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Chiavi dorate, fanciulle discinte (non mancano mai, eh?), pirati, maghi incappucciati, dinosauri… e la fantascienza? Dai che è ancora libera! Non troppo cerebrale, però, giusto una patina: un fante spaziale, dei costumi, raggi laser… ok, andata!
…e i Lions Breed diventano Scanner.
Un’idea non troppo balzana quella di Michael “M.A.J.O.R.” Knoblich, (discussa fra Bratwurst e boccali di Veltins?) appoggiata da Axel “A.J.” Julius, al tempo patito di astronomia. Uno sguardo “dall’alto” verso Helloween, Stormwitch, Running Wild, Grave Digger e Rage, intenti a definire e rifinire il concetto di power teutonico, enumerandone tutte le possibili varianti: tra speed metal e hard rock, galoppate e sinfonie, tentazioni rinascimentali e melodramma fantasy, ben poco resta da esplorare mentre il decennio consacrato al rock duro volge al termine.
Una volta steso il canovaccio grafico-lirico, la radicalizzazione a livello ritmico del patrimonio tecnico e melodico della NWOBHM, presupposto di dischi-emblema della portata di “Walls Of Jericho”, “Keeper Of The Seven Keys”, “Port Royal” e “Perfect Man” può proseguire senza stravolgimenti anche nelle raffiche power-speed di “Hypertrace” (1988) e “Terminal Earth” (1989, con S.L. Coe a sostituire Knoblich): onorando il contratto con la Noise gli Scanner offrono, ad una scena già tesa verso l’estremo, due classici di genere solo a posteriori insigniti delle meritate onorificenze.
È proprio lo scarso riconoscimento, più che altro in termini economici, ad ostacolare il cammino del gruppo, destinato a cambiar pelle ogni due album ad intervalli regolari di sei anni sino alla pubblicazione di “Scantropolis” nel 2002. Ma non corriamo troppo… abbandonato da tutti, Axel ricrea ex novo l’ensemble e compone un ambizioso album concettuale “fantapocalittico” di heavy/power ruvido e vellutato al contempo, affidando la narrazione a “Leo” Spziegel/Haridon Lee, voce di Wolf Spider, Crows e futuro Mekong Delta. Le doti canore del polacco non impediscono però a “Mental Reservation”(1995) di vagare a lungo nel limbo delle opere irresolute: troppo ricercato e melodico per compiacere gli estimatori del vecchio power/speed, troppo scarno e demodé per attrarre nuovi simpatizzanti, già sedotti da tecnicismi e orchestrazioni al quadrato.
Una fase di transizione che ci conduce dinanzi al brillante oggetto di questa disamina, seconda commissione per la Massacre di T. Hartmann. Dopo l’ennesimo ritocco ad una formazione mai stabile, Axel riesce a sublimare, nei quarantacinque minuti di “Ball Of The Damned”, l’heavy metal più puro e dinamico prodotto da dieci anni di cultura defender, sfiorando l’epos altisonante dei Blind Guardian di fine secolo. I partecipanti al ballo dei dannati vengono dunque travolti da giri impetuosi ed ampi fraseggi acustici, mentre la masnada di Gelsenkirchen intaglia, a mo’ di diamante grezzo, la materia power, ottenendo gemme sfaccettate come “Frozen Under The Sun”, “We Start It Tomorrow”, “True Stories Teller” e la stessa “Ball Of The Damned”.
Tale esibizione di tempra germanica, aperta da Ralf Scheepers nell’arrembante “Puppet On A String” e chiusa da una coraggiosa riproposizione di “Innuendo”, sarà di lì a poco oscurata dall’esplosione commerciale di “Visions”, “Somewhere Out In Space”, “Glory To The Brave” e “Legendary Tales”, spartiacque del nuovo, caleidoscopico power europeo, realizzando ahimè la profezia contenuta nel titolo e condannando gli Scanner ad altri sei anni di purgatorio.
Ben tre le opportunità di espiazione concesse ai responsabili (ci siete anche voi?) di quella immeritata, provvisoria dannazione: il succitato, cinematografico “Scantropolis”, l’ultimo, nostalgico “The Judgement” (2015) ed il celebrativo “The Galactos Tapes” (2017); che sia giunto il momento di fare la vostra parte?