Visualizzazioni post:965
L’assenza. Quanti artisti ne hanno fatta parte integrante di opere o sin anche carriere? I progenitori si sono limitati a renderla parte ufficiale dello spartito (da Allais a Cage), altri ne hanno sfruttata la forza tensiva (M. Davis esortò a suonare « quello che non c’è »), altri ci hanno imbastiti lavori completi (con Wish You Were Here a rappresentanza forse suprema del concetto).
Alessandro Ragazzo prende parecchio sul serio l’operazione di registrazione ambientale. Egli si reca dentro l’ambiente (sempre buffo e crudele saper separati noi da esso) e ne coglie i rumori, le misure, le dilatazioni e il respiro per poi sfigurarli e riplasmarli secondo un’assurda visione figlia di Χάος e Γαῖα: questo è Corpore Absens. Scorrendo la robusta corda che assicura l’una all’altra la musique concrète e la musica ambientale e rafforzando l’interdipendenza tra solido ed aeriforme. L’autore riesce ad arrivare al nòcciolo della vacuità con forza non comune e la trasforma in un capro espiatorio purificatore.
« Non c’è in natura intento manipolativo, il suo suono dà sollievo alla parte fisica e mentale dell’essere umano. L’uomo è tutt’uno con la natura: siamo stati noi a distorcere il rapporto ponendo un distacco che non esiste. Gli interventi dell’uomo su certi equilibri hanno causato segni indelebili al nostro fisico. Gli stati depressivi e angosciosi sono esplosi con l’industrializzazione, quindi con l’espansione umana che ha coperto il suono della natura relegandolo solo a certi angoli sperduti. Siamo disabituati a quel suono, ci siamo meritati questo disturbo. »
Ragazzo – ed è una liberazione poterlo constatare dopo decenni di attesa – ha conquistato in profondità il primigenio non intento di arte alla quale troppo spesso ci si avvicina per i motivi sbagliati: « […] penso e spero di non divertire nessuno ».