Metaleiro Open Air 2025 è finito. Ma già si guarda al futuro: Primal Fear e Paradise Lost sono confermati per il 2026. E noi, se sarà possibile, ci saremo.

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