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Una copertina enigmatica, a metà fra un paesaggio lunare e la Death Valley americana, ci accoglie quando facciamo partire l’omonimo primo album degli Iconist. Il primo impatto è diretto e forte come un pugno dritto sulla mascella: i suoni, la produzione e la qualità dei musicisti mi ha fatto fare un passo indietro a fine ’90, quando dagli U.S.A. arrivò l’ondata del nu-metal.
Il cantante Enrico Scutti esce direttamente da quello stile, e colpisce nota dopo nota per la sua duttilità e per la sua aggressività carica di emozioni. I ritornelli presenti nel disco sono fatti per rimanere impressi e coinvolgere l’ascoltatore, mentre il compito della sezione ritmica è quello di prendere a calci in culo quando serve.
Quattordici pezzi sono tanti, forse al giorno d’oggi premia di più fare due o tre EP con lo stesso materiale, ma apprezzo la scelta degli Iconist di mitragliarci con tutto quello che è a loro disposizione, per non fare prigionieri. Menzione d’onore quella di tenere il singolo “We Are” come ultimo pezzo del lotto, quasi a ricordarci che il quintetto è pronto a tenere il ritmo sostenuto fino alla fine.
Missaggio e masterizzazione fuori parametro sono la ciliegina che rende l’esordio degli Iconist un acquisto obbligato per gli amanti della musica alternativa e del nu-metal anni ’90. Se cercate un album con cui caricarvi o tirar fuori la rabbia, allora siete nel posto giusto: vi basta solo premere “play” qui sotto e cominciare il massacro…