VINCENT CROWLEY – Beyond Acheron

Titolo: Beyond Acheron
Autore: Vincent Crowley
Nazione: Stati Uniti D'America (Ohio)
Genere: Death Metal
Anno: 2021
Etichetta: Odium Records

Formazione:

Vincent Crowley: voce, basso
Ryan Arter (turnista): batteria
Art Taylor (turnista): chitarra, basso
Ludo “Evil” Lejeune (ospite): creazione completa di “Intro: Beyond Acheron” e di “Outro”
Aaron Werner (ospite): tastiera


Tracce:

01.  Intro: Beyond Acheron
02.  Where No Light Shines
03.  My Eternal Vow
04.  La Muerte
05.  Bring Forth The Dead
06.  Masquerade Du Macabre
07.  Farewell (At Death’s Door)
08.  Outro

https://odiumrecords.bandcamp.com/album/beyond-acheron
https://www.churchofsatan.com/


Voto del redattore HMW: 7/10
Voto dei lettori: 9.0/10
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È ancora in piedi. Ex reverendo attivista della Chiesa Di Satana, ex Nocturnus e, soprattutto, ex Acheron, gruppo di cui afferrò le redini a poco tempo dalla sua fondazione; redini poi mollate solo nel 2018 o 2019, in corrispondenza della fine del complesso e, con esso, gli instancabili cambi di organico che ne caratterizzarono il percorso storico.

In veste finalmente solitaria – con un atto coraggioso che ha voluto, forse, sia accompagnare il cambio di tematiche dei testi sia puntualizzare che negli Acheron fu quasi sempre, tutto sommato, tentata la strada della democrazia – e senza allontanarsi dallo stile per cui conosciamo lui e i suoi, Crowley apre un nuovo capitolo della propria storia, con un regolare gruppo di strumentisti alle spalle (tra cui Art Taylor e il vecchio Aaron Werner) e con un disco il cui titolo dice molto. Oltre l’Αχέρων, oltre gli Acheron.

Oltre, sì… ma non troppo. Lo stile dell’album è un prosieguo o un calco di quanto generato dalla famiglia di provenienza; cosa che non è né un male né un bene: è semplicemente la cifra di un artista che continua nel proprio cammino. I pezzi si snodano lungo le usuali coordinate a base di tempi lenti e con la doppia in moto perenne, frequenti parti soliste di chitarra, graffi di organo sintetico, quel bel basso nitido, pulito e a dita. E la voce del Reverendo: ferrea, sdoppiata, scarica di eccessive maschere, scandita.

Affascinante la cupezza di “My Eternal Vow” e molto bella l’accelerazione à la Benediction presente su “La Muerte”. Si cambia passo con “Bring Forth The Dead” ed è facile pensare ad Heartwork in più di un passaggio. Personalmente, pur essendo sempre stata colpita dalla personalità della formazione ex floridiana, trovo che uno dei loro tratti più prepotentemente distintivi, ovvero il profluvio solista (un’arte forse portata a definitivo sviluppo dal povero Michael Estes) che segna anche le sei effettive canzoni di questo lavoro, rappresenti a volte un piccolo freno alla spinta dinamica dei brani. In uno scenario la cui seconda parte ha almeno un episodio un pochino debole.

Tra pregi e difetti e tenendo a mente che l’unica reale novità artistica, come si diceva, sono i testi – non più di propaganda dottrinale bensì di derivazione letteraria – gli adepti di Crowley possono votarsi all’ascolto senza indugi.

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